Scritto da Emanuele Coraggio • dic 2019
L’articolo mira ad inquadrare sul piano giuridico il complesso fenomeno delle valute virtuali sulla base dell’analisi della scarna normativa di riferimento e della loro struttura e funzionamento nonché ad individuarne un possibile statuto giuridico, tenuto conto in particolare del recente recepimento nell’ordinamento italiano della Quinta Direttiva UE antiriciclaggio.
The paper aims at providing a legal framework of the complex phenomenon of virtual currencies on the basis of the analysis of the scant reference legislation and of their structure and functioning as well as at identifying a possible legal statute, particularly taking into account the recent transposition into Italian law of the fifth EU anti-money laundering directive.
1.
L’innovazione tecnologica ed informatica degli ultimi anni ha fatto balzare all’attenzione della più recente letteratura giuridica la tematica delle valute virtuali (anche dette, secondo una terminologia ricorrente, criptovalute o criptomonete).1 Per comprendere il fenomeno de quo, quanto meno nei suoi tratti essenziali, e correttamente inquadrarlo sul piano giuridico pare opportuna una fondamentale premessa: risulta, infatti, preliminare rispetto all’indagine che qui si intende condurre definire il concetto di moneta o valuta che dir si voglia.2
Tutt’altro che facile appare la ricostruzione del fenomeno monetario, che è stato largamente indagato in letteratura scientifica.3 Volendo delimitare il campo di indagine si potrebbero prendere in considerazione due teorie: quella statalista e quella funzionale.
La prima,4 che affonda le sue radici nella c.d. teoria cartalista dell’economista tedesco Knapp,5 sostiene che la moneta è il mezzo di pagamento, creato e garantito dallo Stato, cui la legge attribuisce corso legale (o potere liberatorio), ossia l’idoneità ad estinguere le obbligazioni pecuniarie con la conseguente impossibilità di costituire oggetto di rifiuto da parte del creditore.6 La giurisprudenza di legittimità, invero, sembra aderire alla predetta teoria nel momento in cui afferma che può essere qualificata moneta soltanto il mezzo di pagamento universalmente accettato, che è espressione delle potestà pubblicistiche di emissione e di gestione del valore economico, in conformità agli obiettivi stabiliti dall’ordinamento nazionale e sovranazionale.7
Probabilmente la teoria che raccoglie maggiori consensi nella letteratura economico-giuridica è quella funzionale, secondo la quale è possibile individuare la moneta sulla base della funzione che essa esercita («Money is what money does»8), o più precisamente sulla base delle tre funzioni che dall’antichità9 fino ai giorni nostri10 si ritiene che la moneta eserciti, ossia: a) mezzo di pagamento; b) unità di conto; c) riserva di valore. Mezzo di pagamento significa che l’utilità essenziale della moneta consiste nell’essere impiegata ed accettata come strumento per acquistare beni o servizi. Unità di conto, d’altro canto, indica che la moneta funge da parametro ai fini della misurazione del valore dei beni scambiabili sul mercato. Riserva di valore, infine, vuol dire che la moneta consente di conservare nel tempo quella parte del reddito prodotto non destinata immediatamente all’acquisto di beni o servizi (rectius al consumo) e, dunque, di dar vita a ciò che gli economisti definiscono risparmio.
Al fine di saggiare la sussumibilità delle criptovalute entro una delle definizioni di moneta appena delineate appare imprescindibile il richiamo di eventuali definizioni normative delle prime. A tal riguardo è bene sottolineare che il legislatore italiano, fino a non molto tempo fa silente sul punto, nel modificare la normativa antiriciclaggio con il D.Lgs. n. 90/2017,11 ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la definizione di «valuta virtuale». Quest’ultima, alla luce della Quinta Direttiva UE anti-money laundering (AMLD5),12 recentemente recepita nel nostro ordinamento,13 è definita come «rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata ad una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».14
Un parametro di riferimento a livello normativo per valutare cosa siano le criptovalute, pertanto, attualmente esiste ed esso costituisce un irrinunziabile termine di paragone per l’operatore del diritto italiano che intenda assumere l’arduo compito di ricostruirne la natura giuridica e la disciplina applicabile.
2.
Prima di sottoporre a vaglio critico alcune delle innumerevoli tesi elaborate in dottrina in punto di qualificazione giuridica, pare opportuno approfondire brevemente la struttura e il meccanismo di funzionamento delle criptovalute. Queste ultime, in particolare, si caratterizzerebbero per i seguenti elementi fondamentali.15
Anzitutto sono create da soggetti privati e non, appunto, da una banca centrale o da un’autorità pubblica. Questa caratteristica, a ben vedere, è anche alla base della nascita nel 2009 della prima criptovaluta, il bitcoin, con la finalità di dar vita ad un mezzo di scambio alternativo alla moneta legale ed il cui valore non fosse determinabile sulla base delle politiche monetarie degli Stati.16
Non sono fisicamente detenute dall’utente ma sono impiegabili unicamente in via telematica, attraverso un software open-source scaricabile sul proprio computer o sul proprio smartphone. Installato il software in questione è possibile creare un proprio account e aprire un proprio «portafogli elettronico» (c.d. e-wallet), nel quale depositare criptovalute e al quale attingere per acquistare beni o servizi mediante le stesse.
