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Monete virtuali: tassonomia e inquadramento giuridico

Scritto da Gennaro Rotondo, Emanuele Coraggio • dic 2022

Sintesi

The paper aims at providing a legal framework of the complex phenomenon of virtual currencies on the basis of the analysis of the scant reference legislation and of their structure and functioning as well as at identifying a possible legal statute. To this end the Authors will point out some fundamental classifications, including in particular that between private and public virtual currencies (so-called central bank digital currency), deepening the peculiarities of the former and the latter. The paper will conclude with some brief reflections aimed at highlighting the appropriateness of regulatory intervention, especially regarding private cryptocurrencies, in a perspective of legislative reform.

Abstract

Il lavoro mira ad inquadrare sul piano giuridico il complesso fenomeno delle monete virtuali sulla base dell’analisi della scarna normativa di riferimento e della loro struttura e funzionamento nonché ad individuarne un possibile statuto giuridico. A tal fine gli Autori evidenzieranno alcune classificazioni fondamentali, tra cui in particolare quella tra monete virtuali private e pubbliche (c.d. Central Bank Digital Currency), approfondendo le peculiarità delle prime e delle seconde. Lo scritto si concluderà con alcune brevi riflessioni volte a sottolineare l’opportunità di un intervento regolamentare, soprattutto con riguardo alle criptovalute private, in una prospettiva di riforma legislativa. .

Contenuto

1. Premessa. Inquadramento ermeneutico delle monete virtuali e impatto dell'innovazione tecnologica

Il concetto di moneta è da sempre oggetto di attenzione da parte degli studiosi di differenti ambiti disciplinari, interesse che si è rinnovato esponenzialmente da quando l’innovazione tecnologica nel settore finanziario ha condotto, tra l’altro, alla crescente diffusione di “monete virtuali” (definite anche, con una terminologia eterogenea, “valute virtuali”, “criptovalute” o “criptomonete”)1.

Un cenno, seppure nella consapevolezza del grado di complessità del compito, va dedicato preliminarmente al concetto stesso di “moneta”, per affrontare poi il tema principale della declinazione virtuale del fenomeno. Difatti, l’ampiezza della letteratura scientifica2 rende complessa la ricostruzione sul piano giuridico della nozione di moneta, quanto meno nei suoi principali tratti distintivi. Tuttavia, utilizzando una diffusa schematizzazione si possono individuare a tal fine due linee teoriche principali: quella statalista e quella funzionale.

In base alla prima teoria3, la moneta è il mezzo di pagamento, creato e garantito dallo Stato, cui la legge attribuisce corso legale ovvero potere liberatorio, nel senso di idoneità ad estinguere le obbligazioni pecuniarie essendo impossibile per il creditore rifiutare questo tipo di adempimento4. Linea teorica che appare supportata dalla giurisprudenza di legittimità, specie in quelle decisioni in cui si propende per una qualificazione della moneta solo come mezzo di pagamento universalmente accettato, ossia espressione delle potestà pubblicistiche di emissione e di gestione del valore economico5.

Incontra maggiore favore nella dottrina giuridico-economica, invece, la teoria funzionale, secondo cui la moneta viene individuata sulla base di un criterio dinamico ossia con riguardo alle tre funzioni che, dall’antichità6 ad oggi7, si ritiene siano svolte dall’entità che si qualifica come moneta8: mezzo di pagamento, unità di conto e riserva di valore.

La prima funzione implica che l’utilità essenziale della moneta consista nell’essere impiegata e accettata per l’acquisto di beni o servizi. Come unità di conto, la moneta rappresenta il parametro di misurazione del valore dei beni scambiabili sul mercato. La funzione di riserva di valore, infine, consiste nella possibilità di preservare nel tempo, attraverso la moneta, la parte del reddito prodotto non destinata immediatamente al consumo e, dunque, di dar vita a forme di risparmio.

Ebbene, l’inquadramento delle monete virtuali (nelle loro variegate espressioni empiriche) nel quadro funzionale appena delineato deve passare, in primis, per il vaglio di eventuali definizioni normative delle medesime.

In argomento, il legislatore italiano è intervenuto solo di recente (e in modo contingente) laddove, nel modificare la disciplina antiriciclaggio con il d.lgs. n. 90/20179, ha introdotto nell’ordinamento la prima definizione di «valuta virtuale»10. Concetto in seguito ribadito anche dalla Quinta Direttiva UE anti-money laundering (AMLD5), che definisce come tale la «rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente»11.

Allo stato, dunque, questo è il principale parametro di riferimento per qualificare a livello normativo la nozione di moneta virtuale/criptovaluta, elemento fondamentale per abbozzare un tentativo di ricostruzione ermeneutica della natura giuridica e di individuazione dei relativi profili regolamentari.


2. Caratteristiche generali e struttura delle valute virtuali (private)

Al fine di procedere all’analisi delle ipotesi di inquadramento giuridico è opportuno effettuare un sintetico riferimento ai tratti strutturali e funzionali delle valute virtuali comunemente intese, ossia delle criptovalute, le quali si caratterizzerebbero, anzitutto, per i seguenti aspetti elementi fondamentali12:

a) l’assenza di natura valutaria, in senso proprio, ossia legata all’emissione da parte della banca centrale o di altro organismo pubblico. Sono emesse, quindi, da soggetti privati secondo regole a cui gli utilizzatori decidono di aderire. Inoltre, essendo prive di corso legale13, il loro uso come strumento di pagamento può avvenire esclusivamente su base volontaria, tramite il previo consenso dei partecipanti alla transazione e con modalità peer-to-peer14. Si consideri d’altronde che alla base della creazione nel 2009 della prima criptovaluta – il bitcoin vi era proprio la finalità di dar vita a uno strumento di scambio alternativo alla moneta legale, il cui valore non fosse determinabile sulla base delle politiche monetarie istituzionali15;

b) sono totalmente immateriali, in quanto impiegabili in una dimensione esclusivamente digitale, attraverso un software open-source che consente di creare un portafoglio elettronico (e-wallet), nel quale depositare moneta virtuale da utilizzare per l’acquisto di beni o servizi;

c) l’anonimato dovrebbe connotare l’identità dei soggetti titolari di portafogli elettronici coinvolti nelle transazioni16, d’altra parte anche per questo motivo di parla di criptovalute o di criptomonete;

d) infine, le transazioni tramite le quali le valute virtuali vengono trasferite sono (tecnicamente) irreversibili, grazie all’impiego del registro elettronico denominato blockchain che ne cristallizza la successione nel tempo17.

Le criptovalute, così definite sul piano strutturale e funzionale, finirebbero pertanto per coincidere con i c.d. payment tokens di matrice privata, caratterizzati per la circostanza di fungere da mezzo di pagamento e di non conferire al detentore alcun diritto nei confronti dell’emittente (ove esistente)18.


3. Tassonomia essenziale del fenomeno delle criptomonete

Secondo una classificazione generale, adottata dalla Banca Centrale Europea19 – e che riflette anche l’incidenza sulle operazioni economiche realizzate – possono distinguersi tre modelli fondamentali di criptomonete:

1. moneta virtuale chiusa (o non convertibile), concepita per l’utilizzo in uno specifico ambiente virtuale e che, quindi, non può essere convertita in moneta legale20. È una valuta tipica di alcune piattaforme di giochi online, in cui si paga unicamente un canone periodico di abbonamento e si ricevono monete virtuali iniziali spendibili unicamente in quell’ambito e accrescibili solo attraverso il compimento di determinate attività digitali;

2. moneta virtuale unidirezionale (o a convertibilità limitata), acquistabile mediante moneta legale e spendibile per l’acquisto di beni e servizi online e, talvolta, anche di beni e servizi reali, ma non riconvertibile in moneta tradizionale (tali sono, ad esempio, gli Amazon Coins, utilizzabili unicamente all’interno del sito dell’emittente);

3. moneta virtuale bidirezionale (o a convertibilità piena), che può essere acquistata e riconvertita in moneta legale senza vincoli di sorta. A quest’ultima categoria appartengono non solo il bitcoin, ma anche la gran parte delle altre criptovalute esistenti: Ethereum, Monero, Litecoin, Ripple, Dash, Tether, e così via.

Una distinzione ulteriore attiene alle modalità di creazione della valuta virtuale, per cui si suole distinguere fra moneta decentralizzata e centralizzata21. Nella prima fattispecie, la creazione (detta mining o estrazione) viene realizzata diffusamente da una rete utenti che poi ricevono criptomonete come premio per la risoluzione di problemi di carattere informatico e, quindi, per aver partecipato volontariamente al corretto funzionamento del network e alla sicurezza delle transazioni. Nella seconda, viceversa, vi è un unico soggetto proprietario del relativo protocollo informativo che è preposto alla loro emissione22.

