Scritto da Michele Petrucci • set 2021
Il diritto di abitazione può determinare, sovente, situazioni di conflittualità in ordine anche alla difficoltà di essere rilevato. Il provvedimento di assegnazione della casa familiare costituisce in capo all’assegnatario un diritto personale di godimento e non un diritto reale: questo è un punto nodale anche in ordine alle difficoltà di rilevamento. In questo lavoro, si analizzano alcuni profili che riguardano la sua circolazione e pignorabilità, nonché la posizione del coniuge superstite che diviene titolare del diritto di abitazione ex lege nei confronti del terzo avente causa dall’erede apparente. Si esamina, in particolare, l’opponibilità del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare trascritto al creditore ipotecario anteriore e la opponibilità di tale provvedimento al terzo acquirente nel caso in cui venga reso prima dell’acquisto.
The right of housing can often determine situations of conflict with regard to the difficulty of being ascertained. The provision for the assignment of the family home constitutes a personal right of enjoyment for the assignee and not a property right: this is also a crucial point in relation to the difficulties of ascertaining. In this paper, we analyze some profiles concerning its circulation and distraint, as well as the position of the surviving spouse who becomes the holder of the right of residence ex lege against the third-party assignee from the apparent heir. It examines, in particular, the enforceability of the judicial provision for the assignment of the family home transcribed to the previous mortgage lender and the enforceability of this provision to the third-party purchaser in the event that it is issued before the purchase.
1.
La Circolare n. 118 del 7 giugno del 2000 del Ministero delle Finanze1 chiarisce, in particolare, che il diritto reale di abitazione spettante al coniuge superstite ai sensi dell’art. 540 del Codice civile è assimilabile a quello che deriva dal provvedimento del tribunale di assegnazione della casa coniugale al coniuge divorziato, separando o separato consensualmente o giudizialmente.
La natura di diritto reale del diritto di abitazione ai fini della opponibilità ai terzi, in linea generale, rinvia alle norme in tema di trascrizione dei diritti reali ma, nella pratica, accade sovente che in questi casi e specialmente nel caso di acquisizione ex art. 540 c.c. tale diritto non sia trascritto.
La puntuale indagine notarile volta alla rilevazione di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a mezzo delle rituali visure ipocatastali sull’immobile oggetto di atto notarile potrebbe, dunque, non evidenziare la sussistenza di questo diritto parziario. Ma, per quanto sopra, in difetto di trascrizione la sussistenza del gravame ex art. 540 c.c. sul cespite oggetto della indagine non si può escludere.
Come si vedrà, la mancata trascrizione del diritto di abitazione nei casi in discorso non esclude automaticamente la opponibilità dello stesso ai terzi aventi causa.
La rilevazione del Notaio dovrebbe estendersi all’interlocuzione con la parte venditrice tesa a connotare la situazione familiare, corroborata da ulteriori elementi cognitivi derivanti da approfondite indagini anagrafiche.
Nel caso di provvedimento di assegnazione reso nel contesto della crisi della famiglia, la S.C. ha precisato che l’assegnazione della casa costituisce in capo all’assegnatario un diritto personale di godimento e non un diritto reale (Cass. n. 1744/2018; Cass. n. 17843/2016) ed ha proseguito chiarendo che “se la casa viene alienata dopo l’assegnazione il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero – ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto – anche oltre i nove anni (v. Cass. n. 15367 del 22/07/2015)”.
La notevole compressione che deriva alla proprietà nel caso di assegnazione della casa familiare, per quanto precede, rende ancora più cogente l’esigenza di rilevare il diritto di abitazione acquisto in virtù di provvedimento dell’A.G. nel caso di crisi della famiglia su di un cespite oggetto di compravendita.
In tal caso l’indagine tesa ad appurare la condizione pregiudizievole risulterebbe ancora più gravosa perché dovrebbe tendere a verificare l’eventuale esistenza di provvedimenti di assegnazione del cespite resi dall’A.G. nell’ambito di giudizi pendenti o definiti ad oggetto la separazione personale di coniugi nei quali eventualmente è parte il dante causa.
La problematica che si profila non è di poco conto se si pensa al caso – non infrequente – in cui, con esercizio di mala fede, tale gravame potrebbe venire occultato dal venditore o per qualsivoglia motivo non venire in rilievo all’esito delle indagini notarili.
Si è cercato di metter in evidenza, senza pretesa di generale trattazione, alcuni profili giuridici che ineriscono l’esercizio del diritto di abitazione.
2.
La ratio del divieto, sancito dall’art. 1024 c.c., che non consente all’habitator lo sfruttamento economico del bene e vieta espressamente la possibilità di cederlo o darlo in locazione, è strettamente connessa all’importanza che gli aspetti soggettivi rivestono nell’esercizio del diritto di abitazione.