L’identità dei soggetti titolari di portafogli elettronici coinvolti nelle transazioni è (o meglio sarebbe)17 coperta dall’anonimato – d’altronde per questo si parla anche di cripto-valute o di cripto-monete.
Infine, le transazioni tramite le quali le valute virtuali vengono trasferite sono tecnicamente irreversibili, grazie all’impiego di un particolare registro elettronico denominato blockchain che ne conserva immodificabilmente la storia.18
Le criptovalute, così definite sul piano strutturale e funzionale, finirebbero pertanto con il coincidere con i c.d. payment tokens, caratterizzati per la circostanza di fungere da mezzo di pagamento e di non conferire al detentore alcun diritto nei confronti dell’emittente (se presente).19
3.
La Banca centrale europea in un suo report del 2012 ha ritenuto di poter distinguere fra tre tipi fondamentali di virtual currency schemes,20 e precisamente:
la moneta virtuale chiusa (o non convertibile), tipica di alcune piattaforme di giochi online, in cui si paga unicamente un canone periodico di abbonamento e si ricevono delle monete virtuali iniziali spendibili unicamente all’interno della piattaforma ed accrescibili solo attraverso il compimento di determinate attività online;
la moneta virtuale unidirezionale (o a convertibilità limitata), acquistabile mediante moneta legale e spendibile per l’acquisto di beni e servizi online e, talvolta, anche di beni e servizi reali, ma non riconvertibile in moneta tradizionale (si pensi agli Amazon Coins, spendibili unicamente all’interno del sito dell’emittente);
infine, la moneta virtuale bidirezionale (o a convertibilità piena), che può essere acquistata e riconvertita in moneta legale senza alcun vincolo. A quest’ultima categoria appartengono non solo la criptovaluta più nota, ossia il Bitcoin, ma anche la gran parte delle altre criptovalute esistenti: Ethereum, Ripple, LiteCoin, DashCoin, ecc..
Ulteriore distinzione riguarda le modalità attraverso cui viene creata la valuta virtuale, e così si suole distinguere fra quella decentralizzata e quella centralizzata.21 Nella prima, in particolare, la creazione (c.d. mining o estrazione) è realizzata in via diffusa da parte di utenti del network che ricevono criptomonete come premio per la risoluzione di problemi di carattere informatico e, dunque, per aver volontariamente apportato un contributo che garantisce il corretto funzionamento del network e la sicurezza delle transazioni.
Nella seconda, viceversa, vi è un unico soggetto preposto alla loro emissione. Si badi che ad oggi la quasi totalità delle criptovalute è ascrivibile alla prima categoria, nonostante non manchino esempi della seconda come Signet22 e JPM Coin23 e, ove andasse in porto, Libra, la criptovaluta annunciata da Facebook il cui lancio dovrebbe avvenire nel 2020.24
4.
Ci si domanda a questo punto se sia predicabile la natura monetaria delle criptovalute. Orbene, è evidente che la risposta al presente interrogativo risente della definizione di moneta che a monte si intende adottare.
Certamente se si segue la teoria statalista la risposta non può che essere negativa, stante la natura essenzialmente privata delle criptovalute e la necessità, ai fini del loro impiego, di un’accettazione su base volontaria. In realtà, salvo voler sostanzialmente far coincidere il concetto di moneta con quello di valuta – da intendersi, secondo la più attenta dottrina giuridica ed economica,25 come quella particolare species monetaria emessa da parte di un’autorità pubblica e assistita da legal tender – parrebbe preferibile non aderire alla teoria in esame. Dall’analisi della normativa inerente alle obbligazioni pecuniarie di cui agli artt. 1277 e ss. C.C., in cui si discorre di “moneta avente corso legale”, d’altra parte, emerge chiaramente che il legislatore presuppone una differenza concettuale non trascurabile fra quest’ultima (i.e. la valuta/moneta avente corso legale) e la moneta lato sensu intesa.
Nell’àmbito di una analisi de iure condito, dunque, patrocinare la teoria in commento significherebbe di fatto ignorare il dato ordinamentale e di conseguenza giungere a dei risultati errati in punto di qualificazione giuridica.
Maggiormente aderente alla normativa – che lungi dal definire cosa sia la moneta si interessa di disciplinarla alla stregua di mezzo di pagamento, ossia per la funzione primaria che la stessa esercita – è la teoria funzionale, la quale pertanto risulta preferibile nel discernere che cosa per l’ordinamento possa o meno qualificarsi come moneta.
