Scritto da Emanuela Di Rauso • dic 2024
L’accertamento con adesione è un istituto deflattivo del contenzioso che consente di rideterminare la pretesa tributaria in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria. L’accertamento con adesione, disciplinato dagli artt. 5, 6, 12 del D.Lgs n. 218/1997 – e successive modifiche intervenute – offre al contribuente la possibilità di definire le imposte dovute in fase precontenziosa in contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria. È un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.
Sulla natura giuridica dell’istituto si è assistito ad un acceso dibattito dottrinario, sostanzialmente ancora in corso, discutendosi fra la natura negoziale, transattiva, di contratto di diritto pubblico, o piuttosto di accordo propedeutico alla determinazione della pretesa che non assume i tratti privatistici ed è pur sempre condizionato dal pagamento del dovuto con le forme prevista dal D.Lgs. ult. cit. Il seguente lavoro di ricerca, visti gli argomenti di indubbio interesse, cerca di rispondere ad alcuni quesiti sul tema:
Quesito 1: È possibile proporre da parte del contribuente che ha accettato con adesione, una richiesta di rimborso di quanto ritiene sia stato indebitamente pagato a causa di un errore che avrebbe viziato la sua adesione?
Quesito 2: Il contribuente che, in seguito ad un accertamento con adesione abbia omesso il versamento alla scadenza di una sola delle rate successive alla prima decade dal beneficio della rateizzazione, rendendo legittima l’iscrizione a ruolo dell’intero importo dovuto a titolo di imposte, interessi, e sanzioni, dedotti i versamenti già eseguiti?
Quesito 3: La sospensione per 90 giorni dal termine ordinario di impugnazione dell’atto impositivo conseguente alla presentazione del contribuente è interrotta dal verbale di contestazione del mancato accordo tra questi e l’amministrazione finanziaria?
Quesito 4: Sussiste il litisconsorzio necessario tra società di persone e soci quanto è in discussione l’accertamento notificato dopo che la società ha consolidato l’accertamento con adesione?
Il seguente lavoro di ricerca, quindi nei primi paragrafi cerca di rispondere ai dubbi e alle perplessità del seguente istituto, affrontandolo anche sin dalle sue prime evoluzioni storiche. Nel paragrafo 3 invece, risponde nello specifico ai quesiti posti nel seguente abstract.
Assessment with adhesion is a deflative institution of litigation that allows the tax claim to be redetermined in cross-examination with the tax authorities. The “accertamento con adesione”, governed by Articles 5, 6, 12 of Legislative Decree No. 218/1997 – as amended from time to time – offers the taxpayer the possibility of defining the taxes due in the pre- litigation phase in adversarial proceedings with the tax authorities and thus avoiding the onset of tax litigation. It is an “agreement” between the taxpayer and the office that can be reached either before the issuance of a notice of assessment or afterwards, provided that the taxpayer does not file an appeal before the tax court. On the legal nature of the institution, there has been a heated doctrinaire debate, substantially still ongoing, arguing between the negotiated, transactional nature of a public law contract, or rather an agreement preparatory to the determination of the claim that does not take on the private features and is still conditioned by the payment of the due with the forms provided for by the D.Lgs. ult. cit. The following research paper, given the topics of undoubted interest, attempts to answer some questions on the subject:. Question 1: Is it possible to propose by the taxpayer who has accepted with adhesion, a claim for refund of what he believes was overpaid due to an error that would have vitiated his adhesion?. Question 2: Does a taxpayer who, as a result of an assessment with adhesion, has failed to pay on the due date only one of the installments following the first forfeit the benefit of the installment plan, making it legitimate to register the entire amount due in taxes, interest, and penalties, minus the payments already made?. Question 3: Is the suspension for 90 days from the ordinary time limit for challenging the taxable act resulting from the taxpayer’s submission interrupted by the report of dispute of the non-agreement between the taxpayer and the tax authorities?. Question 4: Does necessary lithisconsortium exist between partnerships and partners when the assessment served after the partnership has consolidated the assessment with adhesion is at issue?. The following research paper, then in the first paragraphs seeks to answer the doubts and perplexities of the following institution, also addressing it from its earliest historical developments. In paragraph 3, on the other hand, it specifically answers the questions posed in the following abstract.
1.
La metodologia utilizzata per il seguente lavoro è la revisione sistemica della letteratura, prendendo in considerazione le fonti dall’anno 2023 ad oggi. Le banche date utilizzate sono: Juris, Researchgate, Scopus, Google Scholar. Inoltre, sono state prese in considerazione molti testi presenti presso la biblioteca dell’Università degli Studi della Campania ‘‘Luigi Vanvitelli’’. Le parole chiave di ricerca sono state: dubbi accertamento con adesione – riforma accertamento con adesione – accertamento con adesione – accordo con amministrazione finanziaria.
La revisione sistemica della letteratura è stata svolta in questo modo:
1) Raccolta degli articoli attraverso le banche dati;
2) Attenta analisi degli articoli;
3) Messa in evidenza di tutte le componenti che forniscono una panoramica completa e precisa dell’argomento. Il seguente lavoro cerca di rispondere in maniera esaustiva ai quesiti posti nella sintesi iniziale.
2.
