Scritto da Marilena Rispoli Farina • ago 2025
L’autunno del 2024 è stata una stagione felice per le banche europee. Dopo anni molto complessi è venuto quasi a compimento il processo di “riprivatizzazione” degli istituti europei salvati a seguito della crisi finanziaria globale. A 15 anni dall’avvio della crisi bancaria e del debito sovrano gli Stati europei restituiscono le banche al mercato chiudendo la stagione dei salvataggi di 1.000 miliardi complessivamente investiti negli istituti di credito dai governi e, pertanto, in definitiva a spese dei contribuenti. Le dismissioni ne hanno fruttato appena un centinaio e anche aggiungendo le cedole erogate e le future vendite l’incasso non eccederà il terzo delle spese. Le misure espansive dei bilanci pubblici post pandemia, unite ai rialzi di tassi che ne sono in parte effetto, hanno rilanciato la redditività da interessi.
Gli economisti spiegano che la conseguente liquidità presente nel sistema famiglie/imprese, a sua volta, ha ridotto il fabbisogno di credito e i rischi connessi, e ha permesso di assicurare agli azionisti rendimenti del 10/15%. Ciò ha scatenato in tutta Europa un alto appetito all’acquisto, consentendo, nel solo ultimo anno, la quasi completa cessione delle quattro banche greche da parte del fondo pubblico HFSF, la vendita di tre tranches di Montepaschi, quella di Commerzbank. Tuttavia un confronto tra la dismissione della partecipazione pubblica nelle banche in Grecia e in Italia mostra come in Grecia, partendo da una situazione fortemente critica, grazie agli interventi dell’Hellenik Financial Stability Fund le banche greche sistemiche sono state riportate sul mercato, mentre per Monte Paschi di Siena il processo non si è ancora concluso.
The fall of 2024 was a prosperous season for European banks. After several very challenging years, the process of “reprivatizing” European institutions rescued following the global financial crisis is almost complete. Fifteen years after the start of the banking and sovereign debt crisis, European states are returning their banks to the market, bringing to a close the bailout period of €1 trillion invested in banks by governments and, therefore, ultimately at taxpayers' expense. Disposals have generated barely a hundred billion, and even adding coupons paid and future sales, proceeds will not exceed a third of expenditures. Post-pandemic expansionary public budget measures, combined with the interest rate hikes that were partly a result of them, have boosted interest income. Economists explain that the resulting liquidity in the household/business system, in turn, reduced credit needs and associated risks, and enabled shareholders to secure returns of 10-15%. This triggered a strong buying appetite across Europe, allowing, in the last year alone, the almost complete divestment of the four Greek banks by the public fund HFSF, the sale of three tranches of Montepaschi di Siena, and the sale of Commerzbank. However, a comparison of the divestment of public stakes in banks in Greece and Italy shows that in Greece, starting from a very critical situation, thanks to the interventions of the Hellenik Financial Stability Fund, systemically important Greek banks have been brought back onto the market, while for Monte Paschi di Siena the process is not yet complete. .
1.
L’autunno del 2024, come ha segnalato la stampa economica1 è stata una stagione felice per le banche europee. Dopo anni molto complessi è venuto quasi a compimento il processo di “riprivatizzazione” degli istituti europei salvati a seguito della crisi finanziaria globale.
A 15 anni dall’avvio della crisi bancaria e del debito sovrano gli Stati europei restituiscono le banche al mercato chiudendo la stagione dei salvataggi di 1.000 miliardi complessivamente investiti negli istituti di credito dai governi e, pertanto, in definitiva a spese di contribuenti, ma le dismissioni ne hanno fruttato appena un centinaio e anche aggiungendo le cedole erogate e le future vendite l’incasso non eccederà il terzo della spesa.
Il collocamento del 15% di Monte Paschi di Siena con cui il Tesoro italiano ha chiuso un settennato da socio di controllo, è l’ultimo emblema di tale stagione.2 Anche quest’ultima operazione si colloca nel novero delle numerose altre dispiegate sui tempi lunghi un po’ in tutta Europa, operazioni che hanno potuto beneficiare dei rialzi di borsa per alienare in vari modi le decine di istituti salvati anni prima. Un po’ di fortuna non guasta per lenire non certo per cancellare le perdite sofferte: l’indice settoriale EuroStoxx è triplicato dal marzo 2020 e continua a ritoccare i massimi, (nonostante le recentissime oscillazioni dovute all’imprevedibilità del presidente Trump) grazie agli investitori di tutto il mondo ansiosi di rilevare quote dei più diversi istituti. Il che ha consentito, tra l’altro, di onorare gli impegni concorrenziali presi con l’antitrust europeo all’atto dei salvataggi pubblici.3
Il dossier italiano più voluminoso per importo è stato quello della già menzionata banca senese, in tutto si è trattato approssimativamente di 10 miliardi tra aumenti rimborsi e costi vari. È stato anche l’episodio più sofferto, non tanto per le somme impiegate (pure importanti), ma per la rilevanza della banca senese “politica” (per territorio interessato e per la classe dirigente nazionale coinvolta) e “sistemica” ai fini di vigilanza e per l’emissione di debito pubblico di cui Montepaschi Siena è specialist.