Orbene, a voler assumere quest’ultimo come angolo visuale, si potrebbe ragionevolmente sostenere, nonostante la questione sia controversa,26 che le criptovalute diano vita ad una vera e propria forma di moneta, ancorché complementare.27 In effetti, più passa il tempo e si diffonde l’impiego generalizzato delle stesse (o di alcune di esse come il bitcoin), più difficile diventa negare sul piano funzionale la loro natura monetaria quando impiegate come mezzo di pagamento.28
Questa impostazione, maggiormente persuasiva perché più aderente alla «realtà giuridica effettuale»,29 sconta tuttavia il disposto della AMLD5, la quale expressis verbis statuisce che la valuta virtuale non possiede lo status giuridico della valuta o della moneta.30 Pur aderendo alla teoria funzionale e riconducendo l’ubi consistam delle criptovalute al fenomeno monetario, pertanto, allo stato attuale della normativa le medesime non potrebbero mai qualificarsi in punto di disciplina applicabile come monete né in Italia né in generale nell’Unione europea per via di un’espressa presa di posizione “politica” del legislatore dell’UE. Si osservi, d’altronde, che la mancata trasfusione nella normativa interna del riferimento allo status giuridico delle valute virtuali, verosimilmente imputabile ad un atteggiamento pilatesco del legislatore italiano in sede di recepimento della Direttiva, non pare dirimente in punto di qualificazione giuridica, che a fortiori va operata alla luce delle coordinate ermeneutiche rinvenibili nella fonte sovranazionale.
A conferma ulteriore della bontà di siffatta ricostruzione, inoltre, si porrebbero alcune statuizioni contenute nel preambolo della citata Direttiva, com’è noto privo di efficacia vincolante31 ma allo stesso tempo valido strumento di esegesi delle disposizioni dell’articolato.32 Ebbene, rileverebbero da un lato il Considerando 11, che esclude l’identificazione delle valute virtuali con le c.d. valute locali o monete complementari,33 e dall’altro il Considerando 10, che esplicita l’obiettivo della Direttiva di «coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali», quasi a volerne negare sempre e comunque la riconducibilità al concetto di moneta. A ciò aggiungasi, peraltro, che coerente ad una siffatta voluntas legis risulta la mancata menzione delle criptovalute – pur nella consapevolezza, consacrata dal dato normativo, che il loro impiego principale resta quello di means of payment – fra i funds34 di cui alla Direttiva UE 2015/2366 (PSD2) con conseguente inapplicabilità della relativa disciplina ai prestatori di servizi di pagamento in valute virtuali.35
Trattasi di un’impostazione normativa, a giudizio di chi scrive, poco cristallina che ignora (deliberatamente?) la reale direzione intrapresa dalle principali criptovalute quali mezzo di pagamento ulteriore rispetto alla valuta e che sembrerebbe creare la paradossale situazione di impedire l’applicazione della normativa inerente alle monete ad un fenomeno di natura essenzialmente monetaria. Non parrebbe peregrino auspicare, pertanto, che in una prospettiva de iure condendo venga eliminato dalla definizione di valuta virtuale quanto meno l’inciso relativo all’impossibilità di riconoscervi lo status giuridico di moneta,36 se non anche che venga appositamente esteso il perimetro della PSD2.
5.
Frattanto che il legislatore unionale non avrà operato una definizione positiva della natura giuridica delle valute virtuali, risulta prioritario ricostruire quest’ultima in via ermeneutica, tenuto conto della asserita impossibilità di equipararle alle monete in punto di diritto applicabile. A tal proposito può di certo essere utile analizzare i principali orientamenti patrocinati da coloro i quali, collocando il fenomeno in esame al di fuori del concetto stesso di moneta (ancor prima che al di fuori del relativo statuto giuridico), si preoccupano di addivenire ad un corretto inquadramento giuridico mediante l’impiego di categorie dogmatiche differenti.
Anzitutto vi è chi afferma che le criptovalute, pur non essendo denaro,37 apparterrebbero comunque al più ampio genus del bene giuridico (immateriale) ex art. 810 C.C..38 Si badi che questa tesi, prima della citata novella del 2017, era avversata da parte della dottrina sulla base di un asserito principio di tipicità dei beni immateriali.39 Logica conseguenza dell’adesione a questo orientamento sarebbe opinare che alle criptovalute non siano applicabili, neppure in parte, le norme dettate in materia di obbligazioni pecuniarie e che il contratto mediante il quale si scambino queste ultime contro beni sia qualificabile quale permuta ex artt. 1552 ss. C.C..