Il presente elaborato si ripropone di analizzare l’istituto dell’accertamento con adesione, non tanto dal punto di vista meramente funzionale e procedurale, ma in un’ottica maggiormente teorica, con l’intento di effettuare un’analisi dell’inquadramento giuridico della disciplina. Conclusa questa prima tematica, si prosegue lo studio considerando tutte quelle fattispecie che, dopo oltre vent’anni, presentano ancora criticità sulle modalità d’attuazione dell’istituto e sugli eventuali effetti giuridici prodotti. L’istituto in questione è classificato tra gli strumenti deflativi del contenzioso, in quanto, mediante l’instaurazione di un trasparente contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente, si esplica il tentativo di evitare l’instaurazione di un contenzioso giudiziale, risolvendo così la questione in fase amministrativa. La definizione della controversia mediante l’accertamento con adesione valuta interessi e vantaggi per entrambe le parti. L’interesse maggiore, dal punto di vista teorico, che, sempre ipoteticamente, coincide con quello delle parti, è relativo al giusto riparto, in quanto l’adesione consiste nell’individuare il corretto “presupposto” impositivo a mezzo del contraddittorio. Gli effetti secondari permettono all’Erario, mediante tale procedura, di definire in modo certo e repentino il debito tributario1 per l’anno d’imposta accertato e al contribuente, a fronte di una rinuncia all’impugnazione dell’atto d’adesione, di evitare le spese procedurali ed ottenere una riduzione delle sanzioni secondo le modalità previste dalla legge.
Preme evidenziare che l’istituto in questione, come tutti gli strumenti deflativi del contenzioso, spesso viene erroneamente inquadrato come una vera e propria transazione tra privati sulla base di reciproche concessioni, quale la rinuncia alla garanzia del giudice per il contribuente e ad una quota del tributo per l’Erario. Di fatto, però, lo scopo principale è la corretta determinazione della pretesa erariale. L’accertamento con adesione così come attualmente disciplinato è in vigore dal 1997, anche se nel corso degli anni ha subito qualche modificazione in riferimento all’entità della decurtazione operata sulle sanzioni e all’integrazione delle modalità di adesione. Infatti, in merito a quest’ultimo aspetto, il Legislatore ne aveva ampliato l’ambito di applicazione prevedendo due ulteriori modalità, l’adesione all’invito al contraddittorio e l’adesione al Processo Verbale di Constatazione, così da anticipare il momento in cui era possibile prestare adesione, senza però instaurare un contraddittorio tra le parti. Va tuttavia, puntualizzato che dal 2015 queste nuove disposizioni sono state abrogate, come conseguenza anche dell’evoluzione della disciplina tributaria che ha introdotto il nuovo ravvedimento operoso.
L’istituto in questione ha sicuramente un importante rilievo nell’attuale sistema tributario caratterizzato da una saturazione delle Commissioni Tributarie, circostanza evidente se si considera che nei primi anni Novanta giungevano a queste circa novantamila ricorsi ogni anno, ma solamente il 50-70% veniva deciso dal giudice. Il ripristino dell’accertamento con adesione ha permesso di contrarre notevolmente il carico lavorativo dei giudici di merito, soprattutto per quanto attiene il primo grado, diminuendo a “soli” trecentoquarantamila i ricorsi pervenuti a quest’ultimi. Le Commissioni Tributarie Regionali, diversamente, ne hanno beneficiato solo marginalmente, in quanto non è stato ridotto significativamente il numero dei ricorsi in appello, stabilizzati attorno ai duecentomila l’anno. L’accertamento con adesione si inserisce in modo armonico con il contesto attuale di favorire maggiormente una dialettica nel procedimento amministrativo, tendenza sempre più evidente e necessaria. La partecipazione del contribuente sta assumendo una crescente rilevanza anche in altre discipline tributarie che, seppure riconducibili ad un contraddittorio tra Amministrazione e soggetto passivo d’imposta, rimangono istituti ben distinti e differenti dall’accertamento con adesione e rispondono a interessi2 diversi da quello deflativo. Dimostrazione di questa recente propensione, alla crescente partecipazione del contribuente nella fase amministrativa, appariva già con la L. del 7 agosto 1990, n. 241. Un intervento più marcato è stato attuato dalla L. del 27 luglio 2000, n. 212, meglio nota come lo “Statuto dei diritti del contribuente”, la quale stabilì che in caso d’incertezze, prima di procedere all’iscrizione a ruolo contribuente, questo dev’essere invitato dall’Ufficio a fornire i chiarimenti necessari. Più recentemente si è previsto un vero e proprio obbligo di attuare il contraddittorio preventivo, prima di adottare un provvedimento lesivo nei confronti dei diritti del contribuente; questa disposizione, nel caso in cui abbia come oggetto tributi armonizzati, è di derivazione comunitaria. Il sistema tributario si sta evolvendo, abbandonando sempre più, almeno teoricamente, il modello autoritativo e ricercando un’impostazione maggiormente collaborativa con il contribuente. La cooperazione è un requisito importante e necessario per determinare il corretto presupposto impositivo senza ledere l’effettiva capacità contributiva. Il Legislatore nel perseguire questo intento ha introdotto istituti come il contraddittorio anticipato, l’accertamento con adesione e il reclamo/mediazione, sono tutti volti a coinvolgere le parti in uno scambio d’informazioni nella speranza