L’azionista pubblico in due anni ha gestito in modo abile la discesa della partecipazione dello Stato dal 67% all’11,7%: ma malgrado i vanti di alcuni esponenti di governo in carica il risanamento senese era iniziato ben prima del salvataggio del 2017. Tuttavia, si era rivelato impossibile per gli amministratori delegati (Fabrizio Viola, Marco Morelli e poi Guido Bastianini) rimettere a posto i conti che producevano perdite su crediti miliardari, e arginare le cause con richieste di indennizzi saliti a 10 miliardi. Solo da metà del 2022, e con l’avvento di Luigi Lovaglio, la banca ha imboccato la soluzione decisiva, vale a dire una ricapitalizzazione di 2,5 miliardi in cui pochi credevano per far fronte a 4.000 esuberi, secondo l’impegno preso dai predecessori con i precedenti titolari del MEF. Il banchiere lucano ha avuto anche gli astri a favore; un ruolo importante nel risanamento l’hanno giocato due fattori non del tutto attesi: il rialzo dei tassi d’interesse e la catena di assoluzioni di tanti ex manager a processo, che hanno sgonfiato il sufflè del contenzioso e liberato importanti riserve.
A novembre 2024 Montepaschi è risultata una banca risanata, con un patrimonio CEt1 da record al 18,3% e due miliardi di utili nel 2024. La cessione del 15% del Tesoro a Banco Popolare di Milano, Anima Caltagirone e Delfin, ha precisato Il Ministro Giorgetti è “un’operazione di politica bancaria e finanziaria italiana volta a rafforzare l’azionariato di un player importante nel credito”. La reazione euforica dei titoli in borsa ha segnalato che il mercato scontava già la nascita del terzo polo bancario che il governo auspicava da due anni (e che continua ad auspicare) e che non riuscì ai quattro governi precedenti.
Allargando l’obiettivo, il comparto credito rimane tra i più floridi in tutta Europa e ancor più negli USA. Gli eventi che stiamo descrivendo si collocano nel più ampio quadro delle misure espansive dei bilanci pubblici post pandemia, che unite ai rialzi di tassi che ne sono in parte effetto, hanno rilanciato la redditività da interessi. Gli economisti spiegano che la conseguente liquidità presente nel sistema famiglie/imprese, a sua volta, ha ridotto il fabbisogno di credito e i rischi connessi, e ha permesso di assicurare agli azionisti rendimenti del 10/15%.
Ciò ha scatenato in tutta Europa un alto appetito all’acquisto, consentendo, nel solo ultimo anno, la quasi completa cessione delle quattro banche greche da parte del fondo pubblico HFSF, la vendita di tre tranches di Montepaschi, quella di Commerzbank.4 Riguardo a quest’ultima, la Repubblica federale di Germania, dopo che il governo ne aveva detenuto una quota del 16,49% per un valore di circa 2,5 miliardi di euro, ne ha avviato la privatizzazione inizialmente prevedendo la vendita di un pacchetto azionario, fino al 5%, e ciò si stabiliva dovesse avvenire in modo trasparente, non discriminatorio e favorevole agli investitori. L’operazione è andata avanti fin quando le successive alienazioni sono state bloccate dopo che l’asta estiva del 2024 è andata a un compratore indesiderato (l’italiana Unicredit).
La bussola delle contingenze comunque non è lo strumento migliore per comprendere le misure originate da esigenze immediate di stabilità finanziaria e sistemica, mentre i loro effetti si dispiegano nel lungo termine. Certo la congiuntura ha consentito ai governi che si sono mossi più tardi vendendo più di recente i pacchetti bancari, di massimizzare gli incassi come per le tre tranche Montepaschi di Siena da cui il Tesoro italiano nell’ultimo anno ha incassato 2,7 miliardi rispetto a 1,6 miliardi versati nell’aumento 2022.
Anche se gli Stati che hanno venduto più di recente hanno incassato molto di più rispetto alle dismissioni poste in essere in precedenza non è detto che sia vero il motto “beati gli ultimi”. Infatti, per Montepaschi, il saldo resta negativo per 7 miliardi rispetto ai circa 10 complessivi sborsati. Se allarghiamo lo sguardo a tutta Europa, dei 1.000 miliardi erogati a favore delle banche dai governi, le dismissioni ne hanno fruttato un centinaio e, anche aggiungendo le cedole erogate e le future vendite, l’incasso non eccederà il terzo della spesa. Inoltre, va messa in conto la perdita di opportunità di quei settori bancari indeboliti dalle crisi, anche per essere stati lasciati troppi anni a languire nelle perdite sui crediti. E qui se gli Usa e la Gran Bretagna sono i primi paesi coinvolti dalla crisi, casi “di scuola” con nazionalizzazioni diffuse e precoci subito dopo il crack Lehman e privatizzazioni altrettanto rapide,5 l’Italia è stata, invece, tra le ultime della classe con un atteggiamento spesso di denegazione da parte di governi, istituzioni e attori, che ha portato a salvataggi tardivi concentrati nel 2016 e 2017, provocando, fra l’altro, la virtuale scomparsa delle banche popolari e privato di vitale credito il sistema delle imprese specie quelle più piccole.6
Oggi il sistema bancario europeo è certo più solido, liquido e redditizio rispetto a prima dei salvataggi anche grazie alla cornice normativa e istituzionale, imperniata sull’Unione bancaria e sulla Direttiva BRRD sul risanamento e la risoluzione delle banche europee significative, che impone ai privati (azionisti, ma in certa misura anche creditori) di pagare per i salvataggi bancari, (logica di politica legislativa ineccepibile, pur tuttavia nella prassi sempre contestata dai portatori di interessi particolari).7
Floridità, solidità, maggiore redditività, realizzata anche attraverso una regolamentazione prudenziale stringente, hanno consentito alle banche europee di rimanere al sicuro dagli effetti dalle crisi pandemiche e dei prezzi, mentre parte del sistema bancario USA e in Svizzera la prestigiosa Credit Suisse, sono state al centro di avvenimenti avversi nel marzo 2023.8 Il sistema Usa, complessivamente, essendo legato un’economia più dinamica e innovativa ha superato la crisi e del tutto surclassato gli altri.9
2.