Secondo un diverso orientamento sostenuto dal Tribunale di Verona,40 d’altra parte, le criptovalute potrebbero essere ascritte alla categoria dello strumento finanziario ai sensi della normativa in tema di intermediazione finanziaria. Trattasi, tuttavia, di un’impostazione evidentemente in contrasto con l’art. 1, co. 2, T.U.F., che individua in maniera tassativa gli strumenti finanziari senza fare menzione alcuna delle valute virtuali.41
Ancora, si segnala la tesi dottrinale secondo cui le criptovalute potrebbero dar vita in realtà (non già ad uno strumento, bensì) ad un prodotto finanziario atipico, trattandosi di una categoria dogmatica aperta ed inclusiva degli strumenti finanziari e di ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.42 Si badi, tuttavia, che la predetta qualificazione riguarderebbe più l’operazione negoziale nell’àmbito della quale la criptovaluta è impiegata che la criptovaluta stessa, a condizione che ricorrano i seguenti tre elementi fondamentali, ossia: l’impiego di capitale, l’aspettativa di un rendimento di natura finanziaria ed il rischio correlato.43
Infine, vi è chi ritiene che le valute virtuali siano più semplicemente un documento informatico ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005), con la conseguente applicazione delle norme ivi contenute che ne disciplinano essenzialmente l’efficacia probatoria.44
6.
Ben difficile sarebbe aderire acriticamente ad una delle tesi poc’anzi illustrate, che con comprensibile e mirabile sforzo tentano di inquadrare un fenomeno così eterogeneo come quello analizzato. Sul piano metodologico, dunque, probabilmente la conclusione più corretta sarebbe fondare la propria indagine sull’assunto che i relativi risultati varino in funzione delle caratteristiche inerenti alla specifica criptovaluta considerata, o quanto meno dell’impiego concreto cui la medesima sia destinata (e.g. acquisto di beni e servizi ovvero attività lato sensu finanziaria) e del tipo di appartenenza (e.g. decentralizzata/centralizzata).45
Da un lato, infatti, è ormai innegabile che le criptovalute siano astrattamente ascrivibili alla macrocategoria dogmatica del bene giuridico immateriale ex art. 810 C.C., vuoi che si aderisca alla c.d. teoria realistica (secondo cui anche le res incorporales sono qualificabili come beni giuridici se assistite dai caratteri della scarsità e dell’utilità economica pur in assenza di un’espressa previsione normativa),46 vuoi che si aderisca alla c.d. teoria formalistica (che postula il già menzionato principio di tipicità dei beni immateriali).47 Trattasi ad ogni modo di qualificazione non sufficiente a descrivere compiutamente il fenomeno sul piano giuridico oltreché a rispondere a pieno alle esigenze di tutela dei soggetti coinvolti nelle relative transazioni, che necessitano pertanto di un corretto inquadramento ai fini dell’individuazione della disciplina in concreto applicabile.48
Si osservi, dunque, che nell’ipotesi in cui l’operazione negoziale posta in essere realizzi il trasferimento di criptovalute da una parte e della proprietà di un bene ovvero di altro diritto reale o di credito dall’altra, alla luce delle superiori considerazioni che impediscono di ritenere applicabile la disciplina dettata per le monete in subiecta materia, sembrerebbe corretto qualificare il contratto in questione in termini di permuta (piuttosto che di vendita). Ricorrendone i peculiari presupposti soggettivi riconducibili allo schema del c.d. secondo contratto (Business to Consumer), inoltre, risulterebbe altresì applicabile la normativa generale del Codice del consumo (D.Lgs. n. 206/2005).49
Viceversa, ove lo schema negoziale riconnesso all’impiego di criptovalute sia assistito da una causa in concreto di natura finanziaria secondo i canoni già indicati, lo stesso sarebbe inquadrabile nella categoria dogmatica del prodotto finanziario atipico.50 Da ciò deriverebbe, in particolare, l’assoggettamento dell’exchanger – ossia del soggetto preposto alla gestione della piattaforma informatica presso cui è possibile negoziare criptovalute e depositarle in e-wallet51 – alla disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari.52 Graverebbe su di esso, pertanto, il rispetto di tutti gli obblighi informativi verso il pubblico e delle regole sulla promozione pubblicitaria dei prodotti offerti, a cominciare dalla predisposizione del prospetto informativo, di cui agli artt. 93-bis e ss. T.U.F..53 Ancora, parrebbe corretto sostenere che l’exchanger sia sottoposto alla normativa sul collocamento a distanza di prodotti finanziari di cui al combinato disposto dell’art. 32 T.U.F. e degli artt. 125 e ss. del Regolamento intermediari della Consob, con la rilevante conseguenza di ritenere detta attività riservata a favore dei soli soggetti a ciò autorizzati dalla competente autorità di vigilanza e di ritenere applicabili alla medesima il libro III («Prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori») e IV («Procedure, anche di controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei servizi, controllo di conformità alle norme, trattamento dei reclami, operazioni personali, gestione dei conflitti di interesse, conservazione delle registrazioni») del citato Regolamento.54 A ciò aggiungasi – in ipotesi di contratto B2C – l’applicazione della normativa del Codice del consumo relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.55
Non è escluso, infine, che in futuro lo sviluppo e la diffusione di criptovalute centralizzate e dei c.d. stable coins, il cui valore dovrebbe essere legato a quello di un determinato bene o valuta ed assicurato da riserve di valute nazionali e titoli di debito,56 conduca a nuovi ed inaspettati risultati in punto di qualificazione giuridica.