di avvallare il contenzioso tributario. Tuttavia, mentre il primo istituto, come già detto è un principio 3generale dell’UE che pone le sue fondamenta nell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, c.d. carta di Nizza, è volto a salvaguardare il contribuente da provvedimenti lesivi e sbrigativi, i secondi due istituti sono molto simili tra loro, sia nel funzionamento sia nello scopo, e generano quasi una duplicazione. Questi ultimi due divergono sostanzialmente nel momento in cui possono essere attuati e nell’ambito applicativo: il primo antecedentemente la proposizione del ricorso in quanto quest’ultimo costituisce una causa ostativa; il secondo può essere fruito dal contribuente dopo aver proposto ricorso/reclamo ed ha una base d’applicazione più ampia, in quanto concerne tutte le possibili controversie radicabili davanti al giudice tributario. In tal caso, solamente dove la controversia abbia un valore pari o inferiore a ventimila Euro, si determina obbligatoriamente una fase di mediazione. Il legislatore, nel disciplinare il reclamo, voleva far sì che le parti tentassero obbligatoriamente un’eventuale accordo in sede amministrativa per le cause di modesto valore, con l’intento di ridurre, anche in questa fattispecie, il carico lavorativo delle Commissioni Tributarie. La duplicazione quindi si manifesta solamente nel caso in cui il contribuente abbia già effettuato un tentativo di accordo non andato a buon fine in sede di adesione ed abbia successivamente proseguito con l’impugnazione dell’atto di accertamento o di rettifica. Alla luce di tutte queste considerazioni risulta evidente l’importanza di un dialogo che permetta al contribuente di argomentare e giustificare le eventuali irregolarità o mancanze nelle indagini dell’Amministrazione, così da rendere agevole l’accertamento ed evitare una potenziale lite, ma soprattutto evitare lesioni alla sfera privata del contribuente ed individuare il giusto riparto nel rispetto degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione. Il seguente lavoro conduce quindi un’analisi sull’istituto dell’accertamento con adesione, effettuando un primo esame sulla travagliata evoluzione storica che ha avuto sicuramente influenti ricadute sull’identificazione della natura giuridica dell’accertamento con adesione. Quindi, effettuata un’esposizione su quest’ultimo aspetto, si studiano alcune caratteristiche dell’istituto che presentano tuttora delle criticità, tra cui la controversa questione sulle modalità di perfezionamento dell’accordo. Si concluderà l’esposizione sui vantaggi di cui può fruire il contribuente mediante la definizione in adesione. L’accertamento con adesione è attualmente disciplinato dal Decreto legislativo del 19 giugno 1997, n. 218, sulla linea dell’art. 3, comma 120 della L. del 23 dicembre 1996, n. 662. L’istituto «si propone di fornire all’Amministrazione finanziaria ed ai contribuenti4 uno strumento snello, ma al tempo stesso garantista, per giungere ad una rapida definizione della pretesa tributaria», evitando potenziali controversie e cercando così di ridurre il carico lavorativo delle Commissioni Tributarie, da qui la classificazione come strumento deflativo del contenzioso.
L’accertamento con adesione però non è apparso per la prima volta nel 1997, bensì è stato preceduto da istituti simili, ma meno raffinati. Un excursus storico può mettere in luce come questo abbia avuto un’«oscillante e non ancora ben assestata evoluzione normativa, giurisprudenziale e dottrinale, alternando il nomen di “concordato”, termine con cui fu battezzato, con quello di “accertamento con adesione” tutt’ora vigente». Il t.u.i.d. del 1958, n. 645, nell’art. 34, recepì l’accertamento con adesione in materia d’imposte dirette, meglio noto con il termine “concordato”, così come disciplinato dalla c.d. Legge Tremelloni del 1956. Anche se con modalità più sfumate tale istituto compariva già nel t.u. 4021/1877, nel R.D. 560/1907 e nei Regi Decreti n. 32698 e n. 32709 del 1923, che iniziarono a delinearlo in via più definita. La Legge Tremelloni sostituì il concetto di “concordato” con “accertamento con adesione”, il quale dava la possibilità di definire l’imponibile per adesione del contribuente a seguito di un accertamento da parte dall’Ufficio ed introdusse spunti argomentativi per permettere all’Amministrazione di rettificare l’accertamento, anche successivamente l’avvenuta adesione del contribuente, in caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. La disciplina risultava poco approfondita e dettagliata con la conseguenza che raramente si instaurava un vero e proprio contraddittorio tra contribuente e Agenzia delle Entrate, e quindi, anche a causa della totale assenza di un eventuale documento formale che potesse testimoniare l’avvenuto contraddittorio, «si riduceva così piuttosto ad una sorta di “patteggiamento”». Il concordato a regime in quegli anni decadde a tal punto che si giunse ad accertamenti superficiali, con disparità di trattamento, sfociando in una corruzione tale che delineò gli accertamenti come «una sorte di “base d’asta”». La degenerazione del “concordato” diede luogo a c.d. “mercanteggiamenti” non tollerabili, tant’è che, con la riforma5 del sistema tributario degli anni Settanta, si decise di eliminare l’istituto per tutte le imposte ad eccezione di quelle sui trasferimenti. All’interno di questo nuovo scenario il contribuente si trovava sprovvisto della possibilità di bloccare pretese fiscali illegittime prima della ricezione