Tale norma tutela, innanzitutto, il proprietario da condotte invasive dell’habitator che travalichino i limiti delle esigenze sue e della sua famiglia.
Come si vedrà, la norma in commento appresta anche una tutela di interessi pubblici connessi alla tipicità dei diritti reali.
Il diritto di abitazione ha un contenuto e una disciplina tipica e il divieto di cessione conserva un profilo che rinvia anche alla tradizione romanistica2 secondo la quale nell’esercizio del diritto di uso e del diritto di abitazione habitator neque veniri neque locari potest.
È discusso se al divieto espresso dall’art. 1024 c.c. si possa derogare per volontà delle parti.
Va osservato che il divieto di cessione del diritto di abitazione già era previsto nel Codice del 1865 all’art. 528: “i diritti d’uso e di abitazione non si possono cedere né affittare”.
Già allora, la dottrina riteneva che essendo tale divieto posto nell’interesse privato fosse suscettibile di deroga nell’atto costituivo.3
Ancora oggi parte della dottrina, sul rilievo di analoghe considerazioni, ritiene che il divieto di alienazione sia derogabile in sede di costituzione.
A partire dagli anni ’60 del secolo XX, anche la giurisprudenza ha mostrato apertura ammettendo la derogabilità del divieto di cui all’art. 1024 c.c., generalmente in riferimento al diritto d’uso, in quanto non posto a presidio di esigenze di ordine pubblicistico, bensì posto a tutela di interessi di natura privatistica.4
La tutela di istanze privatistiche sarebbe giustificata da ragioni storiche ed economiche perché tale diritto generalmente tutelava un soggetto giuridico che versava in stato di bisogno ed era legato da rapporti con il titolare del diritto di proprietà. Questo profilo conferiva carattere alimentare alla tutela apprestata a favore di uno soggetto specifico, dunque, infungibile.
La possibile derogabilità al divieto di cui all’art. 1024 c.c., va indagata a partire dalla natura disponibile degli interessi in gioco e su tale premessa apparirebbe accettabile la circolazione del diritto qualora il proprietario dell’immobile gravato acconsentisse ad un patto di futura cedibilità.
Tale posizione viene confermata anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale il divieto di cessione dei diritti di uso e di abitazione di cui all’art. 1024 c.c. è derogabile in quanto non è di ordine pubblico e pertanto può essere assoggettato a deroga ove espressamente convenuta tra il proprietario (costituente) e l’usuario.5
Secondo i Supremi Giudici, la deroga al divieto di cui all’art. 1024 deve essere “espressamente” prevista nell’atto di costituzione del diritto e tale previsione diviene la premessa necessaria ai fini della liceità di un successivo atto di trasferimento del diritto.
Parte della dottrina nega la possibilità di cessione e di locazione del diritto di abitazione essendo il suo contenuto funzionalmente connesso alle esigenze del titolare e della sua famiglia le ritrae e, pertanto, se si ammettesse l’ipotesi di cedibilità del diritto, si dovrebbe accettare che non verrebbe preservato il suo contenuto originale che muterebbe in ragione di esigenze riferite ad altro habitator.
Per questa via, si perverrebbe al riconoscimento di un diritto suscettibile di mutare anche in funzione della mutata soggettività del titolare.
Anche nel caso in cui si voglia ammettere la sussistenza di un patto con il quale il proprietario acconsenta al trasferimento di tale diritto, lo stesso si riconfigurerebbe nel suo contenuto in funzione di esigenze non riconducibili a quelle del primo titolare e, pertanto, si discosterebbe dal tipico diritto di abitazione la cui elasticità attiene unicamente alla mutevolezza delle esigenze del soggetto in favore del quale è stato costituito.
Si realizzerebbe, così, un netto contrasto con il principio della tipicità e del numerus clausus dei diritti reali.
Lo studio circa la possibile derogabilità del divieto di cui all’art. 1024 c.c. non può prescindere da questi rilievi.
In primis, si osservi che l’art. 2814 c.c. prevede espressamente la facoltà dell’usufruttuario di rinunciare al diritto; dunque, un eventuale atto unilaterale abdicativo dell’usufruttuario comporterebbe l’effetto espansivo della nuda proprietà.
Il rinvio alla disciplina dell’usufrutto che l’art. 1026 c.c. opera per quanto concerne i diritti di uso e di abitazione, comporta che anche tali diritti si ritengono pacificamente rinunziabili.
Ne discende che, se l’habitator rinunzia alla titolarità del suo diritto sull’immobile, può ben configurarsi un atto di compravendita della piena proprietà del cespite – gravato fino alla rinunzia, a patto che si costituiscano nell’atto anche il nudo proprietario e l’abitatore con il quale si trasferisce all’avente causa la proprietà del cespite attesa la preventiva rinuncia dell’habitator.