Spesso in ombra nel dibattito internazionale, la vicenda delle banche greche, dopo la notorietà del default dei conti pubblici e privati di quel Paese, merita più attenta considerazione anche nel momento del risanamento.
Nel settembre 2024 la prestigiosa Rivista finanziaria internazionale (IFR)10 annunciava che l’Odissea delle banche greche volgeva al termine con la vendita della National Bank of Greece (NBG). Per Steve Slater e Christopher Spink, gli Autori dell’articolo, la Grecia era in procinto di completare quasi del tutto l’uscita dal capitale delle sue grandi banche a distanza di undici anni dal loro salvataggio. Intervistati da IFR dirigenti e banchieri d’investimento affermavano che quantunque la ripresa fosse stata lunga e travagliata a seguito di una crisi del debito sovrano che ha messo in ginocchio la Grecia, erano state realizzate alcune operazioni di mercato dei capitali particolarmente audaci e innovative, tra cui una raffica di vendite negli ultimi 13 mesi.
Nelle interviste, le fasi della privatizzazione sono state puntualmente indicate e commentate. Gli antefatti vanno brevemente ricordati: nel 2008 la crisi globale provocata dal crollo dei mercati finanziari e dal fallimento di importanti istituzioni bancarie ha portato a una recessione globale del paese. La risposta dell’Unione europea, attraverso la c.d. Troika (Fondo Monetario Internazionale, Commissione europea e Banca centrale europea), fu l’imposizione di un pacchetto di misure di austerità severe, mirate a ridurre il deficit e a ristabilire la fiducia nei mercati finanziari. In particolare, la Grecia fu costretta a richiedere un pacchetto di salvataggio internazionale, con prestiti della Troika in cambio di pesanti misure di austerità. Le politiche imposte includevano riduzione della spesa pubblica, aumento delle imposte e privatizzazioni, nell’intento di ridurre il deficit pubblico. Le conseguenze furono disastrose: tra il 2008 e il 2013 il PIL greco si contrasse del 25% e la disoccupazione raggiunse il 27,5%. Le misure di austerità ebbero effetti devastanti sulla classe media e sui settori più vulnerabili della popolazione e le disuguaglianze sociali aumentarono vertiginosamente. La crisi economica e sociale alimentò un’ondata di proteste, manifestazioni e un malcontento crescente verso l’UE, responsabile dell’imposizione delle misure. Nonostante i fallimenti evidenti delle politiche di austerità, e quantunque molti economisti criticassero il loro impatto sull’economia, l’Unione europea e gli altri attori internazionali non ritrattarono. Anzi, la crisi greca divenne un banco di prova per l’intera architettura economica dell’Eurozona e la risposta delle istituzioni rafforzò la convinzione che l’austerità fosse l’unica strada percorribile per risolvere la crisi del debito.
Per portare il paese fuori dal rischio di default e verso una ripresa vennero concordati tre piani di salvataggio: nel 2010, 2012 e 2018. Nonostante la Grecia avesse apertamente violato le regole comunitarie sulla spesa, l’Unione europea non poteva far fallire tale stato, perché così facendo avrebbe mandato un messaggio preoccupante verso altri paesi gravemente indebitati, fra i quali anche l’Italia. Inoltre, se la Grecia fosse fallita, il progetto dell’Euro sarebbe molto probabilmente collassato.
Il primo piano di salvataggio, concordato dal Fondo Monetario Internazionale e l’Unione europea nel 2010 comportava un aiuto di 110 miliardi di Euro allo Stato greco, in cambio di misure di austerità, che si articolarono in una riduzione delle compagnie pubbliche, taglio della spesa nei settori pubblico-previdenziali e un aumento dell’IVA. Grazie a queste misure, il deficit fu ridotto del 40% nello stesso anno. Le misure di austerità, come si è anticipato, non furono ben accolte dal popolo greco, che scese in piazza in violente proteste.
Il secondo piano, nel 2012, venne negoziato dal governo di coalizione di Loukas Papademos, un economista di grande reputazione internazionale. Il piano, concordato con FMI e UE, prevedeva 130 miliardi di Euro in cambio di una riduzione del debito dal 160% fino al 120,5% entro il 2020, da attuare con ulteriori misure di austerità.
Il terzo piano fu frutto di una lunga gestazione iniziata nel 2015. Le elezioni di quell’anno vennero vinte da Alexis Tsipras di Syriza, interrompendo il bipartitismo che aveva caratterizzato la politica greca sin dagli anni ‘70. Nel luglio del 2015, Tsipras decise di indire un referendum per chiedere ai cittadini greci se volessero accettare o meno il terzo piano di salvataggio. Il 60% degli elettori si espresse in senso negativo, causando una perdita di fiducia dei mercati, e la crescita vertiginosa dello spread dei titoli del debito pubblico greco. Alla luce di questo evento, la pressione sul paese obbligò Tsipras ad accettare il piano di salvataggio, che venne finalizzato nel 2018. Il piano, concordato con la UE ma non con il FMI, prevedeva 86 miliardi di Euro in cambio di riforme fiscali, ulteriori tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni di asset statali e riforme del mercato del lavoro. Gli aiuti vennero erogati tramite prestiti del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), nato per salvaguardare la stabilità dell’area Euro. Degli 86 miliardi inizialmente messi a disposizione, solo 61,9 vennero utilizzati, grazie ad un uso più efficiente delle risorse da parte del governo greco. Il MES ha permesso al paese di prendere prestiti a tassi agevolati rispetto a quanto avrebbe potuto individualmente. Nel 2017 il risparmio ammontava a 12 miliardi di Euro, il 6,75% del PIL greco dell’epoca. I tre pacchetti di aiuti internazionali alla Grecia salvarono il paese dall’incombente default. Il governo Tsipras durò fino al 2019, anno in cui venne eletto il nuovo governo capeggiato da Kyriakos Mitsotakis di Nuova Democrazia, leader con una buona reputazione internazionale e ancora oggi primo ministro greco.