Ancora, tra le monete virtuali si annoverano i c.d. stablecoins, che presentano caratteristiche di base assimilabili a quelle delle altre criptovalute, ma sono agganciati a beni o asset sottostanti (ad esempio, valute FIAT, ETF, indici di borsa, ecc.)23, governati dalle ordinarie regole di mercato. In sostanza, l’indicizzazione a un parametro “stabile” (da qui deriva il nome della categoria) assicura transazioni più sicure ed eque24.

Infine, distinzione ulteriore e fondamentale è quella fra le monete virtuali “private”, che coincidono con quelle analizzate in precedenza (e cui si è soliti riferirsi con il termine criptovalute), e le monete virtuali di matrice lato sensu pubblicistica, quali sono le Central Bank Digital Currency (CBDC). Per queste ultime, in particolare, la questione dell’appartenenza alla categoria della moneta può ritenersi di fatto inesistente, dal momento che si tratta di vere e proprie monete fiat, al pari del denaro contante, emesse dalle banche centrali25. Esse rappresentano pertanto, sotto questo ed ulteriori aspetti, un caso a sé stante, come si avrà modo di specificare meglio nel prosieguo.


4. Della (eventuale) natura monetaria delle valute virtuali private

A differenza delle CBDC, la natura monetaria delle criptovalute non può considerarsi un dato pacifico e l’affermazione o meno della stessa – in funzione ricostruttiva della natura giuridica e della disciplina applicabile – dipende a monte dalla definizione di moneta che si intende adottare.

Laddove si opti per utilizzare i principi della teoria statalista, di sicuro non si può ritenere che le criptovalute siano moneta, stante la loro matrice essenzialmente privata e la conseguente necessità che il loro impiego sia subordinato a un’accettazione su base volontaria. Purtuttavia, non appare proficuo, a fini tassonomici, fare ricorso a questa teoria salvo che non si voglia propendere per una coincidenza della nozione di moneta con quella di valuta – quest’ultima da intendersi viceversa, secondo la dottrina pressoché unanime26, come quella species monetaria emessa da parte di un’autorità pubblica e avente corso legale. Una conferma in tal senso, si ricava dalla disciplina delle obbligazioni pecuniarie (di cui agli art. 1277 e ss. c.c.), nella quale si fa riferimento alla «moneta avente corso legale» attestando come il legislatore presupponga una sostanziale differenza tra questa e la moneta lato sensu intesa (la quale cioè può anche essere priva di corso legale)27. Un’analisi de iure condito, dunque, dimostra che adottare la teoria statalista significa discostarsi dal dato normativo con la conseguenza di giungere a esiti non condivisibili in punto di qualificazione giuridica della fattispecie.

Ebbene, sulla base di quanto precede, è possibile affermare che sicuramente più conforme agli indici ordinamentali è la teoria funzionale, la quale non si propone di definire il concetto di moneta quanto di disciplinarla alla stregua di mezzo di pagamento, ossia con riguardo alla sua funzione primaria. Pertanto, alla stessa si farà riferimento nel determinare la nozione di moneta, quanto meno secondo i principi dell’ordinamento giuridico.

Sulla base teorica appena prospettata, si potrebbe ragionevolmente sostenere – sebbene si tratti di questione controversa28 – che le criptovalute integrino una vera e propria forma di moneta, ancorché complementare29. Difatti, più si diffonde l’impiego generalizzato delle stesse (o di alcune di esse come il bitcoin), più difficile diventa negare sul piano funzionale la loro natura monetaria, quando impiegate come mezzo di pagamento30.

Sebbene questa conclusione appaia maggiormente persuasiva perché più aderente alla «realtà giuridica effettuale»31, collide tuttavia con il disposto della AMLD5 secondo cui la valuta virtuale non possiede lo status giuridico della valuta o della moneta. Pur aderendo alla teoria funzionale e riconducendo la sostanza delle criptovalute al fenomeno monetario, pertanto lo stato attuale della normativa non consente di qualificare le stesse (in punto di disciplina applicabile) come monete né in Italia né in generale nell’Unione europea, per via di un’espressa posizione “politica” del legislatore europeo32. D’altra parte, l’omissione nella normativa interna del riferimento allo status giuridico delle valute virtuali, verosimilmente imputabile a un atteggiamento pilatesco del legislatore italiano in sede di recepimento della Direttiva, non è dirimente in punto di qualificazione giuridica della fattispecie che va comunque operata alla luce delle coordinate ermeneutiche rivenienti dalla fonte sovranazionale.

La ragionevolezza di siffatta ipotesi ricostruttiva, inoltre, viene confermata da alcune statuizioni contenute nel preambolo della citata Direttiva (com’è noto privo di efficacia precettiva33, ma valido strumento di esegesi del provvedimento normativo)34. Da un lato, rileva il considerando 11 che esclude l’identificazione delle valute virtuali con le valute locali o monete complementari35, e dall’altro il considerando 10 che esplicita l’obiettivo della Direttiva nel «coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali», quasi a volerne negare sempre e comunque la riconducibilità al concetto di moneta. In aggiunta, si osservi che coerentemente a tale politica legislativa le criptovalute non vengono menzionate – pur nella consapevolezza (normativamente fondata) che il loro impiego principale resta quello di strumenti di pagamento – fra i funds36 di cui alla Direttiva UE 2015/2366 (PSD2) con conseguente inapplicabilità della relativa disciplina ai prestatori di servizi di pagamento in valute virtuali37.

Si tratta evidentemente di un approccio regolamentare sostanzialmente indefinito e che ignora (è da accertare in che misura consapevolmente) la reale direzione intrapresa dalle principali criptovalute quali mezzo di pagamento ulteriore rispetto alla valuta e che sembrerebbe creare la paradossale situazione di impedire l’applicazione della normativa inerente alle monete a un fenomeno di natura essenzialmente monetaria. In definitiva, si verrebbe così a creare una dicotomia tra l’evoluzione fattuale del fenomeno economico e la regolazione del medesimo. Si potrebbe dunque auspicare, in una prospettiva di riforma legislativa, che venga eliminato dalla definizione di valuta virtuale quanto meno l’inciso relativo all’impossibilità di riconoscervi lo status giuridico di moneta38, di modo che altresì venga appositamente esteso il perimetro applicativo della PSD2 anche a tutte le monete virtuali utilizzate come mezzi di pagamento.


4.1. Qualificazione giuridica delle criptovalute al di fuori della nozione tradizionale di moneta

Nell’attesa che il legislatore dell’UE provveda finalmente a prospettare una definizione sul piano normativo della natura giuridica delle valute virtuali, è opportuno effettuare tale ricostruzione in via ermeneutica, tenuto conto della asserita impossibilità di equipararle alle monete in punto di diritto applicabile.

Al riguardo può essere utile richiamare quegli orientamenti dottrinali che, collocando il fenomeno in esame al di fuori del concetto stesso di moneta (ancor prima che al di fuori del relativo statuto giuridico), si curano di addivenire a un inquadramento giuridico mediante l’impiego di variegate categorie dogmatiche.

Anzitutto, v’è chi afferma che le criptovalute, pur non essendo denaro39, apparterrebbero al più ampio genus del bene giuridico (immateriale) ex art. 810 c.c.40. Tesi che, prima della richiamata novella del 2017, era avversata da una parte della dottrina sulla base di un asserito principio di tipicità dei beni immateriali41. Logica conseguenza di questo orientamento consiste nel ritenere inapplicabili alle criptovalute le norme dettate in materia di obbligazioni pecuniarie, talché il contratto mediante il quale si scambino queste monete virtuali contro beni sia qualificabile quale permuta ex artt. 1552 e ss. c.c.

Un diverso orientamento42, d’altra parte, ascrive le criptovalute alla categoria degli strumenti finanziari ai sensi della normativa settoriale. Asserzione che, tuttavia, si pone in palese contrasto con l’art. 1, c. 2, t.u.f. che individua in maniera “tassativa” gli strumenti finanziari, senza fare menzione alcuna delle valute virtuali43.

Ancora, si segnala la tesi secondo cui le criptovalute potrebbero dar vita in realtà ad un prodotto finanziario atipico, trattandosi di una categoria dogmatica aperta e inclusiva degli strumenti finanziari e di ogni altra forma di investimento di natura finanziaria44. In concreto, tuttavia, si tratta di una qualificazione che riguarderebbe più l’aspetto funzionale, ossia l’operazione negoziale nell’ambito della quale la criptovaluta è impiegata, che la nozione de qua, naturalmente a condizione che ricorrano i seguenti tre elementi fondamentali dell’impiego di capitale, dell’aspettativa di un rendimento di natura finanziaria e del rischio correlato45.

Infine, vi è chi ritiene che le valute virtuali siano più semplicemente un documento informatico ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 82/2005), con la conseguente semplificazione del fenomeno tramite l’applicazione delle sole norme ivi contenute che ne disciplinano essenzialmente l’efficacia probatoria46.