Sempre nella ipotesi di intervento congiunto anche del proprietario e dell’habitator, analogamente deve ritenersi legittimo l’atto con il quale l’abitazione venga acquistata da un altro soggetto, qualora vi partecipino, in via congiunta, proprietario e titolare del diritto di abitazione, potendosi l’atto stesso configurare come costituzione da parte del proprietario di un nuovo diritto di abitazione a favore del terzo, e contestuale implicita rinuncia a quello proprio, da parte dell’attuale habitator.6
Invero, è pacifica la possibilità di trasferimento, ciascuno per i propri diritti, di usufrutto e superficie laddove l’usufruttuario ed il nudo proprietario e il superficiario ed il proprietario trasferiscono ciascuno il proprio diritto allo stesso soggetto contro il corrispettivo di un prezzo.
Su tali premesse il citato studio CNN indaga la possibilità da parte del proprietario e dell’habitator di porre in essere un atto volto al trasferimento congiunto della proprietà e dell’abitazione.
Lo schema negoziale fondato sull’intervento congiunto nell’atto di compravendita del proprietario e dell’habitator e sulla rinuncia di quest’ultimo al diritto di abitazione non lede i diritti del proprietario che presta il suo consenso all’atto di disposizione né si connota in rapporto stridente con il principio del numerus clausus dei diritti reali, in quanto l’acquirente non acquista il preesistente diritto di abitazione, che comporterebbe la inammissibile mutazione del suo contenuto, ma acquista la piena proprietà dell’immobile privo di gravami.
Tali valutazioni, se condivise, implicano la ammissibilità dello schema negoziale nel quale proprietario e habitator attuano un trasferimento congiunto al terzo avente causa della proprietà e della abitazione.
Infatti, anche in tale fattispecie non si ledono i diritti del proprietario e si realizza una nuova costituzione del diritto di abitazione consolidato alla proprietà.
Si è osservato che se la rinunzia fosse a titolo oneroso nei confronti del proprietario gravato, si risolverebbe nella alienazione di un diritto riconducibile, in funzione della natura del corrispettivo, a schemi negoziali in netto contrasto con il divieto di cui all’art. 1024 c.c.7
Diversamente, si è argomentato che quando il beneficiario dell’alienazione del diritto di abitazione è il proprietario, non sussistono esigenze di tutela in suo favore connesse al mutamento del contenuto del diritto o riguardanti la persona che acquisisce il diritto. In particolare, la conseguenza dell’alienazione sarebbe l’estinzione del diritto di abitazione “per confusione”. Tuttavia, non sembra che vi siano Autori che condividano tale tesi, né si segnalano pronunce della S.C. che vi aderiscano e, anche in questa fattispecie, resta in piedi il divieto, genericamente espresso, contenuto nell’art. 1024 c.c; la genericità viene espressamente riferita all’espressione usata dal legislatore, che non distingue in funzione del soggetto acquirente.8
3.
Merita una breve analisi la questione della pignorabilità del diritto di abitazione.
Dato che il diritto di abitazione è assoggettato al divieto di alienazione ex art. 1024 c.c., non presente nel novero dei beni capaci di ipoteca di cui all’art. 2810 c.c., ritenuto tassativo, né l’ipotecabilità di tale diritto è prevista da leggi speciali, si ritiene che non sia autonomamente ipotecabile.
Come si è visto, la sua intrasferibilità va posta in connessione con la conservazione della identità del suo contenuto, la cui mutazione sarebbe inconciliabile con la sua circolazione, e sul rilievo della medesima argomentazione si può ulteriormente giustificare l’esclusione della sua assoggettabilità ad ipoteca.
In sintesi, la indisponibilità del diritto da parte del suo titolare sancita dall’art. 1024 c.c. insieme alla sua non ipotecabilità di cui all’art. 2810 c.c. si colloca in una cornice di assoluta impossibilità di circolazione autonoma del diritto reale per atto del suo titolare e/o dei suoi aventi causa (i creditori).9
Il diritto di abitazione è, dunque, insuscettibile di autonoma espropriazione, mentre la proprietà gravata o meno del diritto di abitazione è sempre suscettibile di espropriazione forzata.
4.
Come richiamato in premessa, la Circolare del Ministero delle Finanze n. 118/E del 7 giugno del 2000, inserisce il titolare del diritto di abitazione nel novero dei soggetti passivi tenuti al versamento dell’ICI e puntualizza che tra i diritti reali rientra, se effettivamente esercitato, il diritto reale di abitazione spettante al coniuge superstite ai sensi dell’art. 540 del codice civile; è assimilabile a tale diritto quello che spetta: al coniuge divorziato, separando o separato consensualmente o giudizialmente sulla casa ex residenza coniugale, assegnata con provvedimento del Tribunale; al socio della cooperativa edilizia, non a proprietà indivisa, sull’alloggio assegnatogli, ancorché in via provvisoria; all’assegnatario dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica concessogli in locazione con patto di futura vendita e riscatto.