7.
Il fenomeno delle criptovalute, quale che sia il percorso logico-argomentativo seguito, presenta dei lapalissiani profili di criticità in punto di inquadramento dogmatico e conseguentemente di individuazione della disciplina applicabile.
Ci si limita in questa sede ad osservare, tuttavia, che i rischi connessi all’impiego di valute virtuali esistono e sono probabilmente più concreti di quanto gli ottimistici discorsi dei fautori dell’ITC innovation avessero portato a pensare specie in passato. A titolo meramente esemplificativo si potrebbero ricordare:57
il rischio di impiego al fine di riciclaggio ed autoriciclaggio, di finanziamento del terrorismo e di altre attività illecite,58 certamente favorito dall’anonimato;
il rischio per l’utilizzatore di subire perdite o frodi, dovuto vuoi all’inesistenza di sistemi di garanzia analoghi a quelli previsti per i depositi bancari vuoi alla mancanza di tutela in caso di cyber-attacchi, di malfunzionamenti del network di scambio ovvero di smarrimento della password del portafoglio elettronico;
infine, in chiave prospettica e di maggiore diffusione delle criptovalute, il rischio di incidere negativamente sull’efficacia delle politiche monetarie oltreché sulla stabilità dei mercati finanziari.
Parrebbe auspicabile, pertanto, un intervento normativo che a livello italiano ed europeo, e forse anche internazionale, regolamenti in maniera analitica l’impiego – o meglio i molteplici possibili impieghi – delle valute virtuali, verosimilmente destinate a diffondersi in misura esponenziale nei prossimi anni. In particolare sarebbe opportuno, come già anticipato, che alle stesse non venga più negato diritto di cittadinanza all’interno della cittadella delle monete (complementari), stante la sempre più innegabile assimilazione a queste ultime sul piano funzionale. Intervento che sarebbe oltretutto necessario per ricondurre a coerenza il sistema privatistico che sembra reggersi su di una nozione funzionale piuttosto che statalista della moneta. In secondo luogo sarebbe nodale chiarire quale sia la normativa applicabile nelle ipotesi in cui le criptovalute diano vita a prodotti finanziari, con particolare riguardo agli obblighi gravanti sull’exchanger, tenuto conto dell’esigenza di contemperare la tutela degli investitori con la libertà d’impresa.
Se si intende realmente contrastare le principali problematiche legate al fenomeno virtual currency, in conclusione, la strada maestra da percorrere non può essere che quella di una sua regulation a trecentosessanta gradi, così da eliminare finalmente le notevoli incertezze ermeneutiche ed applicative che si pongono innanzi all’operatore del diritto.
1 Sul punto si vedano ex multis: R. Bocchini, Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Dir. inform., 2017, 1, pp. 27 e ss.; S. Capaccioli, Criptovalute e bitcoin: un’analisi giuridica, Giuffré, Milano, 2015; M. Cian, La criptovaluta - Alle radici dell’idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca, borsa e titoli di credito, 2019, 3, pp. 315 e ss.; G. Gasparri, Timidi tentativi giuridici di messa a fuoco del Bitcoin: miraggio monetario crittoanarchico o soluzione tecnologica in cerca di un problema?, in Dir. inform., 2015, 3, pp. 415 e ss.; G. Lemme - S. Peluso, Criptomoneta e distacco dalla moneta legale: il caso bitcoin, in Riv. dir. banc., 2016, 11, pp. 1 e ss.; C. Pernice, Digital currency e obbligazioni pecuniarie, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2018; G. Rinaldi, Approcci normativi e qualificazione giuridica delle criptomonete, in Contr. impr., 1, 2019, pp. 257 e ss.; N. Vardi, “Criptovalute” e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica dei bitcoin, in Dir. inform., 2015, 3, pp. 443 e ss..
2 Si badi che nel prosieguo del presente scritto i termini moneta e valuta verranno adoperati tendenzialmente come sinonimi per ragioni di chiarezza espositiva, pur nella consapevolezza che ai medesimi si riconoscono in dottrina (sia giuridica che economica) significati diversi, come meglio infra precisato.