Tra il 2010 e il 2018, vennero introdotti un totale di 15 pacchetti di riforme. I primi frutti delle misure iniziarono a vedersi già nel 2012, quando si misurò di nuovo un bilancio fiscale in positivo e in miglioramento. Nel triennio 2017-2019 si è misurata una crescita del PIL che variava dal 1,1% al 1,9%. Nel 2017, il deficit arrivò al solo 0,8%. Sotto la guida di Mitsotakis si è continuato il percorso concordato con l’Unione europea, velocizzando il processo di digitalizzazione e riducendo le imposte sul reddito delle società dal 28% al 24%. Gli effetti positivi delle riforme strutturali si sono manifestate anche con un calo della disoccupazione dal 17,3% nel 2019 al 9,4% nel 2024. Il Fondo Monetario Internazionale prevede un calo del debito del paese e una crescita del PIL nel prossimo futuro.
3.
“È una storia di ripresa straordinaria. Non è stato facile né ovvio che potesse accadere”, ha dichiarato Christos Megalou, CEO di Piraeus Bank, considerata la peggiore delle quattro banche sistemiche all’inizio del piano di ripresa. “La nostra ambizione è diventare un caso di studio della Harvard Business School”, ha ribadito l’ex banchiere d’investimento di Credit Suisse nominato CEO nell’aprile 2017, intervistato da IFR.11
Quanto ai tempi e ai modi delle riprivatizzazioni, le operazioni di vendita sono state stata realizzate dall’Hellenik Financial Stability Fund (HFSF).Tale Fondo, con sede ad Atene, è stato istituito nel luglio 2010 ai sensi della Legge 3864/2010 come entità giuridica privata di proprietà statale con lo scopo di “contribuire al mantenimento della stabilità del sistema bancario greco, per il bene dell’interesse pubblico”; Ha iniziato la sua attività il 30 settembre 2010 con la nomina dei membri del Consiglio di amministrazione. Esso è stato finanziato dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) con 50 miliardi di Euro allo scopo di ricapitalizzare le banche greche. Nel primo anno e mezzo dalla sua creazione, l’HFSF disponeva di un capitale di 1,5 miliardi di Euro. In questo periodo, l’unica banca a beneficiare dei suoi finanziamenti è stata la banca Proton. Nella primavera del 2013, l’HFSF, insieme alla Banca di Grecia, ha guidato la fusione di dieci banche greche in quattro banche “sistemiche”.12
All’inizio del 2015, l’HFSF manteneva un buffer residuo di 11 miliardi di Euro in obbligazioni EFSF che il governo greco uscente intendeva riutilizzare come linea di credito precauzionale. Nel febbraio 2015, la nuova amministrazione guidata da Syriza ha negoziato con la Troika una proroga di sei mesi dell’accordo quadro sul meccanismo di assistenza finanziaria. L’amministrazione ha proposto di riutilizzare i fondi rimanenti per investimenti anticiclici keynesiani nel settore economico non bancario. L’Eurogruppo ha tuttavia insistito sul fatto che il buffer rimanente «può essere utilizzato solo per i costi di ricapitalizzazione e risoluzione delle banche».
L’HFSF aveva l’opzione di convertire 2 miliardi di Euro di obbligazioni perpetue in azioni della Piraeus Bank nel dicembre 2022. A novembre 2020, la capitalizzazione di mercato totale della banca era inferiore a 500 milioni di Euro. La conversione è stata attivata nel novembre 2020, conferendo all’HFSF un’ulteriore quota del 35% della banca per un valore inferiore a 200 milioni di Euro, con una perdita cartacea di oltre 1,5 miliardi di Euro.
Nell’autunno del 2023, l’HFSF ha iniziato a vendere le sue partecipazioni negli istituti di credito greci, al fine di riprivatizzare le banche. A marzo 2024, aveva recuperato 34,8 miliardi di Euro sui 30,9 miliardi di Euro immessi nel sistema bancario (senza considerare l’inflazione). Nell’ottobre 2024, l’HFSF ha completato la privatizzazione con la vendita della sua partecipazione nella Banca Nazionale di Grecia.
L’intervento di HFSF, attualmente positivamente concluso, tuttavia è stato affiancato e reso possibile da altre misure finanziarie. HFSF ha infatti conferito 46,2 miliardi di Euro nelle banche nel 2013, ma il percorso non è stato lineare ma bensì contraddistinto da alti e bassi influenzati dalle oscillazioni politiche ed economiche. A giugno 2015, per esempio, la Grecia ha imposto controlli sui capitali che hanno chiuso temporaneamente le banche e limitato i prelievi di contanti a 60 Euro al giorno per evitare la corsa agli sportelli. I controlli sono stati allentati, ma non completamente rimossi fino a settembre 2019.
Negli ultimi tre anni l’atmosfera è cambiata in modo significativo, rispecchiando l’interesse per le recenti vendite di partecipazioni e la forte domanda per le operazioni obbligazionarie delle banche.