La struttura del diritto di abitazione prevista dall’art. 540 c.c. viene chiarita e puntualizzata dalla S.C. che, a Sezioni Unite, ha statuito i seguenti principi di diritto: “nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall’art. 540 c.c., comma 2; il valore capitale tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato”.10
La previsione di cui all’art. 540 c.c. è un’ipotesi di costituzione legale del diritto di abitazione, assimilabile per contenuto ma diverso per modo di acquisto.
Immediata implicazione della qualificazione operata dalla S.C. consiste nell’acquisto automatico del diritto da parte del coniuge superstite all’atto dell’apertura della successione.
Nella pratica si verifica sovente che il diritto di abitazione acquisito ex lege sulla casa coniugale non viene trascritto.
Il diritto così acquisito, anche se non trascritto immediatamente, può essere opposto agli altri eredi e fatto valere anche nei confronti dei terzi, con una trascrizione anche successiva al momento dell’acquisto (apertura della successione), senza che, nel frattempo, il coniuge superstite del de cuius possa perdere il diritto acquisito.
Ma nella finestra temporale intercorrente tra l’apertura della successione e la trascrizione del diritto, si potrebbero verificare iscrizioni pregiudizievoli ad opera di terzi sull’immobile.
L’art. 2812 c.c. disciplina l’espropriazione del bene ipotecato e gravato da diritto di abitazione statuendo che il diritto reale di godimento (servitù, usufrutto, uso e abitazione) “di cui sia trascritta la costituzione dopo l’iscrizione di ipoteca non è opponibile al creditore ipotecario, il quale può far subastare la cosa come libera”.
Se rispetto al regime di opponibilità tale norma si interpreta come priva di portata originale e semplice ripetizione di quanto già ricavabile dalle norme sulla trascrizione ex art. 2643 e 2644 C.C., bisogna individuare le norme applicabili nel caso dell’acquisto del diritto di abitazione ex art. 540 c.c. la cui trascrizione gioca un ruolo diverso da quello presupposto per gli atti soggetti a trascrizione ex art. 2643.11
Il tema viene affrontato dalla S.C. (31 gennaio-24 giugno 2003, n. 10014)12 che ha sentenziato sul caso di un erede (nudo proprietario della casa familiare) che ha rilasciato ipoteca volontaria iscritta sulla piena proprietà di un immobile gravato da diritto di abitazione ex lege del coniuge superstite del de cuius a garanzia di un prestito ottenuto da una banca.
L’inadempimento dell’erede nella restituzione della somma mutuata ha innescato il procedimento esecutivo da parte della banca che ha sottoposto a pignoramento l’immobile.
Prima dell’espropriazione forzata, il coniuge titolare del diritto di abitazione si è opposto deducendo che godeva del diritto di abitazione a seguito della morte del coniuge e che la procedura espropriativa non poteva estendersi al diritto di proprietà vantato ma doveva riguardare il solo diritto di nuda proprietà.
Con la richiamata pronuncia, i Supremi Giudici hanno individuato il criterio per la risoluzione del conflitto tra l’erede apparente – tale viene qualificato in questa vicenda l’erede titolare solo della nuda proprietà – ed il coniuge titolare del diritto di abitazione ex lege.
La S.C. ha statuito che quando un immobile è gravato dal diritto di abitazione ai sensi dell’art. 540 c.c., secondo comma, l’ipoteca che i creditori dell’erede apparente abbiano iscritto sulla piena proprietà del cespite in forza del diritto concessogli dall’erede è opponibile al legatario a norma del secondo comma dell’art. 534 c.c. che pone a carico del terzo avente causa dell’erede apparente l’onere di provare di aver contratto in buona fede.
Dal momento che l’erede nella qualità di nudo proprietario non ha titolo a concedere l’ipoteca relativamente al diritto di abitazione non può essere applicato l’art. 2644 c.c. che regola i conflitti tra diversi acquirenti dal medesimo proprietario.
Infatti, secondo i Supremi Giudici, il conflitto non trova soluzione applicando il criterio dell’anteriorità della trascrizione dell’acquisto dell’erede rispetto alla trascrizione dell’acquisto del legatario perché l’art. 2644 c.c. che contiene tale criterio non disciplina il rapporto del legatario con l’erede e i suoi aventi causa dato che non si configura la situazione del duplice acquisto, dal medesimo autore, di diritti tra loro confliggenti perché il legatario acquista il diritto di abitazione direttamente dall’ereditando e tale acquisto non si verifica in relazione all’acquisto dell’erede dall’ereditando né in rapporto all’acquisto del creditore ipotecario dall’erede.
5.
Su questi temi risulta utile ripercorrere alcune tappe segnate di recente dalla giurisprudenza di legittimità.
Con sentenza 20 aprile 2016, n. 7776,13 la S.C. ha statuito circa la opponibilità dell’assegnazione della casa familiare trascritta in data anteriore al pignoramento, ma successiva all’iscrizione ipotecaria a favore del creditore procedente.