4.2. Natura giuridica e disciplina applicabile alle valute virtuali private: un possibile percorso ermeneutico

Una adesione acritica alle tesi poc’anzi illustrate è difficilmente ipotizzabile, al di là dei pur apprezzabili sforzi di inquadramento esegetico, soprattutto in considerazione dei tratti così eterogenei del fenomeno analizzato. L’approccio metodologico più corretto, dunque, pare quello di fondare l’indagine classificatoria sull’assunto che i relativi risultati possano variare in funzione delle connotazioni inerenti alla specifica criptovaluta considerata o quanto meno dell’impiego concreto cui la medesima sia destinata (e.g. acquisto di beni e servizi ovvero attività finanziaria) e/o della categoria di appartenenza (ovvero decentralizzata/centralizzata)47.

Per un verso, infatti, è innegabile che le criptovalute siano ascrivibili alla macrocategoria dogmatica dei beni immateriali ex art. 810 c.c., vuoi che si aderisca alla teoria realistica (secondo cui anche le res incorporales sono qualificabili come beni giuridici se connotate da scarsità e da utilità economica, pur in assenza di un’espressa previsione normativa)48, vuoi che si aderisca alla teoria formalistica (che postula il menzionato principio di tipicità dei beni immateriali)49. Ad ogni modo, si tratta di una qualificazione insufficiente a descrivere compiutamente il fenomeno economico sul piano giuridico (e quindi a esprimere le relative esigenze di regolazione) oltreché a rispondere a pieno alle istanze di tutela dei soggetti coinvolti nelle transazioni che necessitano di un inquadramento ben definito ai fini dell’individuazione della disciplina in concreto applicabile50.

Ecco allora che nell’ipotesi in cui l’operazione negoziale posta in essere realizzi il trasferimento di criptovalute verso la proprietà di cose o altri diritti – stante l’argomentata inapplicabilità della disciplina dettata per la moneta – sembra corretto qualificare il contratto in questione in termini di permuta (piuttosto che di vendita). Ricorrendone i presupposti soggettivi riconducibili allo schema del secondo contratto (Business to Consumer), inoltre, risulterebbe altresì applicabile, anche in chiave di maggiore tutela del contraente “debole”, la normativa generale del Codice del consumo (d.lgs. 206/2005)51.

Viceversa, ove lo schema negoziale connesso all’impiego di criptovalute sia assistito da una causa di natura finanziaria, secondo i canoni in precedenza indicati, lo stesso potrebbe essere riportato nella categoria dogmatica del prodotto finanziario atipico52. Da ciò deriverebbe, in particolare, l’assoggettamento del gestore (exchanger) della piattaforma informatica presso cui è possibile negoziare criptovalute e depositarle in e-wallet53 alla disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari54. Graverebbe su di esso, pertanto, il rispetto di tutti gli obblighi informativi verso il pubblico e delle regole sulla promozione pubblicitaria dei prodotti offerti, a cominciare dalla predisposizione del prospetto informativo, di cui agli artt. 93-bis e ss. t.u.f.55. Del pari, sembrerebbe corretto sostenere altresì che l’exchanger sia sottoposto alla normativa sul collocamento a distanza di prodotti finanziari (di cui al combinato disposto degli artt. 32 t.u.f. e 125 e ss. del Regolamento intermediari della Consob), con la rilevante conseguenza di ritenere detta attività riservata a favore dei soli soggetti abilitati e di ritenere applicabili alla medesima il libro III («Prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori») e IV («Procedure, anche di controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei servizi, controllo di conformità alle norme, trattamento dei reclami, operazioni personali, gestione dei conflitti di interesse, conservazione delle registrazioni») del Regolamento intermediari56. Si aggiunga – in ipotesi di contratto B2C l’applicazione della normativa del Codice del consumo relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori57.

Non è escluso, infine, che in futuro lo sviluppo e la diffusione di criptovalute centralizzate e degli stablecoins conduca a nuovi e inaspettati risultati in punto di qualificazione giuridica.

È quanto, probabilmente, sta accadendo con riguardo alle CBDC, su cui si concentra l’attenzione nei prossimi paragrafi per poi provare a prospettare alcune considerazioni conclusive sull’inquadramento giuridico del fenomeno economico rappresentato dalle valute virtuali.


5. Le monete virtuali di matrice "pubblica": l'introduzione nel sistema delle valute digitali delle banche centrali

Ferme restando le oggettive differenze con la moneta avente corso legale, cui si è accennato, la circolazione di una moneta digitale nell’economia crea, inevitabilmente, una tensione competitiva con la valuta ufficiale emessa dalla banca centrale, innescando di conseguenza profili di criticità con riguardo agli equilibri del sistema finanziario58.

Purtuttavia le criptovalute, per sostituire efficacemente le valute ufficiali, dovrebbero essere in grado di assolvere almeno tre obiettivi principali: in primo luogo, dovrebbero produrre un impatto concreto sull’economia reale; poi, l’emittente della medesima dovrebbe avere la capacità di reagire alle crisi di liquidità come prestatore di ultima istanza, al fine di salvaguardare la stabilità finanziaria59; infine, sarebbe necessario implementare un sistema di controlli per rendere l’emittente di criptovaluta responsabile nei confronti degli utenti.

Circostanze che, come è facilmente intuibile, sono di ardua realizzazione, in particolare l’ultima, per trattandosi di una valuta emessa solo digitalmente e da soggetti di natura privata60.

Ebbene, per i motivi fin qui individuati, nonché per l’evidente impatto sistemico delle valute digitali, le istituzioni pubbliche, i governi e (in primis) le banche centrali si sono trovati di fronte a una scelta obbligata tra vietare, tollerare/ignorare o affrontare/controllare siffatta manifestazione dell’innovazione digitale in ambito finanziario61. Fermo restando il nodo del livello di regolazione complessivo da assegnare al fenomeno economico, su cui il dibattito è ancora in fieri e le posizioni sono ben lungi dall’essere univoche.

Ciononostante, con l’emergere delle criptovalute, le banche centrali non hanno avvertito immediatamente il bisogno di riaffermare la centralità del loro ruolo nel processo di creazione della moneta, restando agganciate a valute fiat e non offrendo strumenti digitali alternativi al denaro62. Solo successivamente, le istituzioni internazionali e i governi hanno iniziato a dedicare maggiore attenzione al fenomeno63, ponendosi il problema non solo di creare eventuali nuove valute, ma anche di ipotizzare metodi innovativi per l’utilizzo di quelle esistenti64.

In questo contesto, si è avviato il dibattito sull’emissione di valute digitali da parte delle banche centrali (in seguito, anche CBDC). Si tratta di strumenti solo digitali, al portatore, stabili e sicuri, un mezzo di pagamento (come la moneta fisica), un’unità di conto e una riserva di valore. Sono emesse, come da denominazione, dalle banche centrali dei singoli Stati, hanno corso legale e sono accettate per tutte le transazioni pubbliche e private. Sono scambiabili alla pari con altre forme di denaro (monete fiat, depositi bancari), anche tenute in deposito presso la stessa banca centrale, sono disponibili per tutti i tipi di pagamenti e implementabili su diverse piattaforme tecnologiche65. Una CBDC può essere archiviata, trasferita e trasmessa da tutti i tipi di sistemi e servizi di pagamento digitali, dato che la sua validità è indipendente dai sistemi di utilizzo e gestione della moneta ordinaria.

Una CBDC si ritiene possa realizzarsi in due forme principali: a) nella veste di conti di deposito, presso la banca centrale che la emette, facenti capo a individui e imprese. Soluzione scarsamente innovativa in chiave tecnologica, ma decisamente impegnativa sotto il profilo organizzativo, poiché il numero di conti di deposito nell’Eurozona potrebbe aumentare vertiginosamente; b) come token digitale decentralizzato, la cui circolazione non è tracciata a livello di sistema. Questa seconda possibilità realizza una situazione simile a quella del contante, con la banca centrale emittente che non ha gli strumenti per individuare i possessori dei token, il che garantisce una situazione di quasi completo anonimato66.

La prima eventualità assicura un maggiore controllo sul riciclaggio di denaro e su altri usi illeciti, realizzando più ampi margini di sicurezza e certezza rispetto alla massa di valuta CBDC circolante, senza richiedere soluzioni tecniche eccessivamente complesse67. Si tratta di un modello che corrisponde in modo specifico alle esigenze di emissione di una valuta digitale sovrana, in quanto può assicurare maggiore stabilità finanziaria e un più efficace controllo sulla politica monetaria. In aggiunta, si incrementa la propensione a detenere una CBDC come riserva di valore e a utilizzarla come mezzo di pagamento, in contrapposizione ad altre valute, anche fiat, emesse da privati (quali, ad esempio, i depositi bancari)68.

La seconda soluzione, invece, utilizzando un token basato su tecnologia distribuita (blockchain)69, è espressione della valuta fiat di una data banca centrale (nazionale o regionale) e assicura un livello di riservatezza più elevato70.