3 Si segnalano qui in ordine cronologico a partire dalla fine degli anni ’20 del secolo scorso ex multis: T. Ascarelli, La moneta, considerazioni di diritto privato, Cedam, Padova, 1928; L. Mosco, Gli effetti giuridici della svalutazione monetaria, Giuffré, Milano, 1948; V. Lojacono, Aspetti privatistici del fenomeno monetario, Giuffré, Milano, 1955; A. di Majo, Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., XXIX, Giuffré, Milano, 1968; N. Distaso, Somma di denaro (debito di), in Novissimo Digesto Italiano, Utet, Torino, 1970, XVII, pp. 867 e ss.; E. Quadri, Principio nominalistico e disciplina dei rapporti monetari, Giuffré, Milano, 1979; B. Inzitari, Moneta, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, Utet, Torino, 1994, pp. 3 e ss.; M. Semeraro, Pagamento e forme di circolazione della moneta, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2008; C. Pernice, Digital currency, cit., passim.
4 Cfr. ex multis F.A. MANN, The legal aspect of money, Oxford University Press, Oxford, 2005, p. 10.
5 Cfr. G.F. Knapp, The State theory of money, London, 1924, 1, ove esordisce affermando in modo emblematico «Money is a creature of law».
6 Da non confondere con il concetto di corso legale è quello di corso forzoso che attiene all’inconvertibilità della moneta nel bene cui si rapporta l’unità di misura monetaria (e.g. l’oro), come attentamente osservato da P. De Vecchis, Moneta e carte valori (profili generali e diritto privato), in Enc. giur. Treccani, Ed. Enc. it., Roma, 1990, XX, pp. 1 e ss..
7 Cfr. Cass. civ., Sez. II, 2 dicembre 2011, n. 25837, in Contr., 2012, 3, pp. 165 e ss..
8 J.R. Hicks, Critical essays in monetary theory, Clarendon Press, Oxford, 1967, p. 1.
9 Cfr. Aristotele, Etica nicomachea, Bompiani editore, Milano, 2000, V, 5.
10 È la tesi sostenuta anche dal noto Premio Nobel per l’economia Paul Krugman in P. Krugman, The International Role of the Dollar: Theory and Prospect, in J.F.O. Bilson - R.C. Marston (a cura di), Exchange Rate Theory and Practice, University of Chicago Press, Chicago, 1985, p. 263.
11 Il D.Lgs. n. 90/2017, in particolare, ha modificato il D.Lgs. n. 231/2007 introducendo la lett. qq) dell’art., 1 co. 2, contenente la definizione di «valuta virtuale» e assoggettando agli obblighi anti-money laundering una nuova categoria di operatori non finanziari, ossia i «prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale» (c.d. exchangers), limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso. La novella del 2017, inoltre, ha modificato il D.Lgs. n. 141/2010 disponendo che i soggetti da ultimo individuati sono tenuti altresì all’iscrizione in una sezione speciale del registro dei cambiovalute e a trasmettere le negoziazioni effettuate all’organismo che ne cura la gestione.
12 Cfr. Direttiva UE 2018/843.
13 Cfr. D.Lgs. n. 125/2019, entrato in vigore a partire dal 10 novembre 2019. Detto decreto, oltre a ridefinire leggermente il concetto di valuta virtuale, ha esteso il campo di applicazione soggettivo della normativa antiriciclaggio, da un lato ampliando la nozione di exchanger, che attualmente comprende «ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute», dall’altro introducendo quale ulteriore categoria di operatore non finanziario quella dei «prestatori di servizi di portafoglio digitale» (c.d. wallet providers) alla quale appartengono le persone fisiche e giuridiche che forniscono professionalmente a terzi, anche online, unicamente servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali. La novella del 2019, inoltre, ha sancito che gli exchangers siano sottoposti agli obblighi antiriciclaggio con riguardo alla loro complessiva attività (e non più alla sola conversione di valute virtuali) e ha ulteriormente modificato il D.Lgs. n. 141/2010 assoggettando anche i wallet providers all’obbligo di iscrizione nel registro dei cambiovalute e di trasmissione delle relative negoziazioni all’organismo preposto alla sua gestione.
14 È appena il caso di segnalare che questa definizione risente di un report della Banca centrale europea del 2012 (cfr. BCE, Virtual currency schemes, 2012, reperibile su https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/virtualcurrencyschemes201210en.pdf, poi seguito da un ulteriore studio, ossia: BCE, Virtual currency schemes – a further analysis, 2015, reperibile su https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/virtualcurrencyschemesen.pdf) e di un parere dell’Autorità bancaria europea del 2014 (cfr. ABE, Opinion on ‘virtual currencies’, reperibile su https://eba.europa.eu/sites/default/documents/files/documents/10180/657547/81409b94-4222-45d7-ba3b-7deb5863ab57/EBA-Op-2014-08%20Opinion%20on%20Virtual%20Currencies.pdf?retry=1) ed è stata impiegata in Italia per la prima volta dalla Banca d’Italia in una comunicazione del 2015 (cfr. Banca d’Italia, Comunicazione del 30 gennaio 2015 “Valute virtuali”, reperibile su https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-vigilanza/2015-01/20150130_II15.pdf), prima di essere sostanzialmente recepita dal legislatore interno nel 2017.