Il caso in breve. L’esecutata in un’espropriazione immobiliare, si è opposta agli atti esecutivi con ricorso avverso l’ordinanza con la quale il giudice aveva disposto che il bene pignorato fosse venduto per intero ed in piena proprietà, ordinando contestualmente la liberazione.
L’opponente esecutata per la quota del 50% deduceva di aver trascritto il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, reso nel corso della procedura di separazione, prima del pignoramento immobiliare e ne sosteneva la sua opponibilità sia al creditore procedente che all’aggiudicatario del bene.
La banca, creditore procedente, ha resistito affermando che in date antecedenti alla trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale risultavano iscritte due ipoteche volontarie rilasciate dagli allora coniugi sull’immobile oggetto di pignoramento che si apparteneva a loro in parti uguali a fronte dell’erogazione di un mutuo.
Su tali presupposti l’Istituto resistente affermava la inopponibilità del diritto di abitazione in quanto trascritto in data successiva alla iscrizione ipotecaria.
Il giudice, pertanto, modificava l’ordinanza disponendo che questa recasse menzione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale “trascritto in data anteriore al pignoramento e pertanto opponibile all'aggiudicatario fino al permanere del relativo diritto in capo all'assegnataria”, con contestuale revoca dell'ordine di liberazione.
All’esito del giudizio di merito il “Tribunale ha accolto l’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’esecutata, ritenendo opponibile il provvedimento di assegnazione della casa coniugale trascritto prima della trascrizione del pignoramento, a prescindere dalle iscrizioni ipotecarie anteriori, “in virtù del principio della assimilazione del diritto dell’assegnatario a quello del locatario, come desumibile dal richiamo all’art. 1599 c.c. contenuto nell’art. 6, comma 6, della L. n. 898/70, ritenuto applicabile anche in tema di separazione coniugale”.
La sentenza è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della Banca secondo la quale l’art. 155-quater c.c. era applicabile alla separazione tra i coniugi ed anche alla trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare. Ha dedotto, altresì, la Banca, che dal collegamento tra l’art. 155-quater c.c. e gli artt. 2642, 2644, 2812 e 2919 c.c. derivava la inopponibilità al creditore ipotecario del provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritto successivamente all’iscrizione di ipoteca. Con altro motivo di ricorso la Banca ha sostenuto che l’art. 6, sesto comma, della Legge 1° dicembre 1970, n. 898, sarebbe norma parzialmente abrogata dall’art. 155-quater c.c. quale norma sopravvenuta.
Nell’iter decisionale a riguardo della opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare trascritta in data anteriore al pignoramento e successivamente alla iscrizione ipotecaria a favore del creditore procedente, la S.C. ha osservato che la separazione tra coniugi è regolata, sotto il profilo di interesse nello specifico, dall’art. 155-quater c.c. (abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a, del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, soltanto a decorrere dal 14 febbraio 2014, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 106 e 108, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 154/13, in quanto sostituito dall’art. 337 sexies c.c., inserito dalla stessa novella).
Si evidenzia che l’art. 6, comma 6, della L. n. 898/70, si riferisce al terzo acquirente, dunque, riguarda il conflitto che insorge con il proprietario successivo.
L’art. 155 quater, primo comma, ultimo inciso, oggi art. 337 sexies c.c., dispone che il provvedimento di assegnazione della casa familiare volto in via prioritaria alla tutela dell’interesse dei figli e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.
Osserva la Corte che il rinvio contenuto nell’art. 155-quater c.c. all’art. 2643 C.C. – e non all’art. 1599 c.c. – comporta che le condizioni di opponibilità del provvedimento -trascritto- di assegnazione della casa familiare sono riferite non solo all’acquirente dell’immobile ma ad ogni possibile terzo rientrando in tale categoria anche il creditore che ha iscritto la propria ipoteca prima dell’assegnazione.
L’art. 2643 c.c. individua gli atti che a fini di pubblicità devono essere trascritti; gli effetti della trascrizione vengono disciplinati dall’art. 2644 c.c. che, nella priorità della trascrizione, individua il criterio della risoluzione dei conflitti tra titolari di diritti incompatibili. La S.C. esamina il rapporto tra quest’ultimo articolo e l’art. 155-quater c.c.
L’art. 155-quater c.c., “pur se implicitamente” – prosegue la Corte – va riferito anche all’art. 2644 c.c. che dispiega i suoi effetti sia nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sull’immobile dopo la trascrizione del provvedimento di assegnazione (secondo comma), sia nei confronti di coloro che li abbiano acquistati prima (primo comma), disciplinandoli secondo il noto principio a norma del quale colui che opera per primo la trascrizione è preferito rispetto a chi non trascrive il proprio titolo o lo trascrive successivamente.