5.1. Vantaggi e criticità delle valute digitali delle banche centrali

Dalla descrizione che precede se ne ricava che le valute digitali delle banche centrali differiscono dalle criptovalute, in primo luogo perché sono monete aventi corso legale che, come tali, possono rappresentare un’alternativa ai depositi bancari commerciali71.

Secondo alcuni studi, inoltre, l’emissione di CBDC potrebbe contribuire al miglioramento dell’efficienza finanziaria, oltre a promuovere l’inclusione finanziaria72. Difatti, potrebbero aumentare il livello di fiducia del pubblico nel sistema monetario grazie a una comunicazione diretta tra banca centrale e depositanti73 con il conseguente abbattimento dei costi delle transazioni in contanti74. Inoltre, l’uso diffuso di CBDC e il graduale superamento della valuta fisica scoraggerebbero l’elusione e l’evasione fiscale, il riciclaggio del denaro e altre attività illecite o illegali grazie al tracciamento continuo della valuta.

Naturalmente, l’inserimento nel sistema finanziario di tali valute potrebbe anche presentare talune criticità, quali ad esempio i rischi riguardanti, per un canto, la stabilità del sistema monetario e finanziario, per l’altro la riservatezza dei dati degli utenti, trattandosi di strumenti sotto controllo pubblico75. Inoltre, altri autori ritengono che la diffusione delle CBDC potrebbe creare un parallelismo con le monete ufficiali76, con il rischio di minare l’efficacia della politica monetaria, riproponendo in sostanza le medesime vulnerabilità che vengono imputate alle criptovalute. Secondo diversa opinione, invece, le CBDC non costituiscono in alcun modo una valuta parallela, ma integrano solo una rappresentazione della valuta legale basata sulla tecnologia del “registro distribuito” (distributed ledger)77, configurandosi in definitiva solo come un nuovo mezzo digitale di pagamento.

È chiaro, dunque, che vi sono sia vantaggi associati all’adozione di una valuta digitale sovrana, sia incertezze e dubbi sulla tenuta complessiva del sistema, soprattutto in termini di stabilità. In ogni caso, gli obiettivi delle istituzioni che perseguono questo progetto restano la massimizzazione dell’efficacia di tale strumento come mezzo di pagamento, la sicurezza come riserva di valore e la stabilità come unità di conto per le transazioni economiche78.


5.2. Il contesto europeo: il progetto di Euro digitale

Nello scenario fin qui delineato, anche la Banca Centrale Europea ha avviato un progetto per la realizzazione dell’euro digitale, ovvero una valuta digitale accessibile a famiglie e imprese e utilizzabile per i pagamenti, percorso che dovrebbe completarsi (presumibilmente) alla fine del 2023.

Questa iniziativa si inserisce, dunque, nel trend che vede le banche centrali procedere all’innovazione degli strumenti di pagamento, per adeguarli al progresso tecnologico, al mutare delle abitudini di pagamento e all’evoluzione del sistema finanziario79. D’altra parte, nell’Unione europea, la diffusione di strumenti diversi dal contante, anche se con ritmi più lenti rispetto ad altri contesti, è in progressivo incremento, specie a seguito dell’emergenza pandemica80.

L’euro digitale consentirà ai cittadini di utilizzare la moneta emessa dalla BCE come mezzo di pagamento, affiancando il contante, con i margini di sicurezza e fiducia propri della moneta garantita da un ente istituzionale. Per tale via, la moneta pubblica resta fulcro del sistema finanziario, ma viene ampliata la scelta degli strumenti in un contesto di integrazione con altri mezzi di pagamento forniti da operatori privati, a vantaggio di una diversificazione dell’offerta e della diffusione di servizi aggiuntivi a costi inferiori per i consumatori81.

In aggiunta, il progetto di euro digitale consentirebbe di effettuare pagamenti elettronici senza costi nell’Eurozona, nonché di rafforzare la privacy delle transazioni digitali non avendo la BCE (in quanto istituzione pubblica) alcun obiettivo di profitto connesso con la disponibilità di dati degli utenti che, tuttavia, potrebbero essere utilizzati (opportunamente crittografati) anche in chiave di compliance delle norme sul contrasto al riciclaggio del denaro e al finanziamento del terrorismo82.


6. Alcune considerazioni conclusive de iure condendo

Il fenomeno delle valute virtuali, quale che sia il percorso logico-argomentativo seguito, presenta dei lapalissiani profili di criticità in punto di inquadramento dogmatico e conseguentemente di individuazione della regolamentazione applicabile.

D’altronde, è assodato che i rischi connessi all’impiego di valute virtuali, specialmente quelle private, esistono e sono probabilmente più concreti e pressanti di quanto i fautori dell’innovazione tecnologica ritenessero, specie nel recente passato. A titolo meramente esemplificativo, si possono rammentare83: i) il rischio di impiego a fini di riciclaggio e autoriciclaggio, di finanziamento del terrorismo e di altre attività illecite84, certamente favorito dall’anonimato; ii) il rischio per l’utilizzatore di subire perdite o frodi, dovuto sia all’inesistenza di sistemi di garanzia analoghi a quelli previsti per i depositi bancari sia alla carenza di rimedi in caso di cyber-attacchi, di malfunzionamenti del network di scambio ovvero di smarrimento della password del portafoglio elettronico; rischio per vero in aumento incessante, più di recente, a causa degli episodi di hacking ai danni dei sistemi di gestione e dei portafogli di criptovalute85; iii) infine, in chiave prospettica e di maggiore diffusione delle criptovalute, il rischio di incidere negativamente sull’efficacia delle politiche monetarie oltreché sulla stabilità dei mercati finanziari.

Ebbene, alla luce di quanto precede, parrebbe auspicabile un intervento normativo che, a livello europeo e internazionale, disciplini i molteplici possibili impieghi delle monete virtuali, verosimilmente destinate a diffondersi in misura esponenziale nei prossimi anni, fermo restando tuttavia l’ulteriore nodo del livello di dettaglio che dovrebbe caratterizzare tali interventi regolatori. Più nello specifico potrebbe ipotizzarsi ad esempio, come già anticipato con riguardo alle valute virtuali private, che le stesse vengano assimilate sul piano giuridico alle monete complementari, stante la evidente affinità pratico/operativa con queste ultime. Intervento che, dall’angolo visuale del diritto italiano, risulterebbe oltretutto opportuno per ricondurre a coerenza il sistema privatistico che sembra reggersi su una nozione funzionale piuttosto che statalista di moneta. In secondo luogo, sarebbe nodale chiarire quale normativa sia applicabile nelle ipotesi in cui le criptovalute diano vita a prodotti finanziari, con particolare riguardo agli obblighi gravanti sull’exchanger, tenuto conto dell’esigenza di contemperare la tutela degli investitori con la libertà d’impresa.

Se si intende realmente contrastare le principali problematiche legate al fenomeno delle monete virtuali, in conclusione, la strada maestra da percorrere non può essere che quella di una regolamentazione più incisiva, che sia però finalizzata ad affrontare le principali criticità legate a tale manifestazione dell’innovazione finanziaria e che in tal modo eviti di irrigidire all’eccesso le maglie normative impedendo eventuali ulteriori margini di progresso e vantaggi per gli utenti. Solo per tale via, probabilmente, potrebbero superarsi finalmente incertezze ermeneutiche ed applicative che si pongono innanzi all’operatore del diritto e garantire al contempo lo sviluppo di nuove espressioni dell’innovazione tecnologica nell’ambito del cruciale settore dei mezzi e dei servizi di pagamento.


1 In generale, sul tema dell’innovazione tecnologica in ambito finanziario (FinTech), si rinvia, ex multis, M.T. Paracampo (a cura di), Fintech. Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico dei servizi finanziari, Torino, vol. 1, 2021, e vol. 2, 2019; F. Fimmanò - G. Falcone (a cura di), FinTech, Napoli, 2019, nonché alle indicazioni dottrinali ivi riportate; v. altresì P. Perlingieri, Mifid II. Innovazione finanziaria e rapporti con la clientela. Editoriale, in Dir. merc. assic. e finanz., 2019, 1, pp. 1 e ss., per un inquadramento ermeneutico del fenomeno dell’innovazione finanziaria alla luce dei principi costituzionali, in primis quello di tutela del risparmio. Specificamente, sul fenomeno Fintech nell’ambito dei servizi di pagamento v., tra gli altri, F. Ciraolo, La prestazione di servizi di pagamento nell’era FinTech e dell’Open Banking, in M.T. Paracampo (a cura di), Fintech, cit., vol. 2, pp. 217 e ss.; R. Bocchini, Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Il Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 2017, 1, pp. 27 e ss.; S. Capaccioli, Criptovalute e bitcoin: un’analisi giuridica, Milano, 2015, passim; M. Cian, La criptovaluta - Alle radici dell’idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, pp. 315 e ss.; G. Gasparri, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del Bitcoin: miraggio monetario crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema?, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2015, 3, pp. 415 e ss.; G. Lemme, S. Peluso, Criptomoneta e distacco dalla moneta legale: il caso bitcoin, in Rivista di diritto bancario, 2016, 11, pp. 1 e ss.; C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, Napoli, 2018, passim; G. Rinaldi, Approcci normativi e qualificazione giuridica delle criptomonete, in Contr. impr., 2019, 1, pp. 257 e ss.; N. Vardi, “Criptovalute” e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica dei bitcoin, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2015, 3, pp. 443 e ss.