Il lavoro di base per le vendite è stato posto dal 2016 al 2020, quando ogni banca ha dovuto iniziare a scaricare enormi quantità di esposizioni deteriorate e ristrutturarsi per rendere possibile l’investimento esterno. La crisi sovrana aveva lasciato le banche con 106 miliardi di Euro di NPE nei loro libri contabili, ovvero il 49% dei loro prestiti. Liberarsi dei prestiti in sofferenza non è stato inizialmente semplice, ma significativo è stato l’avvio da parte del Ministero delle Finanze greco, nel 2018, dell’Hellenic Asset Protection Scheme, soprannominato Hercules, che ha permesso di cartolarizzare le esposizioni, e ha previsto garanzie statali per le tranche senior, per affrontare una enorme quantità di debiti esigibili, richiamando l’attività svolta dal piano italiano Atlante. Le vendite del portafoglio sono state complesse e difficili – e ostacolate dalla crisi pandemica – ma tutte e quattro le banche hanno fatto ricorso ad Hercules per scaricare enormi blocchi di prestiti a intermediari del calibro di Cerberus, Pimco e Davidson Kempner. Hercules ha permesso alle banche di smaltire efficacemente i NPL a prezzi non troppo proibitivi per il loro capitale.
Il banco Pireo, ad esempio, aveva € 35 miliardi di NPL in valore nominale alla fine del 2016, che rappresentavano il 52% del suo portafoglio di prestiti. A fine giugno.
I NPE rappresentavano solo il 3,3% dei prestiti. Il rapporto tra NPE a NBG ed Eurobanche è simile, ed è sceso al 4,7% ad Alpha. Per utilizzare il sistema, tuttavia, le banche necessitavano di capitale sufficiente per coprire le perdite derivanti dalla vendita di prestiti a grandi sconti, ricorrendo pertanto l’accesso al mercato dei capitali, comprese le vendite delle loro società di gestione del credito.
Il Pireo ha aperto la strada con alcuni accordi di riferimento e mentre era considerato il brutto anatroccolo delle quattro banche sistemiche sta emergendo come leader. Il momento più cruciale per la sua ripresa è stato un aumento di capitale di € 1,4 miliardi nell’aprile 2021 oltre alla conversione delle obbligazioni convertibili condizionali detenute dall’HFSF. L’operazione ha permesso al Pireo di dare seguito emettendo 600 milioni di Euro di AT1 e quindi di disporre di 19 miliardi di Euro.
Nell’ottobre 2018, il Pireo ha ottenuto la prima vendita di un portafoglio garantito di prestiti Amoeba, alla Bain Capital a circa 30 centesimi di Euro, e ha venduto due portafogli di prestiti di trasporto. A giugno 2019 ha venduto la piattaforma che serviva i NPE a Intrum per € 440 ml, ha rafforzato così il suo capitale e ha aperto la porta alla vendita di un’obbligazione Tier 2 da 400 milioni di Euro, la prima realizzata da qualsiasi impresa greca dopo la crisi.
L’ultima raffica di operazioni azionarie da settembre 2023 è stata più semplice. HFSF ha venduto il suo 1,4% di Eurobank direttamente alla banca, ha ridotto la sua partecipazione in NBG dal 40,4% tramite un’offerta di azioni e ha venduto la sua partecipazione del 27% in Pireo in un’offerta fortemente sottoscritta. Ha venduto la sua partecipazione del 9% in Alpha direttamente alla banca italiana UniCredit per 293 milioni di Euro.
4.
La Grecia non riavrà i 46,2 miliardi di Euro che ha iniettato nel suo sistema bancario nel 2013, ma ciò non sarebbe in ogni caso accaduto. L’erogazione comprendeva 38 miliardi di Euro di perdite derivanti dalla svalutazione dei titoli di Stato greci, il che è stato un vantaggio per il governo e considerato neutrale rispetto al divieto di aiuti di stato. L’HFSF ha incassato 2,8 miliardi di Euro dalle vendite di partecipazioni e la vendita di un altro 10% di NBG porterà tale cifra a 3,5 miliardi di Euro. HFSF ha inoltre ricevuto 2,7 miliardi di Euro dai pagamenti delle cedole sui titoli CoCo e dai rimborsi del capitale, e 1,1 miliardi di Euro di commissioni dalla ricapitalizzazione del 2013, il che suggerisce proventi per 7,3 miliardi di Euro.
La valutazione da parte dell’HFSF del rapporto costi/benefici della ricapitalizzazione e della ristrutturazione delle banche è che ha avvantaggiato il contribuente greco di circa 3,5 miliardi di Euro, dopo aver tenuto conto della svalutazione del debito pubblico greco; tali dati sono contenuti nel suo ultimo rapporto sullo stato di avanzamento di agosto 2024.
HFSF possiede, inoltre, il 72,5% di Attica Bank, che è il quinto istituto di credito greco, ma molto più piccolo delle quattro grandi e non considerato sistemico. Le banche d’investimento hanno guadagnato decine di milioni di Euro per il loro lavoro, soprattutto se si includono le vendite di NPL. Tali commissioni riflettono un lungo elenco di mandati, anche se i banchieri hanno lamentato che le commissioni del governo sono state anche molto inferiori a quelle pagate dalle società private. HFSF non ha risposto a una richiesta di stima sulle commissioni dei banchieri. Nel corso degli anni, i principali consulenti sono stati Goldman Sachs, UBS, Bank of America, JP Morgan, Morgan Stanley, Lazard e Rothschild, ma molti altri hanno avuto un ruolo, come la banca spagnola Alantra per le operazioni su NPE.
Attualmente si può dire che la ristrutturazione è ormai in gran parte completata e le quattro banche appaiono in buona forma e realizzano forti profitti. Sono inevitabilmente dipendenti dall’economia greca, che si prevede crescerà del 2,2% quest’anno e del 2,1% nel 2025, al di sopra delle aspettative di crescita media dell’UE. Ogni banca è anche molto più snella. Pireo, ad esempio, è passata da 18.100 dipendenti e 921 filiali alla fine del 2016 a 7.900 persone e 386 filiali, riducendo i costi al 29% del suo reddito principale dal 62% del 2016, il che la rende una delle banche con il più basso rapporto costi/ricavi tra le banche europee.