Il legame, sia pur implicito, tra l’art. 155-quater c.c. e l’art. 2644 c.c., statuito dai Supremi Giudici, comporta che la trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare “non ha effetto” nei confronti dei terzi che “a qualunque titolo” abbiano acquistato diritti sull’immobile in virtù di atto anteriormente trascritto.
In particolare,14 Siffatta inopponibilità sta a significare che il creditore ipotecario può far subastare l'immobile come libero, in quanto, come dedotto col terzo motivo, il diritto del coniuge assegnatario trascritto dopo l'iscrizione dell'ipoteca non può pregiudicare i diritti del titolare della garanzia reale. 3.2. Escluso, infatti, che l’”assimilazione" del diritto del coniuge assegnatario a quello del conduttore, "sia pure ai soli fini della trascrizione", consegua alla previsione espressa della L. n. 898 del 1970, articolo 6, comma 6 (da ritenersi, per quanto sopra, abrogata, quanto meno con riferimento al regime degli atti trascritti), non vi sono altri indici normativi che consentano di sovrapporre la disciplina dei due diritti rispetto a quella dell'ipoteca. Né, come anticipato, può giovare, allo scopo, la presa di posizione nel senso di attribuire al diritto in questione la natura di diritto personale di godimento. Non tutti i diritti personali di godimento resistono dinanzi al prevalente diritto del creditore ipotecario, anzi, di regola vale il contrario (come è per il diritto del comodatario). Vi resiste la locazione, perché l'ordinamento consente che l'ipoteca si estenda ai frutti del bene, compresi i canoni di locazione (arg. ex articolo 2811 c.c.), che quindi sono soggetti ad espropriazione ai sensi dell'articolo 2808 c.c. Pertanto, il contratto di locazione sopravvenuto all’iscrizione d’ipoteca non pregiudica il creditore ipotecario poiché non priva il bene del valore d'uso e ne consente la vendita come bene produttivo di reddito; tanto ciò è vero che quando invece questo non sia possibile – come nell'ipotesi prevista dall'articolo 2643, n. 9, e dagli ultimi due comma dell'articolo 2812 c.c. (cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti non scaduti) – è lo stesso legislatore a prevedere che il diritto del conduttore, che superi determinati limiti tempor i, debba essere trascritto e che l'iscr i e ipotecaria prevalga sul diritto del conduttore non trascritto o trascritto successivamente. La S.C. Corte ha accolto il ricorso proposto dalla Banca, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi.
6.
Come premesso la S.C. con la recente pronunzia n. 1744 del 24-01-201815 ha connotato il diritto di abitazione del coniuge assegnatario a seguito di provvedimento giudiziale di assegnazione della casa come atipico diritto personale di godimento.
A norma dell’art. 337-sexies c.c., il diritto di godimento acquisito dal coniuge assegnatario fonda essenzialmente sulla tutela dei figli minori o maggiorenni ancora conviventi ma non autosufficienti. Lo stesso articolo stabilisce le cause di estinzione del diritto così acquisito ovvero la non abitazione dell’assegnatario o la non stabilità nell’abitare la casa o la convivenza more uxorio o un nuovo matrimonio. L’assegnazione della casa a seguito della crisi della famiglia non ha una portata strettamente assistenziale in favore del coniuge più debole, infatti, “anche nel vigore della L. 6 marzo 1987, n. 74, il cui art. 11 ha sostituito l’art. 6 della L. 1° dicembre 1970, n. 898, la disposizione del comma 6 di quest'ultima norma, in tema di assegnazione della casa familiare, non attribuisce al giudice il potere di disporre l'assegnazione a favore del coniuge che non vanti alcun diritto – reale o personale – sull'immobile e che non sia affidatario della prole minorenne o convivente con figli maggiorenni non ancora provvisti, senza loro colpa, di sufficienti redditi propri (Cass. civ., Sez. Un., 28 ottobre 1995)”.16
Sulla natura del diritto che il coniuge assegnatario acquisisce in virtù del provvedimento di assegnazione si segnalano essenzialmente due vedute, una lo connota quale situazione soggettiva di tipo assoluto e reale l’altra quale diritto di godimento di natura personale.
In passato la prima ipotesi è stata sostenuta dalla giurisprudenza della S.C. – in parte condivisa anche dalla giurisprudenza di merito- secondo la quale a seguito del provvedimento di assegnazione si connotava una situazione di compossesso nel senso che è “il giudice della separazione stessa, pur non innovando il titolo di godimento o i diritti reali delle parti, a concentrare la situazione possessoria in capo al coniuge in favore del quale venga disposta l’assegnazione della casa familiare”.17
L’orientamento dominante ha in seguito stabilito che in virtù del provvedimento di assegnazione della casa familiare si connota una detenzione qualificata del coniuge assegnatario ed il diritto di abitazione connesso risulta opponibile ai terzi ed anche al coniuge proprietario.