dell’atto autoritativo di accertamento. L’assenza di un contraddittorio in sede amministrativa comportò che ad ogni accertamento corrispondeva quasi sempre un ricorso alle Commissioni Tributarie, le quali ben presto si trovarono sommerse da un numero spropositato di ricorsi, da qui la necessità di sgravare il carico di lavoro dei giudici tributari mediante provvedimenti di “condono”. Appariva dunque legittimo domandarsi se il minor male fosse un mercanteggiamento dovuto al “concordato” o una rideterminazione forfettaria del tributo in forza di legge, passando da un arbitrio amministrativo ad uno di tipo legislativo, e quindi non meno discutibile in riferimento ai principi costituzionali di capacità contributiva ed eguaglianza. Alla luce di queste considerazioni si ritenne che il Sistema necessitasse di maggiori punti d’incontro tra contribuente e Amministrazione con lo scopo di prevenire le liti davanti ai giudici tributari, riducendo così il numero di ricorsi da giudicare. La L. 30 novembre 1994, n. 65619, reintrodusse l’accertamento con adesione, revisionò la conciliazione giudiziale e si attuarono nuovi condoni, così da eliminare in modo decisivo il contenzioso tributario pregresso. La «più significativa novità introdotta con il concordato a regime è la fase del contraddittorio» che permette così al contribuente di «partecipare attivamente all’attività di accertamento6 operata dall’Amministrazione finanziaria». Sulla scia della L. 656/1994 fu introdotto il D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 21822, ispirato dalla delega contenuta nella L. 662/1996. Questo prevedeva strumenti deflativi del contenzioso più affinati ed efficaci, nonché revisionava in modo organico la disciplina dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale. In tal modo «laddove l’accertamento “tradizionale” mostra con evidenza i propri limiti nel non riuscire efficacemente ad instaurare un rapporto di collaborazione con il contribuente, il concordato a regime, con l’instaurazione del contraddittorio, consente ad entrambe le parti una trasparenza impossibile con il semplice invio di questionari». I due interessi principali del Legislatore, mediante il nuovo istituto deflativo del contenzioso, si possono individuare nella relazione governativa al D.Lgs. n. 218/1997, che esprime l’interesse del contribuente a chiudere in modo inequivocabile la propria posizione fiscale per un determinato periodo d’imposta, ma permettendo allo stesso tempo, nell’interesse pubblico, di proseguire l’azione accertatrice per recuperare l’imposta di forme macroscopiche di evasione non rilevabili al momento dell’adesione, ovvero quando l’atto a base della definizione abbia per sua natura solo effetti parziali. L’accertamento con adesione a regime si differenzia dal precedente soprattutto per l’aspetto inerente l’eliminazione delle cause ostative di ammissione all’istituto, ed è paragonabile ad un «ricorso in opposizione», cioè «lo strumento del diritto amministrativo dove il riesame viene richiesto allo stesso organo che ha emesso l’atto». Questa esigenza di introdurre una sorta di “ricorso in opposizione” deriva da due fattori, una conseguenza dell’altro. Il primo è dovuto al fatto che il «sistema spinge le cause davanti al giudice, assecondando le comprensibili tendenze di qualsiasi istituzione amministrativa, a “chiudere la pratica”, trasmettendola ad un’altra istituzione; “rimettendo la questione al giudice” l’ufficio tributario è “più coperto” di quanto sia definendo la lite “in adesione”». La brevità dei tempi del contenzioso tributario, con una mancanza del contraddittorio, porta ad aggravare ed incrementare gli equivoci e le incomprensioni su questioni più complesse, «con il rischio che i primi precedenti giurisprudenziali, in cause mal impostate e mal difese, finiscano per condizionare la successiva azione amministrativa, i comportamenti aziendali e i successivi interventi giurisprudenziali». Il secondo fattore, conseguenza del primo, è la saturazione delle Commissioni Tributarie che risulta evidente se si osserva il numero annuo di ricorsi, circa 900.000, che giungevano ai giudici tributari nei primi anni novata, di questi solamente il 50%-70% venivano decisi. La nuova disciplina degli strumenti deflativi del contenzioso permise di ridurre drasticamente il numero di ricorsi, soprattutto quelli di primo grado, a “soli” circa 340.000 ricorsi a fine anni Novanta. Va inoltre detto che vi sono due filoni di dottrina nell’analisi dell’evoluzione storica: un filone ritiene che l’accertamento con adesione a regime debba le sue origini al “concordato” introdotto dalla Legge Tremelloni, come proseguo di questo e fenomeno cronologicamente continuo. L’altro filone della dottrina ritiene che le origini dell’attuale accertamento con adesione vadano individuate nella disciplina della L. n. 656/1994, in quanto i mutamenti dogmatici e normativi apportati dalla L. n. 241/1990, incentrati su un migliore rapporto collaborativo e paritario tra Amministrazione e cittadino, hanno determinato i presupposti per un “nuovo corso” dell’accertamento con adesione maggiormente consensuale rispetto all’antecedente regime. L’accertamento con adesione prevede quindi la possibilità d’istaurare un contraddittorio tra contribuente ed Amministrazione, la cui procedura può essere avviata da entrambe le parti, sospendendo per novanta giorni il termine per proporre ricorso al fine di consentire maggiori possibilità di giungere ad un accordo e quindi perfezionarlo.
3.