2 Si segnalano qui in ordine cronologico, a partire dalla fine degli anni ‘20 del secolo scorso, ex multis: T. Ascarelli, La moneta, considerazioni di diritto privato, Padova, 1928, passim; L. Mosco, Gli effetti giuridici della svalutazione monetaria, Milano, 1948, passim; V. Lojacono, Aspetti privatistici del fenomeno monetario, Milano, 1955, passim; N. Distaso, Somma di denaro (debito di), in Noviss. dig. it., vol. XVII, Torino, 1970, pp. 867 e ss.; A. di Majo, voce Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, pp. 222 e ss.; E. Quadri, Principio nominalistico e disciplina dei rapporti monetari, Milano, 1979, passim; B. Inzitari, La moneta, in Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ. diretto da Galgano, vol. II, Padova, 1983, pp. 1 e ss.; M. Semeraro, Pagamento e forme di circolazione della moneta, Napoli, 2008, passim; C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, cit., passim.

3 Fondata, in sostanza, sulla teoria cartalista dell’economista tedesco G.F. Knapp, The State theory of money, Londra, 1924, p. 1, ove l’A. asserisce fin da subito la matrice di natura legale del denaro. In argomento, v. tra gli altri F.A. Mann, C. Proctor, Mann on the legal aspect of money, Oxford, 2005, p. 10.

4 È solo il caso di rammentare che il concetto di corso legale è differente quello di corso forzoso che attiene all’inconvertibilità della moneta nel bene cui si rapporta l’unità di misura monetaria (ad esempio, come avveniva in passato per l’oro), come attentamente osservato da P. De Vecchis, voce Moneta e carte valori, in Enc. giur. Treccani, vol. XX, Roma, 1990, pp. 1 e ss.

5 Ciò in conformità agli obiettivi stabiliti dall’ordinamento nazionale e sovranazionale. Così, Cass., sez. II, 2 dicembre 2011, n. 25837, in Contratti, 2012, 3, pp. 165 e ss.

6 Cfr. Aristotele, Etica nicomachea, Milano, 2000, V, p. 5.

7 È la tesi sostenuta anche da Krugman in P. Krugman, The International Role of the Dollar: Theory and Prospect, in J.F.O. Bilson, C. Marston (a cura di), Exchange Rate Theory and Practice, Chicago, 1985, p. 263.

8 J. Hicks, Critical essays in monetary theory, Oxford, 1967, p. 1, secondo cui «Money is what money does».

9 Il d.lgs. n. 90/2017 ha modificato il d.lgs. n. 231/2007 introducendo la lett. qq) dell’art. 1, co. 2, contenente la definizione di «valuta virtuale» e assoggettando agli obblighi antiriciclaggio una nuova categoria di operatori non finanziari, ossia i «prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale» (c.d. exchangers), limitatamente allo svolgimento dell’atti­vità di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso. La novella del 2017, inoltre, ha modificato il d.lgs. n. 141/2010 disponendo che i soggetti da ultimo individuati sono tenuti altresì all’iscri­zione in una sezione speciale del registro dei cambiavalute e a trasmettere le negoziazioni effettuate all’organismo che ne cura la gestione.

10 Questa definizione deriva da un report della Banca Centrale Europea del 2012 (cfr. BCE, Virtual currency schemes, 2012, reperibile su www.ecb.europa.eu, poi seguito da un ulteriore studio, ossia: BCE, Virtual currency schemes – a further analysis, 2015, reperibile su www.ecb.europa.eu) e di un parere dell’Autorità Bancaria Europea del 2014 (cfr. ABE, Opinion on ‘virtual currencies’, reperibile su www.eba.europa.eu) ed è stata impiegata in Italia per la prima volta dalla Banca d’Italia in una comunicazione del 2015 (cfr. Banca d’Italia, Comunicazione del 30 gennaio 2015 “Valute virtuali”, reperibile su www.bancaditalia.it), prima di essere sostanzialmente recepita dal legislatore interno nel 2017.

11 Cfr. Direttiva UE 2018/843, che è stata recepita nell’ordinamento italiano con il d.lgs. n. 125/2019, entrato in vigore a partire dal 10 novembre 2019. Il decreto, oltre a rimodulare il concetto di valuta virtuale (conducendolo alla sua formulazione attuale), ha esteso il campo di applicazione soggettivo della normativa antiriciclaggio, da un lato ampliando la nozione di exchanger, che attualmente comprende «ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da o in valute aventi corso legale ovvero in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute», dall’altro introducendo quale ulteriore categoria di operatore non finanziario quella dei «prestatori di servizi di portafoglio digitale» (wallet providers) alla quale appartengono le persone fisiche e giuridiche che forniscono professionalmente a terzi, anche online, unicamente servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali. L’intervento del 2019, inoltre, ha sancito che gli exchangers siano sottoposti agli obblighi antiriciclaggio con riguardo alla loro complessiva attività (e non più alla sola conversione di valute virtuali) e ha ulteriormente modificato il d.lgs. n. 141/2010 assoggettando anche i wallet providers all’obbligo di iscrizione nel registro dei cambiavalute e di trasmissione delle relative negoziazioni all’organismo preposto alla sua gestione. Da ultimo il Ministero dell’Economia e della Finanza, con decreto del 13 gennaio 2022, ha disciplinato le modalità e la tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono tenuti a comunicare la propria operatività sul territorio nazionale.

12 Cfr. Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali “, 2015, reperibile su www.bancaditalia.it.

13 Per moneta legale o di stato (fiat money) si intende ogni moneta fiduciaria emessa esclusivamente da un’autorità centrale (banconote, moneta metallica). Solo la moneta legale è garantita dalla legge, che ne regola l’emissione e le conferisce valore legale, sancendone l’efficacia liberatoria nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie. Alcuni concetti tradizionalmente usati per le monete a corso legale, come ad esempio quello di “portafoglio”, sono stati adattati anche al contesto delle monete virtuali; si parla infatti di “portafoglio digitale/elettronico” (e-wallet).

14 L’espressione si riferisce alla modalità attraverso la quale, in caso di consenso, può essere scambiata la criptovaluta, ovvero direttamente tra due dispositivi, senza necessità di intermediari. A tal proposito V. De Stasio, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, I, p. 747; A.M. Gambino, C. Bonprezzi, Blockchain e criptovalute, in G. Finocchiaro, V. Alce (a cura di), Fintech: diritti, concorrenza, regole, Bologna, 2019, pp. 270 e ss.; G.L. Greco, Valute virtuali e valute complementari, tra sviluppo tecnologico e incertezze regolamentari, in Rivista di diritto bancario, 2019, 3, p. 18; nonché, id., Nozione e problemi di regolazione di criptovalute e monete complementari, in M.T. Paracampo (a cura di), Fintech, cit., vol. 2, pp. 239 e ss.

15 Tali finalità si evincono chiaramente all’interno del paper pubblicato da parte del creatore del bitcoin sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto (cfr. S. Nakamoto, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2008, pp. 1 e ss., reperibile su www.bitcoin.org/bitcoin.pdf) pochi mesi prima dell’estrazione del primo blocco di bitcoin, noto come Genesis Block, avvenuta in data 3 gennaio 2009.

16 Evidenzia come il tanto asserito anonimato delle transazioni in bitcoin non possa considerarsi in realtà una certezza C. Pernice, Crittovalute e bitcoin: stato dell’arte e questioni ancora aperte, in F. Fimmanò, G. Falcone (a cura di), FinTech, Napoli, 2019, pp. 495 e ss.

17 In merito al funzionamento della tecnologia blockchain si rinvia a F. Sarzana, M. Nicotra, Diritto della Blockchain, intelligenza artificiale e IoT, Milano, 2019, pp. 18 e ss.

18 Cfr. Finma, Guida pratica per il trattamento delle richieste inerenti all’assoggettamento in riferimento alle initial coin offering (ICO), reperibile su www.finma.ch, che in seno alla macro-categoria del token distingue fra: payment token, quale sinonimo di criptovaluta; utility token, che offre accesso a un servizio digitale o conferisce altro vantaggio al titolare su o dietro utilizzo di un’infrastruttura blockchain; asset token, che rappresenta un diritto di credito ovvero un diritto sociale lato sensu partecipativo (e.g. diritto di voto) nei confronti dell’emittente. Per quanto concerne le finalità del presente lavoro, in punto di inquadramento giuridico delle diverse categorie di criptovalute, si ritiene possibile escludere la natura monetaria dei tokens di utilizzo e d’investimento. Sul punto, v. E. Rulli, Incorporazione senza res e dematerializzazione senza accentratore: appunti sui token, in Orizzonti del diritto commerciale, 2019, 1, pp. 121 e ss. Per una differente tripartizione fra token di prima, seconda e terza classe si veda C. Pernice, Crittovalute e bitcoin, cit., pp. 499 e s.