Le banche sono state autorizzate a riprendere a distribuire dividendi agli azionisti per la prima volta in 16 anni; devono iniziare a farlo in modo conservativo, ma gli analisti si aspettano che abbiano capitale sufficiente per aumentare i pagamenti nei prossimi tre anni. Anche i mercati obbligazionari sono stati ricettivi. Eurobank sempre nel settembre 2024 ha attirato una domanda eccezionale per un’obbligazione senior preferred “verde inaugurale” da 850 milioni di Euro, che ha attratto il portafoglio ordini più grande mai registrato dalla crisi del debito sovrano per un’operazione bancaria greca senior.
Il prezzo delle azioni di tutte e quattro le banche è una frazione dei livelli del 2015, ma tutte hanno registrato un rialzo negli ultimi tre anni, NBG ha guidato i rialzi triplicando il valore delle sue azioni. La loro capitalizzazione di mercato combinata è di circa 24 miliardi di Euro, in aumento di 2,5 volte in tre anni, e NBG ed Eurobank hanno ciascuna una capitalizzazione di mercato di oltre 7 miliardi di Euro e le loro azioni sono scambiate a quasi 0,9 volte il valore contabile tangibile, mentre Piraeus è a 0,65 e Alpha è vicino a 0,6 volte.
Si sono manifestate sporadiche speculazioni su acquisizioni; per evitare gravi rischi ciascuna delle banche ha un azionista principale che giocherebbe un ruolo fondamentale in caso di qualsiasi operazione ostile o anche solo particolarmente rischiosa. Il principale azionista di NBG è il governo greco, mentre Fairfax detiene il 33,8% di Eurobank, il gestore di hedge fund John Paulson detiene il 18,6% di Piraeus e Alpha è per il 9,6% di proprietà di una banca che non è estranea alle azioni di acquisizione: UniCredit.
In conclusione, la lezione della Grecia, in merito alla “riprivatizzazione” delle banche si può ritenere positiva. In primo luogo, se ne deve trarre la conclusione che gli Stati che hanno venduto basandosi su un progetto di lungo termine e combinando più soluzioni come collocamenti pubblici, privati, fusioni, buyback, hanno avuto come risultato un sistema bancario più eterogeneo ed efficiente.
Inoltre si può affermare che la lezione di fondo appresa in Grecia è che, se la logica del bailout era garantire la stabilità finanziaria e l’efficienza sistemica, le banche andavano riprivatizzate nella stessa concezione: a prescindere dalle valutazioni strategiche sui singoli dossier o, peggio, da contingenze politiche di mercato che influiscono sui potenziali incassi.13 E a questo punto il confronto con le operazioni di ristrutturazione e consolidamento portate avanti in Italia a partire dal 2016 e 2017 appare complessivamente negativo.
1 A. Greco, Gli Stati restituiscono le banche. Il collocamento del 15% di Mps chiude la stagione dei salvataggi, in https://www.repubblica.it/economia/2024/11/18/news/banche_salvataggi_costo_stati_incassi_mps-423633203; Nikas - Comfort - Arons, L’era dei salvataggi bancari in Europa volge al termine con le vendite degli Stati, in www.bloomberg.com/europe, 15 ottobre 2024, a proposito del sistema bancario greco, affermano “Le cessioni aumentano mentre i governi incassano dalle valutazioni più elevate. La Grecia ha restituito l’intera industria alla proprietà privata in un anno”.
2 Per le vicende che hanno portato alla “ricapitalizzazione precauzionale” di MPS, v. Barbagallo, Audizione alla Commissione Parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Legge 12 luglio 2017, n. 107), Senato della Repubblica - Camera dei deputati, Roma 22 novembre 2017; Onado, Monte dei Paschi e le sue sorelle, in Modiano - Onado, Illusioni perdute. Banche, imprese, classe dirigente in Italia dopo le privatizzazioni, Bologna, 2024, pp. 277 e ss.; V., in Banca d’Italia, La ricapitalizzazione precauzionale di MPS, in www.bancaditalia.it/media/approfondimenti/2017/ricapitalizzazione-precauzionale-mps/index.html, una accurata ricostruzione della procedura. Per i casi di “ricapitalizzazione precauzionale” in Europa e per le difficoltà di riportare sul mercato le banche ricapitalizzate, v. Martino - Perini, Rescued Banks Back in the market, The teory, Practices and Future Perspettive of the Precautionary recapitalization, in European Company and Financial Law Review, Volume 22, Issue 2, 9 luglio 2025. Ivi anche una analisi critica della Proposta della Commissione EU, Crisis Management and Deposit insurance Framework (CMDI), nel testo approvato il 26 giugno 2025. Che per quanto concerne la riforma della “ricapitalizzazione precauzionale” non raggiunge l’obiettivo prefissato e rischia di vanificare il ruolo della procedura.
3 Un quadro molto preciso della gestione di alcune crisi bancarie negli Stati membri dell’Unione europea alla luce del nuovo quadro giuridico sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi, introdotto dalla Direttiva 2014/59/UE (BRRD) e dal Regolamento n. 806/2014 (Regolamento SRM) si legge in Cassella - D’Onofrio, L’applicazione della disciplina della risoluzione delle banche in crisi nell’Unione europea, in ASSONIME, NOTE e STUDI, n. 16, 2017. L’analisi copre Spagna, Portogallo, Italia, Germania, Danimarca, Slovenia, Cipro e Grecia. Il nuovo strumento della ricapitalizzazione precauzionale è stato adottato solo tre volte, due in Grecia e una in Italia. La svalutazione delle azioni e delle obbligazioni, o la conversione in capitale di queste ultime, è stata applicata con un’estensione diversa nei singoli casi: i possessori di senior bonds sono stati sottoposti a bail-in solamente in tre casi (uno in Portogallo e due in Grecia) e i depositanti al di sopra dei 100.000 Euro sono stati coinvolti nel bail-in in alcune banche cipriote, già nel 2013, e nella risoluzione di una banca danese.