L’accertamento con adesione consente all’Ufficio di riconsiderare la posizione del contribuente alla luce delle osservazioni, delle argomentazioni e dei documenti prodotti dal contribuente stesso in relazione a un accertamento effettuato nei suoi confronti. Ciò al fine di tentare una composizione amichevole del procedimento e, quindi, di ridurre il contenzioso tributario. Per questi motivi, il Decreto legislativo del 16 giugno 1997, n. 218, ha ampliato il campo di applicazione dell’istituto e ha spostato i limiti fissati dalla precedente Legge n. 656/94. Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la sospensione dei termini per ferie, ora fissata dal 1° al 31 agosto, non interrompe i 90 giorni relativi al procedimento di accertamento con adesione, ma interrompe solo il termine di 60 giorni per la presentazione del ricorso. Attualmente, l’ambito soggettivo di applicazione dell’Istituto comprende tutti i contribuenti, compresi i sostituti d’imposta. È previsto un regime speciale per le società di persone e per i soggetti che rientrano nell’articolo 5 del t.u.i.r., nonché, ove applicabile, per i contribuenti IRES che optano per la trasparenza fiscale o per il regime del consolidato fiscale nazionale. Tale regime speciale può comportare una duplicazione della procedura di accertamento con adesione dell’Amministrazione finanziaria, che può coinvolgere diversi uffici dell’Amministrazione finanziaria e più soggetti privati (Circ. Agr. Entr. 31.10.2007, n. 60/E).
IMPOSTE PER LE QUALI È POSSIBILE EFFETTUARE UN ACCERTAMENTO CON ADESIONE
L’ambito di applicazione è limitato alle imposte sui redditi e alle relative imposte sostitutive, all’IRAP e alle principali imposte indirette quali l’IVA, l’imposta sulle successioni e donazioni, l’imposta di registro, ipotecaria e catastale e l’INVIM. Per quanto riguarda le imposte indirette diverse dall’IVA, solo uno dei soggetti obbligati in solido deve aderire all’accordo, non essendo necessaria una definizione unitaria del rapporto da parte di tutti i soggetti interessati (articolo 1, comma 2, del Decreto legislativo n. 218/97). L’accertamento con adesione è previsto anche per i tributi comunali e provinciali, a condizione che gli enti interessati cerchino, preventivamente, di regolamentare l’utilizzo dell’istituto (art. 50, L. n. 449/97; art. 52, L. n. 446 /97; Cass. n. 3762 del 09.03.2012).
Analogamente, per quanto riguarda i tributi propri delle regioni, il ricorso all’istituto è possibile, a condizione che l’autorità regionale ne consenta e disciplini l’utilizzo con espressa disposizione normativa. È quindi necessario contattare l’autorità locale per verificare se ha previsto questa possibilità nei suoi regolamenti. Il regolamento è normalmente pubblicato sul sito dell’autorità. Sono escluse dall’ambito di applicazione dell’accertamento con adesione le attività di liquidazione e controllo fiscale disciplinate dagli artt. 36-bis, e 36-ter, D.P.R. n. 600/73, nonché gli atti di recupero dei crediti d’imposta in quanto considerati estranei alla fase di accertamento.
AVVIO DEL PROCEDIMENTO, RUOLO DELL’AVVERSARIO E POSSIBILI PROBLEMI
Il Decreto legislativo n. 218/97 prevede che la procedura possa essere attivata:
dall’ufficio delle imposte (art. 5);
dal contribuente (art. 6).
L’instaurazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Ufficio, ai sensi dell’art. 5, non è obbligatoria in quanto ha la sola funzione di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e di consentire al contribuente un’immediata comprensione della controversia, tanto più che quest’ultimo può, ai sensi dell’art. 6, avviare la procedura di definizione con adesione qualora abbia ricevuto un avviso di accertamento o di rettifica in assenza di contraddittorio preventivo (Cass. 14.01.2015, n. 444). Tuttavia, se l’Ufficio esercita l’opzione, emette un invito a comparire, indicando:
periodi d’imposta suscettibili di valutazione;
il giorno e il luogo della comparsa;
le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni e interessi dovuti in caso di definizione agevolata ai sensi del comma 1- bis;
le ragioni che hanno dato origine al reclamo.
PROTEZIONE DEL CONTRIBUENTE/IMPRESA
Da parte dell’ufficio fiscale, procedere d’ufficio significa però impedire al contribuente di attendere la notifica dell’avviso di accertamento per valutare l’opportunità di un ricorso immediato contro l’avviso o di presentare un’istanza di accertamento con adesione.
PREREQUISITI PER L’AVVIO DELLA VALUTAZIONE CON ADESIONE
L’avvio della procedura da parte del contribuente, di cui all’articolo 6 del Decreto legislativo n. 218/97, può avvenire a seguito di:
accesso, ispezione o verifica. In tal caso, il contribuente può chiedere all’Ufficio di formulare la proposta di accertamento ai fini dell’eventuale conciliazione;
notifica di un avviso di accertamento o rettifica, non preceduta da un invito dell’Ufficio a partecipare al procedimento. In questo caso, il termine per il ricorso è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Prima di impugnare l’atto davanti alla Commissione tributaria competente, il contribuente può presentare una proposta di adesione.
OBBLIGO DI CONVOCAZIONE DEL CONTRIBUENTE
In un primo momento, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la mancata convocazione del contribuente da parte dell’Ufficio a seguito della ricezione dell’istanza non comporti la nullità del procedimento di accertamento, non essendo tale sanzione prevista dalla legge (Cass., SS.UU., sentt. 17.02.2010, n. 3676, n. 29127/2011 e n. 21760/2012).