19 Cfr. BCE, Virtual Currency Schemes, 2012, cit., pp. 13 e ss.

20 Banca d’Italia, Fintech in Italia. Indagine conoscitiva sull’adozione delle innovazioni tecnologiche applicate ai servizi finanziari, dicembre 2017, pp. 30 e ss. In particolare, la convertibilità, totale o parziale, è stabilita nelle regole di funzionamento, incorporate nel sistema di elaborazione dati sotteso alla criptovaluta. In argomento, si v. altresì A. Wright, P. De Filippi, Decentralized Blockchain Technology and the Rise of Lex Cryptographia, in SSRN Electronic Journal, gennaio 2015, reperibile su https://papers.ssrn.com.

21 Cfr. FinCEN, Application of FinCEN’s Regulations to Persons Administering, Exchanging, or Using Virtual Currencies, reperibile su www.fincen.gov.

22 Cfr. C. Pernice, Criptovalute, tra legislazione vigente e diritto vivente, in Ianus - Diritto e finanza, 2020, 21, p. 45, la quale cita come esempi di criptovalute centralizzate Ripple, NEO e NEM.

23 A. Matteo, A. Carotenuto, Central Bank Digital Currency. Sfide e opportunità della nuova moneta digitale, in Digital Finance, 2021, p. 4.

24 Con riguardo agli stablecoins, cfr. A. Borroni, M. Seghesio, Bitcoin e blockchain: un’analisi comparatistica dalla nascita alla potenziale regolamentazione, in Ianus – Diritto e finanza, 2019, 19, pp. 294 e ss. e i richiami bibliografici ivi contenuti.

25 Cfr. Parlamento dell’Unione europea, Virtual currencies and central banks monetary policy: challanges ahead, Monetary Dialogue, luglio 2018, reperibile su www.europarl.europa.eu.

26 Cfr. ex multis C.M. Bianca, Diritto civile. L’obbligazione, Milano, 2019, p. 142.

27 Sia consentito il rinvio a E. Coraggio, Virtual currency tra difficoltà esegetiche e tentativi di inquadramento dogmatico in seguito al recepimento della Quinta Direttiva UE anti-money laundering, in Ianus – Diritto e finanza, 2020, 21, p. 108.

28 Numerosi sono gli autori che, adottando la teoria funzionale, escludono la riconducibilità delle valute virtuali al concetto di moneta sulla base del rilievo assorbente che l’estrema volatilità dei valori delle criptovalute, soggetti a continue e imprevedibili fluttuazioni, impedirebbe alle stesse di fungere vuoi da unità di conto vuoi da riserva di valore. In tal senso, cfr. V. De Stasio, op. cit., p. 756; G. Lemme, S. Peluso, op. cit., p. 39; M. Mancini, Valute virtuali e «Bitcoin», in Analisi Giuridica dell’Economia, 2015, 1, p. 125; R. Razzante, «Bitcoin» e monete digitali. Problematiche giuridiche, in Gnosis, 2014, 2, p. 113.

29 In tal senso con specifico riguardo al bitcoin cfr. ex multis: Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 72/E, 2 settembre 2016, reperibile su www.finaria.it/pdf/bitcoin-tasse-agenzia-entrate.pdf; R. Bocchini, op. cit., p. 30; M.F. Campagna, Criptomonete e obbligazioni pecuniarie, in Riv. dir. civ., 2019, 1, pp. 183 e ss.; C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, cit., p. 220; N. Vardi, op. cit., p. 448. Sottolinea in particolare C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, cit., pp. 270 e ss., che essendo il bitcoin una moneta complementare sarebbe giusto concludere che il contratto mediante il quale si scambiasse quest’ultimo contro beni e servizi sarebbe qualificabile in termini di vendita ex artt. 1470 e ss. c.c. e che l’obbligazione contratta in bitcoin sarebbe assoggettabile all’art. 1278 c.c. in tema di debiti di somme di monete non aventi corso legale. È appena il caso di osservare, tuttavia, che anche i fautori della natura monetaria delle valute virtuali ne escludono l’identificazione con la moneta elettronica, dovendosi infatti ritenere pacifica l’inapplicabilità ad esse ratione materiae della Direttiva 2009/110/CE (EMD2), come già in passato evidenziato dalla BCE, Virtual currency schemes, cit., 5, e come ribadito da ultimo dal considerando 10 della AMLD5.

30 Sul punto si segnalano alcune prime timide adesioni alla teoria in esame, in ambito tanto giurisprudenziale (cfr. Corte d’Appello di Brescia, 24 ottobre 2018, Decreto n. 270, in Riv. Not., 2018, 6, pp. 1286 e ss.) che arbitrale (cfr. Arbitro Unico Marcianise, 14 aprile 2018, Lodo arbitrale, in Gius. civ., con nota di M. Rubino De Ritis, Obbligazioni pecuniarie in criptomoneta). Per una argomentazione delle ragioni che consentirebbero al bitcoin di esercitare le tre funzioni tipiche della moneta cfr. C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, cit., p. 260.

31 L’espressione è di T. Ascarelli, Per uno studio della realtà giuridica effettuale, in Il diritto dell’economia, 1956, pp. 775 e ss.

32 E. Coraggio, op. cit., p. 109.

33 Cfr. ex multis CGUE, 11 aprile 2013, c. C-290/12, Oreste Della Rocca c. Poste Italiane SpA, punto 38, reperibile su www.curia.europa.eu.

34 Cfr. F. Fracchia, Legistica, AIR e VIR: tecnica legislativa, effetti invalidanti e diritti dei cittadini’, in Il diritto dell’economia, 2016, 1, p. 15.

35 In particolare, il considerando 11 individua le valute locali (o monete complementari) sulla base del loro impiego in ambiti molto ristretti, quali una città o una regione, e tra un numero limitato di utenti.

36 Cfr. art. 4, co. 1, n. 25, della Direttiva UE 2015/2366.

37 In tal senso, cfr. BCE, Virtual currency schemes – a further analysis, cit., p. 24, nota 55; nonché, evidenziando che il considerando 10 della Quinta Direttiva UE antiriciclaggio riflette le proprie conclusioni, cfr. ABE, Report on crypto-assets, 9 gennaio 2019, 5, nota 6. In dottrina, v. R. Bocchini, op. cit., p. 35, il quale con riguardo al sistema Bitcoin sottolinea che lo stesso astrattamente sarebbe ascrivibile alla nozione di strumento di pagamento – quale «dispositivo personalizzato e/o insieme di procedure concordate tra l’utente e il prestatore di servizi di pagamento e di cui l’utente di servizi di pagamento si avvale per impartire un ordine di pagamento» – di cui alla normativa in materia di payment services, salvo poi l’impossibilità di applicarla in forza della «interpretazione corrente […] che ne limita la portata ai soli pagamenti denominati in moneta legale».

38 Comprensibile, ancorché fondamentalmente ultronea, viceversa, è l’esclusione del fenomeno cripto-monetario da quello della valuta (rectius della moneta avente corso legale), giacché in assenza di un espresso riconoscimento normativo è evidente che le criptovalute risultino sprovviste di legal tender.

39 Si badi, infatti, che il denaro è considerato dalla dottrina tradizionale pur sempre una species di bene giuridico: cfr. C.M. Bianca, Diritto civile, L’obbligazione, Milano, 2019, p. 145. Contra M. Semeraro, op. cit., passim, secondo cui il denaro si risolverebbe nella pura disciplina di un potere economico.

40 Cfr. P.L. Burlone, R. De Caria, Bitcoin e le altre criptomonete. Inquadramento giuridico e fiscale, in IBL Focus 234, 2014, p. 4; M. Krogh, L’aumento di capitale nelle S.r.l. con conferimento di criptovalute, in Notariato, 2018, 6, p. 668; Trib. Firenze, 21 gennaio 2019, n. 18, reperibile su www.quotidianogiuridico.it; TAR Lazio, 27 gennaio 2020, n. 1077, reperibile su DeJure.

41 In tal senso, cfr. A. Lodi, Le criptovalute, in Gius. civ., 9 ottobre 2014, reperibile su www.giustiziacivile.com; Gasparri, op. cit., p. 429. Per il principio di tipicità che governerebbe i beni giuridici immateriali si vedano: M. Costantino, I beni in generale, in Tratt. dir. priv. Rescigno, vol. VII, Torino, 1982, 13; V. Zeno-Zencovich, Cosa, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1989, p. 460.

42 Sostenuto da Trib. Verona, 24 gennaio 2017, n. 195, in Banca borsa tit. cred., 2017, 4, pp. 467 e ss., con nota di M. Passaretta, Bitcoin: il leading case italiano.