A seguito di un articolato iter giurisprudenziale la S.C. ha qualificato con la richiamata sentenza il diritto di abitazione in discorso quale “diritto personale di godimento variamente segnato da tratti di atipicità”. Pertanto, non è ammessa la natura di diritto reale di abitazione opponibile ai terzi secondo il criterio dell’anteriorità della trascrizione ma, ai sensi dell’art. 6 della L. n. 898 del 1970, sostituito dall’art. 11 della L. n. 74 del 1987, al terzo acquirente dell’immobile che acquista dopo che il provvedimento sia stato reso dall’A.G il diritto così acquisito risulta opponibile entro i nove anni se il provvedimento non risulta trascritto oppure oltre i nove anni in caso in cui risulta trascritto prima dell’acquisto.
La S.C. ha affermato, altresì, che “il terzo acquirente del bene è tenuto a rispettare il godimento dell'assegnatario «nello stesso contenuto e nello stesso regime giuridico propri dell'assegnazione» escluso in tali limiti «qualsiasi obbligo di pagamento da parte del beneficiario per tale godimento, atteso che ogni forma di corrispettivo verrebbe a snaturare la funzione stessa dell'istituto» (cfr. ad es. Cass. n. 12705 del 29/08/2003),18 potendo – in caso di inconsapevolezza circa l'assegnazione – agire contro il dante causa”.19
La compressione del diritto di proprietà nei termini stringenti di cui sopra fonda sull’efficacia del provvedimento giudiziale di assegnazione, ma nel tempo potrebbero venirne meno i presupposti. Il terzo acquirente a sua tutela può, infatti, proporre domanda di accertamento dell’insussistenza – originaria o sopravvenuta – dei presupposti sui quali fonda il diritto di godimento della casa coniugale in capo al coniuge assegnatario deducendo che non coabitano più figli minorenni oppure maggiorenni non autosufficienti. L’azione è tesa a conseguire una declaratoria di inefficacia, “E ciò al fine di conseguire una declaratoria di inefficacia del titolo che legittima l’occupazione della casa coniugale da parte del coniuge assegnatario, a tutela della pienezza delle facoltà connesse al diritto dominicale acquisito” (Cass. n. 15367 del 22/07/2015).20
Appare evidente da questa breve analisi che la compressione che deriva al diritto di proprietà in presenza del diritto di abitazione acquisito in virtù di assegnazione nel caso di crisi della famiglia è di notevole entità e la sua opponibilità ai terzi aventi causa è strettamente e funzionalmente legata alla connotazione della sua natura giuridica. Come si è visto, le tesi adottate nel tempo dalla S.C. circa la connotazione del diritto così acquisito si integrano in uno spettro i cui estremi vanno in via esemplificativa dal “diritto reale” al “diritto personale atipico di godimento” e la richiamata pronuncia del 2018 sembra approdare sulla scia di un orientamento giurisprudenziale ormai stabilizzato ad un punto fermo che stabilisce la seconda connotazione. Come già osservato, ne discende che risulta fortemente compressa la proprietà dell’immobile assegnato nel contesto della crisi familiare ed a prescindere dalla trascrizione dell’assegnazione stessa.
È lecito chiedersi fin dove si spinge la responsabilità professionale del Notaio nella indagine circa i pesi gravanti su di un cespite oggetto di atto notarile nel caso specifico della mancata rilevazione del gravante diritto di abitazione acquisito ex lege o nel contesto della crisi della famiglia, attesa la particolare natura giuridica di tali diritti parziari e le connesse oggettive difficoltà di rilevazione.
1 G.U. serie Generale n. 137 del 14-06-2000.
2 È incerto se l’habitatio, pur essendo stata sicuramente conosciuta in diritto classico, fosse da questo concepita come vero e proprio rapporto giuridico reale in senso improprio. Dai testi risulta che i giuristi classici non erano concordi sul punto che i legati aventi ad oggetto l’habitatio di una certa domus determinassero un semplice diritto di credito del legatario verso l’erede o costituissero un diritto reale del legatario relativamente alla casa abitativa. Comunque, anche in chi ammetteva che il legato di habitatio fosse costitutivo di un diritto reale non mancava il dubbio se il legato di habitatio fosse equiparabile ad un legato di uso, con semplice diritto per il legatario di abitare personalmente e con la propria famiglia la casa, o fosse invece equiparabile ad un legato di usufrutto, con conseguente possibilità da parte del legatario di dare in locazione la casa. La questione fu risolta da Giustiniano proclamando l’habitatio un diritto sui generis (un ius proprium con «natura specialis») distinto sia dall’uso che dall’usufrutto. A. Guarino, Diritto Privato Romano, Jovene Napoli 1997, pag. 764.