D’altra parte, in un recente intervento, la giurisprudenza di merito ha ritenuto illegittimo l’accertamento fiscale derivante da un atto impositivo per il quale l’Amministrazione finanziaria non aveva emesso un invito a comparire, a causa della procurata violazione del diritto connesso del contribuente (CTR Lombardia, 30.01.2014, n. 551). Più recentemente, in tema di accertamento non preceduto dal contraddittorio con il contribuente, la Corte di Cassazione ha chiarito che la sanzione di nullità dell’atto conclusivo del procedimento (l’avviso di accertamento) non deve necessariamente essere prevista dalla legge, potendo essere desunta dai principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale e dell’Unione europea (Cass., SS.UU., sent. 18.09.2014, n. 1967). A tal proposito, la Corte costituzionale ha ulteriormente chiarito che la sanzione della nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del contraddittorio preventivo, anche se non espressamente prevista, deve ritenersi “proporzionata” alla gravità della violazione stessa (cfr. sent. 07.07.2015, n. 132). Per quanto riguarda il contribuente, è intuitivo che sia utile portare all’attenzione dell’Ufficio qualsiasi osservazione, argomentazione o documento rilevante ai fini dell’inquadramento della sua vicenda fiscale o della sua corretta interpretazione. L’Ufficio, inoltre, è tenuto a valutare criticamente le motivazioni e le prove offerte dal contribuente. Vale la pena sottolineare che, dopo la notifica dell’avviso di accertamento, il contribuente può presentare un’istanza al giudice tributario solo in assenza di un preventivo invito a comparire ai sensi dell’art. 5. In caso contrario, l’istanza non legittimerebbe la proroga di 90 giorni per la produzione del ricorso al giudice tributario (CTR Lazio, 02.01.2013, n. 14; CTR Lombardia, 20.04.2012. n. 43). Per il contribuente, formulare un’istanza di adesione all’accertamento prima della notifica dell’avviso di accertamento significa imporre all’Ufficio l’onere di motivare nel successivo avviso di accertamento le ragioni di non condivisione delle osservazioni e delle giustificazioni prodotte in sede istruttoria7 (Cass., SS.UU., sentt. 18.12.2009, n. 26635 e 14.01.2015, n. 406; Corte Cost., sent. 26.05.2015, n. 132).
MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA RICHIESTA DI VALUTAZIONE CON ADESIONE
Nel caso di attivazione da parte del contribuente, la domanda deve essere redatta in carta semplice: da depositare direttamente; oppure spedito per raccomandata con ricevuta di ritorno, all’ufficio locale incaricato dell’accertamento. La domanda deve essere firmata dal contribuente o dal procuratore autorizzato alla procedura. (cfr. articolo 7 e CTR Puglia 31.03.2014, n. 768). In questo caso, la procura speciale deve essere autenticata dal responsabile nella forma prevista dall’art. 63, D.P.R. n. 600/1973, oppure, se rilasciata a favore di un funzionario di un centro di assistenza fiscale, deve essere autenticata dal responsabile del CAF. Il responsabile del procedimento non deve necessariamente essere iscritto agli specifici albi professionali, di cui all’art. 12, D.Lgs. n. 546/92, per l’assistenza tecnica nel processo tributario, in quanto la fase di adesione è una fase stragiudiziale del rapporto tra contribuente e Amministrazione finanziaria in cui non è richiesta una specifica competenza in materia tributaria (Cass. 546/92, per l’assistenza tecnica8 nel processo tributario, in quanto la fase di adesione è una fase stragiudiziale del rapporto tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria in cui non è richiesta una specifica competenza in materia tributaria (Camera 16.07.2014, n. 16222). Nel concedere il primo o eventuali ulteriori rinvii deve tenere conto che la fase del contraddittorio deve essere contenuta entro limiti temporali ragionevoli, in relazione sia all’esigenza primaria di celerità del procedimento sia all’effettivo completamento della trattazione, non consentendo ripetuti rinvii di natura meramente dilatoria, che si traducono in un ingiustificato ritardo dell’azione amministrativa. La richiesta di accertamento con adesione da parte del contribuente con finalità esclusivamente dilatorie non ha l’effetto di sospendere il termine per la presentazione del ricorso. D’altra parte, sebbene il termine di 15 giorni per la convocazione sia ordinario, il suo superamento potrebbe indurre il contribuente a presentare un sollecito formale. In caso di ulteriore inadempienza, l’inerzia dell’ufficio potrebbe essere oggetto di valutazione negativa da parte del giudice.
LA FINALIZZAZIONE DELL’ACCORDO
L’avviso di adesione deve indicare, tra l’altro, i motivi su cui si fonda la definizione nonché, per ciascun periodo di tre mesi, il pagamento delle eventuali maggiori imposte, sanzioni e altre somme dovute, anche in forma rateale (art. 7). La definizione si perfeziona con il pagamento dell’importo dovuto, o con il pagamento della prima rata, in caso di richiesta di rateizzazione, entro 20 giorni dalla stipula dell’atto. In questo caso, a partire dal 06.07.2011, non sussiste più l’obbligo di fornire all’Ufficio la garanzia di prestazione.