15 Cfr. Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali “, 2015, reperibile su https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/avvertenza-valute-virtuali/ AVVERTENZA_VALUTE_VIRTUALI.pdf.
16 Tali finalità si evincono chiaramente all’interno del paper pubblicato da parte del creatore del bitcoin sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto (cfr. S. Nakamoto, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2008, pp. 1 e ss., reperibile su https://bitcoin.org/bitcoin.pdf) pochi mesi prima dell’estrazione del primo blocco di bitcoin, noto come Genesis Block, avvenuta in data 3 gennaio 2009.
17 Evidenzia come il tanto asserito anonimato delle transazioni in bitcoin non possa considerarsi in realtà una certezza C. Pernice, Crittovalute e bitcoin: stato dell’arte e questioni ancora aperte, in F. Fimmanò e G. Falcone (a cura di), FinTech, Giapeto, Napoli, 2019, pp. 495 e ss..
18 In merito al funzionamento della tecnologia blockchain si rinvia a F. Sarzana e M. Nicotra, Diritto della Blockchain, intelligenza artificiale e IoT, Ipsoa, Milano, 2019, pp. 18 e ss..
19 Cfr. Finma, Guida pratica per il trattamento delle richieste inerenti all’assoggettamento in riferimento alle initial coin offering (ICO), reperibile su https://www.finma.ch, che in seno alla macro-categoria del token distingue fra: payment token, quale sinonimo di criptovaluta; utility token, che offre accesso a un servizio digitale o conferisce altro vantaggio al titolare su o dietro utilizzo di un’infrastruttura blockchain; asset token, che rappresenta un diritto di credito ovvero un diritto sociale lato sensu partecipativo (e.g. diritto di voto) nei confronti dell’emittente. Laddove nel prosieguo del presente lavoro si valuterà se ed in che termini sia possibile qualificare come monete le criptovalute (i.e. tokens di pagamento), è possibile fin d’ora escludere la natura monetaria dei tokens di utilizzo e d’investimento, sotto vari aspetti assimilabili, ancorché non perfettamente coincidenti, alla fattispecie dei titoli di credito. Sul punto si veda E. Rulli, Incorporazione senza res e dematerializzazione senza accentratore: appunti sui token, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2019, 1, pp. 121 e ss.. Per una differente tripartizione fra token di prima, seconda e terza classe si veda C. Pernice, Crittovalute e bitcoin, cit., pp. 499-500.
20 Cfr. BCE, Virtual currency schemes, cit., pp. 13 e ss..
21 Cfr. FinCEN, Application of FinCEN’s Regulations to Persons Administering, Exchanging, or Using Virtual Currencies, reperibile su https://www.fincen.gov/sites/default/files/shared/FIN-2013-G001.pdf.
22 Per informazioni si consulti https://www.businesswire.com/news/home/20181204005239/en/Signature-Bank-Unveils-Proprietary-Digital-Payments-Platform.
23 Cfr. M.A. Russon, JP Morgan creates first US bank-backed crypto-currency, 14 febbraio 2019, reperibile su https://www.bbc.com/news/business-47240760.
24 Cfr. P. Soldavini, Dall’acquisto all’uso ai pagamenti, come funzionerà la nuova Libra di Facebook, Il Sole24Ore, 19 giugno 2019, reperibile su https://www.ilsole24ore.com/art/dall-acquisto-all-uso-pagamenti-come-funzionerà-nuova-libra-facebook-ACYfRbS.
25 Cfr. ex multis C.M. Bianca, Diritto civile. L’obbligazione, Giuffré, Milano, 2019, p. 142.
26 Numerosi sono gli autori che, adottando la teoria funzionale, escludono la riconducibilità delle valute virtuali al concetto di moneta sul rilievo assorbente che l’estrema volatilità dei valori delle criptovalute, soggetti a continue ed imprevedibili fluttuazioni, impedirebbe alle stesse di fungere vuoi da unità di conto vuoi da riserva di valore. In tal senso cfr. V. De Stasio, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca borsa, 2018, 6, 756; G. Iemme - S. Peluso, op. cit., p. 39; M. Mancini, Valute virtuali e «Bitcoin», in Analisi giur. econ., 2015, 1, p. 125; R. Razzante, «Bitcoin» e monete digitali. Problematiche giuridiche, in Gnosis, 2014, 2, p. 113.