43 In particolare, l’art. 1, co. 2, t.u.f., rinvia all’Allegato I, Sezione C nel quale vengono menzionati ex multis: valori mobiliari (e.g. azioni e obbligazioni), strumenti del mercato monetario (e.g. BOT e cambiali finanziarie), quote di un organismo di investimento collettivo e strumenti finanziari derivati (e.g. futures, swaps, options).

44 Cfr. E. Girino, Criptovalute: un problema di legalità funzionale, in Rivista di diritto bancario, 2018, 10, p. 21. Sembrerebbe accogliere tale qualificazione Cass. Sez. pen., 2 ottobre 2020 n. 26807, reperibile in DeJure, che si è pronunciata in tema di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria ex artt. 166 e ss. t.u.f. La Cassazione ha affermato, in particolare, che le criptovalute, quando vengono vendute su internet e pubblicizzate come vere e proprie forme di investimento, rientrano nell’ambito di applicazione degli artt. 91 e ss. t.u.f. e sono, quindi, soggette agli obblighi di pubblicazione del prospetto e di comunicazione alla Consob della loro offerta al pubblico.

45 Trattasi di requisiti costantemente affermati dalla Consob. In particolare, cfr. Consob, Delibera n. 13423 del 22 gennaio 2002 – Divieto dell’attività di sollecitazione all’investimento avente ad oggetto certificati di associazione in partecipazione, posta in essere dalla Smallxchange.com Ltd. e dalla Smallxchange.com Italia s.r.l.; Consob, Delibera n. 14110 del 3 giugno 2003 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 58/1998 dell’attività di sollecitazione all’investimento effettuata dalla Four Shakespeare Company ltd e dallo Studio Amministrazioni Immobiliari Dipa avente ad oggetto quote di partecipazione al capitale della medesima Four Shakespeare Company Ltd.; Consob, Delibera n. 14347 del 10 dicembre 2003 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 58/1998 dell’attività di sollecitazione all’investimento effettuata dalla Diamond s.p.a. e avente ad oggetto «contratti di affidamento diamanti»; Consob, Delibera n. 14422 del 13 febbraio 2004 – Sospensione cautelare, per un periodo di novanta giorni, della sollecitazione all’investimento avente ad oggetto la moneta “Dhana”, effettuata dalla Avatar spa. In tal senso si veda anche Cass., sez. II, 5 febbraio 2013, n. 2736, in Contratti, 2013, 12, pp. 1105 e ss., con nota di F. Savasta, Natura finanziaria dei diamanti e ruolo della Consob.

46 G. Arangüena, Bitcoin: una sfida per policymakers e regolatori, in Diritto mercato tecnologia, 2014, 1, p. 30, che individua quella del documento informatico come una delle due possibili ricostruzioni del fenomeno in esame, unitamente a quella del bene giuridico ex art. 810 c.c.

47 Parla non a caso di «natura poliedrica e cangiante» delle criptovalute C. Pernice, Crittovalute e bitcoin, cit., p. 540.

48 Cfr. S. Patti, La tutela civile dell’ambiente, Padova, 1979, pp. 147 e ss.

49 Per i relativi riferimenti si veda supra, nota 43.

50 Resta salva, beninteso, l’applicazione della normativa anty-money laundering che espressamente si riferisce all’impiego di valute virtuali, e in particolare si considerino gli obblighi gravanti sugli exchangers e sui wallet providers – di cui al Titolo II del d.lgs. 231/2007 – in tema di adeguata verifica della clientela, conservazione dei dati, segnalazione di operazioni sospette ed astensione dall’instaurare, eseguire o proseguire il rapporto e/o la prestazione professionale in caso di impossibilità oggettiva di procedere all’adeguata verifica. Con riguardo poi alle considerazioni che seguono, relative alla disciplina privatistica applicabile ad alcune fondamentali operazioni negoziali in criptovalute, si v. altresì E. Coraggio, op. cit., pp. 113 e ss.

51 In tal senso AGCM, Provvedimento n. 26708, in Bollettino settimanale 31/2017, pp. 154 e ss., reperibile su www.agcm.it/dotcmsDOC/bollettini/31-17.pdf, che ha deliberato che la società One Life Network LTD – promuovendo con l’ausilio di altri professionisti l’acquisto della criptovaluta OneCoin e di pacchetti di formazione in abbinamento – ha posto in essere una pratica commerciale scorretta sotto il profilo delle informazioni fornite ai consumatori circa le caratteristiche del prodotto e del suo sistema di vendita con caratteristiche piramidali.

52 Circostanza che potrebbe verificarsi e.g. ove all’acquisto di criptovalute dietro corrispettivo in denaro sia contestuale l’assunzione di obblighi di rendimento da parte dell’alienante.

53 Sul punto, cfr. P. Carrière, Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”, “valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione, in Rivista di diritto bancario, 2019, 2, p. 44, secondo cui le considerazioni che seguono varrebbero sia che il gestore della piattaforma sia qualificabile in termini di emittente che di mero intermediario.

54 Cfr. artt. 94 e ss. t.u.f.

55 Questa conclusione trova il conforto dell’orientamento costante della Consob, che in numerose occasioni ha avuto modo di predicare l’applicabilità della normativa in tema di offerta al pubblico di prodotti finanziari con riguardo alle criptovalute e più in generale ai crypto-assets. Sul punto si vedano: Consob, Delibera n. 19866 del 1° febbraio 2017 – Sospensione, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata tramite il sito internet www.coinspace1.com relativa all’offerta al pubblico promossa dalla Coinspace Ltd. avente ad oggetto “pacchetti di estrazione di criptovalute”; Consob, Delibera n. 19968 del 20 aprile 2017 – Divieto, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. c), del d.lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata tramite il sito internet www.coinspace1.com relativa all’offerta al pubblico promossa dalla Coinspace Ltd. avente ad oggetto “pacchetti di estrazione di criptovalute”; Consob, Delibera n. 20660 del 31 ottobre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token TGA”, effettuata da Togacoin Ltd. anche tramite il sito internet https://togacoin.com; Consob, Delibera n. 20693 del 14 novembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto la moneta digitale denominata “Crypton”; Consob, Delibera n. 20694 del 14 novembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata dal sig. Alessandro Brizzi tramite la propria pagina facebook relativa all’offerta al pubblico correlata all’acquisto della moneta digitale denominata “Crypton”; Consob, Delibera n. 20741 del 12 dicembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook “Bitsurge Token”; Consob, Delibera n. 20786 del 22 gennaio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token TGA”, effettuata da Togacoin Ltd. anche tramite il sito internet https://togacoin.com; Consob, Delibera n. 20814 del 14 febbraio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria promossa dalla Cryptoforce Ltd.; Consob, Delibera n. 20815 del 14 febbraio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. c), del d.lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata dal sig. Alessandro Brizzi tramite la propria pagina facebook relativa all’offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria promossa da Cryptoforce Ltd.; Consob, Delibera n. 20844 del 13 marzo 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i “certificati Green Earth” promossa sulla pagina facebook Progetto Crypto Green Earth”; Consob, Delibera n. 20845 del 13 marzo 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook Bitsurge Token”; Consob, Delibera n. 20843 del 13 marzo 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia effettuata anche tramite il sito internet www.wachsendewerte.at/it ed avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria; Consob, Delibera n. 20929 dell’8 maggio 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Token ECB I” e “Token ECB S”, effettuata da Forgues Gestion s.a.s. anche tramite il sito internet www.europeancryptobank.io; Consob, Delibera n. 20944 del 29 maggio 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Liracoin”, effettuata da “Liracoin – DAMO” anche tramite i siti https://liracoin.club, www.liracoin.com e www.licex.io; Consob, Delibera n. 21023 del 31 luglio 2019 - Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico italiano avente ad oggetto “Token ECB I” e “Token ECB S”, effettuata da Forgues Gestion s.a.s. anche tramite il sito internet www.europeancryptobank.io; Consob, Delibera n. 21024 del 31 luglio 2019 - Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Liracoin”, effettuata da “Liracoin – Damo” anche tramite i siti https://liracoin.club, www.liracoin.com e www.licex.io.

56 In tal senso parrebbe orientata anche la Consob in quattro delibere del 2 maggio 2019, e precisamente cfr.: Consob, Delibera n. 20907 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998 (“TUF”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del TUF posta in essere da Elmond Enterprise Ltd. e Fukazawa Partnership OÜ tramite il sito internet https://cryptokartal.com/; Consob, Delibera n. 20908 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998 (“TUF”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del TUF posta in essere dalla “Bitcoin Revolution” tramite il sito internet https://www.bitcoin-revolution.eu/; Consob, Delibera n. 20909 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998 (“TUF”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del TUF posta in essere dalla “BitCoin Code” tramite il sito internet https://bitcoin-code.eu; Consob, Delibera n. 20910 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998 (“TUF”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del TUF posta in essere dalla “The-Bitcoin Codes” tramite la pagina web http://it.thebitcoinscodes.com/?TrackingID=769&ClickID=1024e37479bbedf8bc7def95e88c2d&SubCampaignID=1160.