È ammessa la compensazione del debito derivante dal contratto di adesione con crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31.12.2012 nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, per somministrazioni, forniture e appalti (cfr. D.L. n. 35/2013). La legge ha previsto un aumento delle sanzioni in caso di mancato pagamento di una delle rate, diversa dalla prima, entro il termine di pagamento della rata successiva. In questo caso, l’Ufficio iscrive a ruolo le somme residue dovute e la sanzione prevista dall’art. 13, D.Lgs. n. 471/97, applicata in misura doppia.
Tuttavia, va considerato che le irregolarità minori non invalidano il completamento dell’adesione. Secondo la giurisprudenza di legittimità, un ritardo di due giorni nel pagamento del contribuente non pregiudica il perfezionamento dell’accordo raggiunto con il fisco, in virtù dei principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (Corte di Cassazione 25.03.2011, n. 6905).
EFFETTI “PROCEDURALI” DELLA “PRESENTAZIONE” DELLA DOMANDA
La sospensione
Al fine di consentire alle parti di tentare una composizione bonaria dell’eventuale controversia, la presentazione dell’istanza di adesione, successiva alla notifica dell’avviso di accertamento, comporta la sospensione per 90 giorni del termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione dell’atto impositivo anche con riferimento all’iscrizione provvisoria (art. 6, comma 3). Sul punto, a seguito di recentissimi interventi della Corte di Cassazione, si pone il problema di come comportarsi quando il termine complessivo di 150 giorni (90+60) ricade nel periodo di sospensione feriale dei termini processuali. A partire dal 2015, la sospensione dei termini processuali durante il periodo di ferie si estende dal 1° al 31 agosto e non più dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno. Si ricorda che la finalità dell’istituto della sospensione feriale dei termini processuali è quella di assicurare un periodo di riposo agli avvocati e che l’applicazione dell’istituto nel processo tributario, e quindi a tutti i soggetti abilitati alla difesa e alla rappresentanza dei contribuenti, è da ritenersi indiscutibile (Agr. Entr., Circ. 23.04.1996, n. 98, e 17.06.1999, n. 133; Cass. 04.03.2015, n. 4310). Per quanto riguarda il calcolo del termine di 90 giorni previsto per l’accertamento con adesione, l’Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza di merito concordano nell’affermare l’operatività del periodo di sospensione dei termini (MCM 28.06.2000, n. 65; CTP Salerno 10.07.2001, n. 160). Per questo motivo, il calcolo dei 90 giorni è sospeso dal 1° agosto e riprende dal 1° settembre.
Il motivo risiede nel contemporaneo adempimento degli scopi delle due istituzioni, ovvero garantire: un corretto e proficuo svolgimento della valutazione dell’adesione;
un periodo di riposo per gli avvocati del contribuente e, allo stesso tempo, garantire un effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente.
La questione era stata affrontata in passato dalla Corte di cassazione secondo la quale, nel caso risolto all’epoca, come regola generale, i termini previsti per il ricorso e la sospensione per la domanda di adesione si cumulano con il periodo di sospensione dei termini. Questo sia perché non esiste una norma di legge in tal senso, sia per ovvie ragioni di opportunità. In due recentissimi interventi, e in modo più approfondito, la Corte ha chiaramente affermato il principio di diritto secondo cui il periodo di sospensione di 90 giorni per la definizione del procedimento di accertamento con adesione è cumulabile con il periodo di ferie (Cass., sent. 20.05.2015, n. 10360, e 03.06.2015, n. 11403). Allo stesso modo, in un intervento ancora più recente, la Corte di Cassazione, in netto contrasto con i suoi precedenti, ha confermato la natura amministrativa e non processuale dell’istanza di accertamento fiscale, con la conseguente inapplicabilità dell’istituto della sospensione dei termini “processuali” (Cass., ord. 05.06.2015, n. 1632).
4.
Quesito 1: È possibile proporre da parte del contribuente che abbia accettato con adesione, un’istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccedenza per un errore che avrebbe viziato la sua adesione?
Si tratta di stabilire se, in caso di accertamento con adesione con definizione perfezionata mediante versamento delle somme dovute, il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso per un errore che avrebbe viziato la volontà di manifestata con l’istanza di adesione e la successiva sottoscrizione dell’atto. In primis, è utile prendere le mosse dal dato normativo in materia di avviso di accertamento con adesione. Infatti, ai sensi degli artt. 2, comma 3, e 3, comma 4, del D.Lgs. n. 218 del 1997, l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile e non è modificabile dall’Ufficio. Sulla base di queste premesse la Suprema Corte, con l’ord. n. 13129/2018 ha escluso la possibilità di proporre istanza di rimborso di quanto ad avviso del contribuente versato in eccedenza per un errore che avrebbe viziato la sua adesione. Il Giudice di legittimità afferma, infatti, che l’istanza di rimborso deve considerarsi improponibile in quanto costituirebbe una surrettizia forma di impugnazione. Interviene, inoltre, ad escludere la proponibilità dell’istanza di rimborso la stessa ratio dell’istituto. Lo scopo dell’accertamento con adesione è, infatti, connotato dall’interesse pubblico di acquisire immediatamente le somme risultanti dall’accordo. Ove fosse possibile la proposizione dell’istanza di rimborso, si finirebbe col mettere in discussione la sussistenza o la misura dell’obbligazione fiscale interessata dall’intervenuta adesione, laddove, invece, le somme versate non possono essere più messe in discussione, con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso. Tuttavia, può presentare interesse dar atto di alcune circostanze in cui si è ritenuto che la parte fosse, in qualche misura, legittimata a correggere i propri errori. Si ricorda in proposito la sentenza della quinta Sezione civile n. 7378 del 31 marzo 2011 secondo cui il verbale di conciliazione, relativo ad un ampio periodo temporale, concluso fra Amministrazione finanziaria e contribuente trasfuso poi in conciliazioni ed accertamenti con adesione, pur avendo efficacia identica a quella propria degli atti di cui ha costituito il presupposto, può essere contestato dall’Amministrazione ex art. 1362 del Codice civile, 2-quater del D.L. 564/1994 e 2 D.M. 87/1997, deducendo che per un mero errore materiale il funzionario che ha redatto il documento è indicato una somma da rimborsare superiore a quella deducibile dall’accordo e dalle circostanze di fatto (nel caso di specie si discuteva di un errore di oltre un miliardo e mezzo di lire).