3 “La seconda osservazione che ci rimane a fare si è, che al principio dell’inalienabilità del diritto d’uso può derogarsi nel titolo costitutivo del medesimo, permettendone cioè l’alienazione. L’inalienabilità infatti del diritto d’uso non è dalla legge introdotta per ragione d'ordine pubblico, in quantochè alla società non deriva danno alcuno dall’alienazione di siffatto diritto; dunque essa è voluta a guarentigia di un interesse particolare. Ma quale interesse si vuol proteggere? forse quello dell’usuario? Il proteggere l’interesse di costui non ha altro scopo che quello di defraudare i suoi creditori di quanto loro spetta. Se si tratti d’alimenti, la legge accorda tale protezione al debitore in omaggio al principio d’umanità che vieta doversi esporre un individuo a morire d’inopia per soddisfare i suoi creditori. Quando però non si tratti d’alimenti, non è concepibile una protezione accordata dalla legge al debitore in danno de’ suoi creditori. Non resta dunque che l’interesse del costituente l’uso, al quale la legge ha voluto provvedere vietando l’alienazione. dell'uso stesso. Se infatti il proprietario si è determinato, in contemplazione d’una persona a lui bene accetta, di concedere ad essa l’uso della cosa sua, l’onere riuscirebbe più gravoso per lui se lo stesso usuario potesse surrogare nell'esercizio del suo diritto altra persona, che non fosse al costituente accetta. Ora, essendo che ciascuno può rinunciare alla disposizione di legge che lo favorisce, è chiaro che il concedente l’uso può all’usuario permetterne l’alienazione”. In questi termini, F. Ricci, Corso teorico-pratico di Diritto Civile, II, Torino, 1877, pp. 300-301.
4 Cass. 13 settembre 1963, n. 2502, in Rep. giust. civ., 1963, Usufrutto, uso, abitazione, n. 17; in Giust. civ., 1963, I, 2292: «Il divieto di cessione del diritto di uso, sancito dall’art. 1024 C.C., non ha natura pubblicistica e quindi carattere di inderogabilità nei confronti del nudo proprietario, ma attiene piuttosto ai diritti patrimoniali di carattere disponibile, con la conseguenza che il nudo proprietario e l’usuario possono convenire di derogare al divieto, ed il relativo negozio è perfettamente valido ed operante in quanto riflette un diritto di cui i titolari possono liberamente disporre»; Cass. 18 ottobre 1961, n. 2217, in Foro it., 1962, I, 59; Cass. 25 marzo 1960, n. 637, in Foro it., 1960, I, 756.
5 Cass. 31-07-89, n. 3565, in Mass., 1989, nel Repertorio 1989, Usufrutto [6940], n. 1.
6 Commissione Studi del Consiglio nazionale del Notariato, 22 giugno 1999, Est.: Caccavale, Ruotolo.
7 Focus 6/2015 - Dal diritto di abitazione ai diritti di abitazione, a firma di Antonio Mattera, October 21, 2015 in Riviste, Testi e Recensioni.
8 CNN NOTIZIE, anno 2016, 27 maggio 2016, Quesito Civilistico n. 473-2015/C.
9 CNN, Studio n. 21-2013/E.
10 Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4847, in www.foro.it., anno 2013, parte I, col. 2229.
11 CNN, Studio n. 21-2013/E, cit.
12 In Mass., 2003, Guida al dir., 2003, fasc. 30, n. Busani, Canali.
13 Mass., 2016, 278, Vita not., 2016, 792, Famiglia e dir., 2017, 33, n. Chiusoli, in Corriere giur., 2017, 1067, n. Verdesca, Repertorio 2016, Separazione di coniugi [6130], n. 46.
Sentenza integrale in Le Banche Dati del Foro Italiano.
14 Così continua l’iter argomentativo della sentenza Cass. n. 7776/2016.
15 Mass., rv. 647785-01 Nel Repertorio: 2018, Separazione di coniugi [6130], n. 6.
16 Cass. Sez. Un. 11297/1995, in Giust. civ., 1996, I, 45, n. Marinelli, Giust. civ., 1996, I, 725 (m), n. Frezza, Arch. civ., 1996, 455 Arch. civ., 1996, 749, Dir. famiglia, 1996, 499 Nuova giur. civ., 1996, 517, n. Quadri.
17 Trib. Di Ravenna, 13.07.2016, in www.lanuovaproceduracivile.com, 2016, Repertorio 2016, Possesso [5060], n. 10, Dottrina Foro Italiano: Possesso.
18 Mass., 2003, Riv. not., 2004, 161 Giur. it., 2004, 1176, Dir. famiglia, 2003, 943, Lessico dir. famiglia, 2004, 205, Repertorio 2004, Separazione di coniugi [6130], n. 58.
19 Cass., n. 1744/2018, cit.
20 Arch. locazioni, 2015, 634, Dir. famiglia, 2016, 444, n. Savi, Repertorio 2015, Matrimonio [4130], n. 189, Dottrina www.foro.it., Matrimonio.
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