57 Cfr. artt. 67-bis e ss. del d.lgs. n. 206/2005.

58 Il tema è al centro del dibattito sulle esigenze di regolazione delle criptovalute e sulle implicazioni concrete delle sinergie tra valute digitali e monete legali. Sul punto, v. Financial Stability Board, Financial Stability Implications from FinTech. Supervisory and Regulatory Issues that Merit Authorithies’ Attention, 27 giugno 2017; nonché L. Scipione, Le valute digitali sovrane tra stabilità e concorrenza. Perno di un nuovo sistema finanziario globale o inganno demagogico?, in Innovazione e diritto, 3, 2019, p. 13; A. Rombiolo, Central Bank Digital Currency, profili definitori e applicativi, in Annali del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli, 2022 (in corso di pubblicazione).

59 Le criptovalute, sulla base della loro progettazione, si basano su formule e algoritmi (alcuni dei quali includono un limite di liquidità) che non sono in grado di gestire le richieste quotidiane di liquidità dell’emittente.

60 N. Vardi, op. cit., pp. 446 e ss.; L. D’Agostino, Operazioni di emissione, cambio e trasferimento di criptovaluta: considerazioni sui profili di esercizio (abusivo) di attività finanziaria a seguito dell’emanazione del d.lgs. 90/2017, in Rivista di diritto bancario, 2018, 1, pp. 6 e ss.

61 Cfr. ABE, Report with advice for the European Commission on Crypto-Asset, 9 gennaio 2019, p. 9, reperibile su www.eba.europa.eu. Alcuni Stati, in particolare, hanno emesso o sono intenzionati a emettere valute digitali per i pagamenti al dettaglio, anche se queste non possono ritenersi a tutti gli effetti CBDC in quanto non emesse da banche centrali; le isole Marshall hanno discusso il lancio del SOV, un crypto-asset che avrà corso legale insieme al dollaro USA, con l’intenzione di raccogliere i fondi per il governo; il Venezuela ha progettato il “Petro”, un community-backed crypto-asset.

62 Cfr. M. Raskin, D. Yermack, Digital Currencies, Decentralized Ledgers, and the Future of Central Banking, NBER Working Paper n. 22238, 2016, reperibile su www.nber.org/papers/w22238. Sebbene la rivoluzione digitale stia concretamente insinuandosi negli aggregati monetari, in una recente analisi, la BCE (cfr. BCE, Focus Group on Digital Currency including Digital Fiat Currency, ITU, 3, dicembre 2017), ha dichiarato che «non considera le cosiddette monete virtuali una vera forma di moneta così come definita nella letteratura economica».

63 In argomento, amplius, L. Scipione, op. cit., pp. 3 e ss.

64 Per quanto concerne le implicazioni di policy legate all’introduzione di nuove forme di moneta digitale sovrana, rispetto ai profili di anonimato, pseudoanonimato e trasparenza, cfr. B. Dyson, G. Hodgson, Digital Cash: Why Central Banks Should Start Issuing Electronic Money, in Positive Money, 2017, passim; B. Fung, H. Halaburda, Central Bank Digital Currencies: A Framework for Assesing Why and How, Bank of Canada Staff Discussion Paper n. 22, 2016, passim.

65 Cfr. J. Meaning, B. Dyson, J. Barker, E. Clayton, Broadening narrow money: monetary policy with a central bank digital currency, Staff Working Paper n. 724, Bank of England, 2018, reperibile su https://bankofengland.co.uk.

66 Sul punto, v. T. Favaro, La valuta digitale della banca centrale tra funzione monetaria e tutela del risparmio, in Riv. trim. dir. econ., 2020, 2, p. 353.

67 A. Matteo, A. Carotenuto, op. cit., p. 15.

68 L. Scipione, op. cit., p. 33.

69 È possibile utilizzare due macrocategorie di tecnologia distribuita: i) account based; ii) token based, come evidenziano anche M. Raskin, D. Raskin, op. cit., ibidem.

70 S. Scorer, Central Bank Digital Currency: DLT or not DLT? That is the Question, 5 giugno 2017, reperibile su https://bankunderground.co.uk.

71 Allo stato il contante è l’unica moneta emessa dalle banche centrali accessibile a chiunque, mentre le riserve (altra forma di moneta elettronica) sono scambiate in modo centralizzato solo con le banche commerciali e le altre istituzioni a ciò deputate (attraverso conti aperti presso la banca centrale), quindi i singoli possono accedere a tali fondi digitali solo per il tramite di intermediari. Sul punto. v. G. Barbaresco, Banche senza mercato o mercato senza Banche?, in P. Alessandrini, G. Barbaresco, M. Fratianni, P. Savona (a cura di), Rapporto sulla tutela del risparmio finanziario in Italia, 2017, pp. 61 e ss.; L. Scipione, op. cit., p. 5.

72 In particolare, «in alcune economie avanzate, la netta riduzione del contante spinge allo studio delle valute digitali quale sistema di pagamento alternativo, solido e conveniente», come conferma uno studio del Fondo Monetario Internazionale: T. Mancini-Griffoli, M. Soledad Martinez Peria, I. Agur, A. Ari, J. Kiff, A. Popescu, C. Rochon, Casting Lights in Central Bank Digital Currency, IMF, Staff Discussion Note, novembre 2018, reperibile su www.imf.org.it, ove si sottolineano le opportunità in termini di riduzione dei costi e di efficienza nell’implementazione della politica monetaria.

73 Parla di potenziale rivoluzione delle usuali relazioni tra banca centrale e banche commerciali, ma soprattutto tra la prima e i soggetti privati (famiglie e imprese), T. Favaro, op. cit., p. 352.

74 Cfr. D. He, R. Leckow, V. Haksar, T. Mancini-Griffoli, N. Jenkinson, M. Kashima, T. Khiaonarong, C. Rochon, H. Tourpe, Fintech and Financial Services: Initial Considerations, in International Monetary Fund, 2017, pp. 26 e ss.; F. Panetta, 21st Century Cash: Central Banking, technological innovation and digital currencies, Milano, 7 giugno 2018, p. 4. L’apertura di conti di deposito presso le banche centrali e il conseguente possesso in forma digitale di passività delle stesse consentirebbe ai clienti di annullare il rischio di credito connesso alle passività delle banche commerciali, il che rappresenta uno degli esiti di più accentuata innovatività dell’emissione di CBDC, secondo M. Bech, R. Garratt, Criptovalute delle banche centrali, in Rassegna trimestrale BRI, 2017, p. 10.

75 Sulle reti permissionless pubbliche, che sono controllate in maniera decentralizzata, la privacy delle persone rappresenta un valore centrale, mentre quando si parla di reti sotto controllo statale ogni diritto alla privacy può essere messo in discussione. Sul punto, v. A. Rombiolo, op. cit.

76 M. Bozina Beros, Sovereign digital currencies: Central banking of the future or echoes from the past?, in Ianus – Diritto e Finanza, 2019, 19, pp. 334 e ss.

77 Sull’argomento v. Bank of International Settlement, Distributed Ledger Technology in payment, clearing and settlement. An Analytical Framework, 2017, pp. 2 e ss.

78 T. Adrian, T. Mancini-Griffoli, The Rise of Digital Money, in Fintech Notes, IMF, luglio 2019, p. 6; M. Bordo, T. Levin, Central Bank Digital Currency and the future of monetary policy, Economic Working Paper n. 17104, Hoover Institution, agosto 2017, passim.

79 Intervento di Fabio Panetta del 5 novembre 2021 presso l’Istituto Reale Elcano, Madrid.

80 BCE, Le valute digitali delle banche centrali: un’àncora monetaria per l’innovazione digitale, 2021, reperibile su www.ecb.europa.eu.

81 C. Buzzacchi, Risparmio, Credito e Moneta tra art. 47 Cost. e funzioni della Banca Centrale Europea: beni costituzionali che intersecano l’ordinamento della Repubblica e l’ordinamento dell’Unione, in Costituzionalismo.it, 2016, 2, pp. 39 e ss.

82 Cfr. Banca d’Italia, Sorveglianza sui mercati e sul sistema dei pagamenti, 2020, reperibile su www.bancaditalia.it.

83 Cfr. Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali, 30 gennaio 2015, reperibile su www.bancaditalia.it.

84 Significativa è l’analisi del rapporto fra criminalità organizzata e criptovalute effettuata in N. Gratteri, A. Nicaso, La rete degli invisibili, Milano, 2019, pp. 68 e ss.

85 Si vedano i dati riportati da V. Carlini, Criptopirati, è boom di furti. Nel 2022 sottratti oltre 3 miliardi di dollari, in Il Sole 24 Ore+.com, 22 ottobre 2022; situazione che attesta con evidenza come tra le altre esigenze di regolazione del fenomeno vi sia anche quella relativa agli standard di sicurezza del comparto.