Quesito 2: Il contribuente che, in seguito ad accertamento con adesione abbia omesso il versamento alla scadenza anche di una sola delle rate successive alla prima decade dal beneficio della rateizzazione, rendendo legittima l’iscrizione a ruolo dell’intero importo dovuto a titolo di imposte, interessi, e sanzioni, dedotti i versamenti già eseguiti?
La risposta al quesito offerta dalla giurisprudenza di legittimità è stata affermativa. Questo è l’orientamento sostenuto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13133/2018 con la quale si è chiarito che il contribuente, ai sensi dell’art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 218 del 1997, decade dal beneficio della rateizzazione a seguito del mancato versamento alla scadenza anche di una sola delle rate successiva alla prima, con conseguente legittima iscrizione a ruolo dell’intero importo dovuto a titolo di imposte, interessi e sanzioni, dedotti i versamenti già eseguiti. Nel caso esaminato dalla Cassazione un contribuente aveva aderito al processo verbale di contestazione, in materia di IRPEF, Addizionale Regionale e Comunale secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, optando per l’adempimento dilazionato del dovuto e poi non provvedendo, a causa di problemi finanziari, al pagamento delle rate scadute. In esito a tale contegno l’Agenzia aveva iscritto a ruolo, ex art. 14 D.P.R. n. 602 del 1973, le intere somme dovute dedotti i versamenti già eseguiti, con sanzioni ed interessi, notificando la relativa cartella di pagamento. L’impugnazione del contribuente, volte a sostenere che il mancato pagamento delle rate non potesse determinare l’iscrizione a ruolo dell’intero importo dovuto ma solo delle rate scadute e non pagate veniva respinta parzialmente in primo ove si escludevano le sanzioni ed integralmente in secondo grado in cui la CTR riteneva non ricorrente una situazione di incertezza tale da giustificare l’esonero delle sanzioni. La Corte di cassazione, esaminando il ricorso della parte contribuente, volto a sostenere che dall’art.5-bis, co. 4, D.Lgs. 218/1997, non fosse possibile desumere la decadenza dal beneficio della rateizzazione in caso di mancato pagamento delle rate scadute, non potendosi applicare la disciplina prevista dell’art. 8, comma 3-bis, afferente alle conseguenze del mancato pagamento nei soli casi di accertamento con adesione, ha rigettato l’impugnazione. Il giudice di legittimità ha preso le mosse dal comma 3-bis dell’art.8 D.Lgs. 218/1997, come modificato dall’art.1 co. 418 della L. n.311/2004. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive, se il garante non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione dell’apposito invito, contenente l’indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle predette somme a carico del contribuente e dello stesso garante. In tale modo è stata espressamente disciplinata l’ipotesi di inadempimento di alcuni dei pagamenti previsti dal piano di rateazione e prevedendo l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione. Da qui la correttezza della decisione impugnata, avendo la CTR rilevato, a causa dell’omesso versamento delle rate scadute, la decadenza dal beneficio della rateizzazione e, quindi, la legittima iscrizione a ruolo delle intere somme dovute, dedotti i versamenti già eseguiti. La conclusione espressa dalla Cassazione trova, dunque, la sua genesi nell’impianto normativo. Ed invero, l’art.8 D.Lgs. n. 218/1997, nella versione vigente al 17 luglio 2011, prevedeva che:
1. Il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguita entro venti giorni dalla redazione dell’atto di cui all’articolo 7, mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all’ultimo domicilio fiscale del contribuente.
2. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell’atto di adesione.
3. Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata il contribuente fa pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento. L’ufficio rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione.
3-bis. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’articolo 13 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo. Tale disposizione è stata successivamente, modificata dal Decreto legislativo del 24/09/2015, n. 159, art. 2, a cui tenore 1. Il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto di cui all’articolo 7.
4. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila Euro. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
5. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila Euro. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato nel comma 1. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
6. Entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata il contribuente fa pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento. L’ufficio rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione.
7. Per le modalità di versamento delle somme dovute si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-bis. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Quesito 3: La sospensione per 90 giorni dal termine ordinario di impugnazione dell’atto impositivo conseguente alla presentazione del contribuente è interrotta dal verbale di contestazione del mancato accordo tra questi e l’amministrazione finanziaria?
Occorre premettere che l’articolo 6, comma 3 del D.Lgs 218/1997 (applicabile alle imposte dirette e all’IVA) recita: Il termine per l’impugnazione indicata al comma 2 e quello per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto accertata, indicato nell’articolo 60, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono sospesi per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza del contribuente;
l’iscrizione a