4 Commerzbank è la banca leader delle piccole e medie imprese tedesche e un partner forte per circa 25.500 gruppi di clienti aziendali e quasi 11 milioni di clienti privati. I segmenti di attività della banca offrono un portafoglio completo di servizi finanziari. Commerzbank effettua circa il 30% del commercio estero della Germania ed è presente a livello internazionale in più di 40 Paesi nel settore del finanziamento alle imprese. La Commerzbank è stata oggetto di un processo di privatizzazione dopo essere stata salvata dal governo tedesco durante la crisi finanziaria del 2008. Il governo tedesco, che ha investito miliardi di Euro per sostenere la banca, sta ora progressivamente vendendo le proprie quote per recuperare l’investimento. La privatizzazione è iniziata nel 2011, con la restituzione della maggior parte dei fondi, e nel 2013 la partecipazione pubblica è scesa a un livello inferiore al 25%. UniCredit, ha acquisito una quota di Commerzbank, diventando uno degli azionisti più importanti. Unicredit è posizionata come un investitore strategico, con l’intenzione di esplorare opportunità per una possibile fusione tra le due banche, e ha ricevuto il via libera, oltre che della BCE, dell’antitrust tedesco a salire al 29,9%. Tuttavia, di recente Theurer, membro del Consiglio Direttivo della Bundesbank si è espresso in forma dubitativa rispetto ad una ulteriore acquisizione, sostenendo le che “le fusioni offrono opportunità, ma comportano sempre anche dei rischi”. Sulle tormentate vicende dell’acquisizione di Commerzbank, che si inquadrano nelle recenti ipotesi di “risiko bancario”, v. Resti, Il destino di Unicredit - Commerzbank si gioca su Berlino e Francoforte, in Lavoce.info, 17/09/24. L’approvazione della BCE alla fusione tra la banca italiana e la tedesca ha particolare rilievo, trattandosi della prima vera grande aggregazione bancaria cross-border da quando esiste la vigilanza unica. Cfr. Aiello - Pitocchi - Vasile, Operazioni cross border, trasferimento all’estero e rimedi del Legislatore, in Dirittobancario.it,17 novembre 2022.
5 Cfr. Rispoli Farina - Rotondo, La crisi dei mercati finanziari tra effetti della globalizzazione e fallimento della regolamentazione, in La crisi dei mercati finanziari, a cura di Id., Milano, 2009, pp. 1 e ss.; McCoy, Il contagio dei subprime, ivi, pp. 25 e ss.; Onado, Crisi finanziarie e vigilanza, ivi, pp. 137 e ss.; Rispoli Farina, La crisi finanziaria e i rimedi normativi: un quadro d’insieme, in Corso di legislazione bancaria. Approfondimenti sulla legislazione bancaria vigente, a cura di Benocci - Mazzini, II, Pisa, 2009, p. 318; Onado, I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte, Bari, 2009.
6 Onado, Monte dei Paschi di Siena e le sue sorelle: le crisi bancarie italiane, in Illusioni perdute, Modiano - Onado, Bologna, 2024, pp. 269 e ss.; Rispoli Farina, La soluzione della crisi del Monte paschi di Siena e delle banche venete nell’ambito della procedura di risanamento e risoluzione delle banche italiane. Uno sguardo di insieme, in Studi Senesi, 2018, pp. 449 e ss. Di particolare impatto sul mercato bancario italiano, la “crisi delle quattro banche locali” ha riguardato la risoluzione di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Carife (Cassa di Risparmio di Ferrara) e CariChieti (Cassa di Risparmio di Chieti) avvenuta nel 2015. Queste banche, tutte di piccole dimensioni, hanno incontrato difficoltà finanziarie e sono state poste in amministrazione straordinaria dalla Banca d’Italia. La soluzione ha comportato la creazione di banche-ponte per garantire la continuità dei servizi essenziali e la costituzione di una “bad bank” per gestire i crediti in sofferenza. Cfr. Scipione, Crisi bancarie e disciplina degli aiuti di Stato. Il caso italiano: criticità applicative e antinomie di una legislazione d’emergenza, in Innov. dir., 2017, pp. 284 e ss.; Montanaro - Tonveronachi, Il vincolo degli aiuti di stato nell’ambito del meccanismo unico di risoluzione il caso di quattro piccole banche italiane, Siena, 2018. Per Messori, Il processo di Unione bancaria e il sistema bancario italiano, in Il diritto bancario europeo. Problemi e prospettive, a cura di Chiti - Santoro, Pisa, 2022, pp. 39 e ss., l’intervento sulle quattro banche ha suscitato all’epoca una grave crisi di fiducia nei confronti del sistema bancario. Perplesso sull’applicazione delle nuove norme sulle crisi Guiso, Crisi bancarie: la soluzione che non funziona, in www.Lavoce.info, 14 dicembre 2015.
7 Per un quadro complessivo della organizzazione della banking union e delle problematiche poste dalla costituzione dell’Unione bancaria nell’ambito dell’Unione europea, v. Aa.Vv., L’unione bancaria europea, a cura di Chiti - Santoro, Pisa, 2016.
8 Rispoli Farina, Quali lezioni dalle crisi bancarie di marzo? Crolli, timori e riforme, in Ianus, 2022, pp. 136 e ss.; Gortsos, Legal Aspects of Deposit Guarantee: International Financial Standards and EU Law (with an Excursus on Swiss Law and some Considerations related to the Spring 2023 Financial Turmoil), 6 novembre 2024, disponibile presso https://ssrn.com/abstract=4735154; Messore-Bonardi, Crisi bancarie e strumenti Additional Tier 1: il caso Credit Suisse; FSF, Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutionsin, April 2024, all’indirizzo /www.fsb.org/2024/04/key-attributes-of-effective-resolution-regimes-for-financial-institutions-revised-version-2024. Cfr. inoltre l’ampia analisi di Pezzulli, La caduta dei titani (bancari): storia idiosincratica o rischio sistemico?, in Dialoghi dir econ., maggio 2023, pp. 1 e ss. Per i primi commenti alla crisi di Silicon Valley Bank (SVB) e Signature negli Stati Uniti, ma anche alla crisi di Credit Suisse, v. Manca, Banche: le colpe sono note. Mancano vigilanza e fiducia, in Corriere della sera, 16 marzo 2023, 28; Onado, Perché quella di SVB non è una crisi da sottovalutare, in IlSole24ore, 13 marzo 2023; Baglioni, Crisi bancarie, ci risiamo? in LaVoce.info, 14 marzo 2023; Lenzi, Silicon Valley bank o dell’insostenibile leggerezza dell’essere delle minusvalenze, in IlSole24ore, 14 marzo 2023; Bertoldi, Il lungo termine e la responsabilità del banchiere, ivi, 13 marzo 2023. Il dibattito sulla valenza delle crisi del marzo 2023 è proseguito dopo il salvataggio di First National Bank. Cfr. Massiah, Lezioni allo sportello. Dalle ultime crisi esplode il rischio reputazionale, in Corriere della sera, 8 maggio 2023, 7, Beccalli - Massiah, Due crisi diverse e una lezione unica. La reputazione è tutto, in IlSole24ore, 20 maggio 2023; Ferrari, Le banche e la crisi: non incolpate i regolatori. La lezione americana, in Corriere della sera, 22 maggio 2023, 21, Trapanese - Albareto, Le crisi bancarie statunitensi del 2023: cause, risposte di policy e insegnamenti, in Questioni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, Roma, aprile 2024; Rispoli Farina, Un confronto tra il sistema bancario USA e il sistema europeo. Quale vigilanza e quale soluzione alle crisi bancarie?, in Inn. dir., 2025, pp. 35 e ss. Le crisi americane del 2023 hanno evidenziato come anche episodi di crisi di banche non considerate “sistemiche” possono in realtà porre rischi per la stabilità finanziaria; quest’ultima potrebbe inoltre essere compromessa nel caso di un’attuazione incompleta degli standard prudenziali concordati a livello internazionale; con riferimento all’Europa, potrebbero essere valutate alcune revisioni mirate alle regole prudenziali e, con riferimento ad alcuni specifici aspetti, ampliati i margini di flessibilità del sistema di gestione delle crisi.
9 Per un recente quadro critico del sistema finanziario americano cfr. Epstein, Busting the Bankers’ Club. Finance for the Rest of Us, Oakland, 2024. Per una ricostruzione del sistema bancario americano, Rispoli Farina, Un confronto, cit.
10 Slater - Spink, Greek banks’ odyssey nears end with NBG sale, 26 September 2024, disponibile all’indirizzo www.ifre.com/story/2037328/greek-banks-odyssey-nears-end-with-nbg-sale.
12 L’attività del fondo era presidiata con la partecipazione alla governance delle banche. Nel 2014 l’HFSF aveva un rappresentante (membro non esecutivo indipendente) nel consiglio di amministrazione della Banca nazionale di Grecia; un rappresentante (membro non esecutivo) nel consiglio di amministrazione di Alpha Bank (12 maggio 2015) contestualmente membro del comitato di gestione del rischio della banca, del comitato di audit, del comitato per la remunerazione e del comitato per la governance aziendale e le nomine. L’HFSF aveva anche un rappresentante (amministratore non esecutivo) nel Consiglio di amministrazione della Eurobank Ergasias (13 maggio 2015), nonché un rappresentante nel consiglio di amministrazione della Banca del Pireo (2015). L’HFSF aveva l’opzione di convertire 2 miliardi di Euro di obbligazioni perpetue in azioni della Piraeus Bank nel dicembre 2022. A novembre 2020, la capitalizzazione di mercato totale della banca era inferiore a 500 milioni di Euro. La conversione è stata attivata nel novembre 2020, conferendo all’HFSF un’ulteriore quota del 35% della banca, per un valore inferiore a 200 milioni di Euro, con una perdita cartacea di oltre 1,5 miliardi di Euro.
13 L’attività posta in essere dal HFSF è reperibile su hfsf.gr; per una panoramica degli interventi per la Grecia, v. Saroudakis, The Hellenic Financial Stability Fund: The State’s Agent in a Banking System under Restructuring, in 2 Int’l Rev. Financ. Serv., 2014, pp. 58 e ss.; Hadjiemmanuil, The Euro Area in Crisis: 2008-2018, in Oxford Handbook on the EU Law of Economic and Monetary Union, a cura di Amtenbrink - Herrmann, Oxford, 2018, pp. 1253 e ss. (anche pubblicato in LSE Law, Society and Economy, Working Papers 12/2019); Piantelli, Managing Banking Crises in Europe after the Great Crisis, Radboud Bus. L. Institute - Law of Business and Finance, Vol. 20, Nederland, 2021; Gortsos, The Impact of the Current Fiscal Crisis in the Euro Area on the Greek Banking System and the Measures Adopted to Safeguard its Stability: An Institutional, Supervisory and Regulatory Perspective, in ssrn.com/abstract=2769795.
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