27 In tal senso con specifico riguardo al bitcoin cfr. ex multis: Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 72/E, 2 settembre 2016, reperibile su https://www.finaria.it/pdf/bitcoin-tasse-agenzia-entrate.pdf; R. Bocchini, op. cit., p. 30; M.F. Campagna, Criptomonete e obbligazioni pecuniarie, in Riv. dir. civ., 2019, 1, pp. 183 e ss.; C. Pernice, Digital currency, cit., p. 220; N. Vardi, op. cit., p. 448. Sottolinea in particolare C. Pernice, Digital currency, cit., pp. 270 e ss., che essendo il bitcoin una moneta complementare sarebbe giusto concludere che il contratto mediante il quale si scambiasse quest’ultimo contro beni e servizi sarebbe qualificabile in termini di vendita ex artt. 1470 e ss. C.C., e che l’obbligazione contratta in bitcoin sarebbe assoggettabile all’art. 1278 C.C. in tema di debiti di somme di monete non aventi corso legale. È appena il caso di osservare, tuttavia, che anche i fautori della natura monetaria delle valute virtuali ne escludono l’identificazione con la moneta elettronica, dovendosi infatti ritenere pacifica l’inapplicabilità ad esse ratione materiae della Direttiva 2009/110/CE (EMD2), come già in passato evidenziato da BCE, Virtual currency schemes, cit., p. 5, e come ribadito da ultimo dal Considerando 10 della AMLD5.
28 Sul punto si segnalano alcune prime timide adesioni alla teoria in esame in àmbito tanto giurisprudenziale (cfr. Corte d’Appello di Brescia, 24 ottobre 2018, Decreto n. 270, in Riv. not., 2018, 6, pp. 1286 e ss.) che arbitrale (cfr. Arbitro unico Marcianise, Lodo arbitrale del 14 aprile 2018, reperibile su www.giustiziacivile.com, con nota di M. Rubino De Ritis). Per una convincente argomentazioni delle ragioni che consentirebbero al bitcoin di esercitare le tre funzioni tipiche della moneta cfr. C. Pernice, Digital currency, cit., p. 260.
29 L’espressione è di T. Ascarelli, Per uno studio della realtà giuridica effettuale, in Il diritto dell’economia, 1956, pp. 775 e ss..
30 L’art. 1, co. 2, della Direttiva UE 2018/843 più precisamente definisce la valuta virtuale quale «rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio».
31 Cfr. ex multis CGUE, 11 aprile 2013, causa C-290/12, Oreste Della Rocca c. Poste Italiane SpA, punto 38, reperibile su www.curia.europa.eu..
32 Cfr. F. Fracchia, Legistica, AIR e VIR: tecnica legislativa, effetti invalidanti e diritti dei cittadini’, in Il diritto dell’economia, 2016, 1, p. 15.
33 In particolare il Considerando 11 individua le valute locali (o monete complementari) sulla base del loro impiego in ambiti molto ristretti, quali una città o una regione, e tra un numero limitato di utenti.
34 Cfr. art. 4, co. 1, n. 25 della Direttiva UE 2015/2366.
35 In tal senso cfr. BCE, Virtual currency schemes – a further analysis, cit., p. 24, nota 55; nonché, evidenziando che il Considerando 10 della Quinta Direttiva UE antiriciclaggio riflette le proprie conclusioni, cfr. EBA, Report on crypto-assets, 9 gennaio 2019, 5, nota 6. In dottrina si veda R. Bocchini, op. cit., p. 35, il quale con riguardo al sistema Bitcoin sottolinea che lo stesso astrattamente sarebbe ascrivibile alla nozione di strumento di pagamento – quale «dispositivo personalizzato e/o insieme di procedure concordate tra l’utente e il prestatore di servizi di pagamento e di cui l’utente di servizi di pagamento si avvale per impartire un ordine di pagamento» – di cui alla normativa in materia di payment services, salvo poi l’impossibilità di applicarla in forza della «interpretazione corrente […] che ne limita la portata ai soli pagamenti denominati in moneta legale».
36 Comprensibile ancorché fondamentalmente ultronea, viceversa, è l’esclusione del fenomeno cripto-monetario da quello della valuta (rectius della moneta avente corso legale), giacché in assenza di un espresso riconoscimento normativo è evidente che le criptovalute risultino sprovviste di legal tender.
37 Si badi, infatti, che il denaro è dalla dottrina tradizionale considerato pur sempre una species di bene giuridico: cfr. C.M. Bianca, Diritto civile, L’obbligazione, Giuffré, Milano, 2019, p. 145. Contra M. Semeraro, op. cit., passim, secondo cui il denaro si risolverebbe nella pura disciplina di un potere economico.
38 Cfr. P.L. Burlone - R. De Caria, Bitcoin e le altre criptomonete. Inquadramento giuridico e fiscale, in IBL Focus 234, 2014, p. 4; M. Krogh, L’aumento di capitale nelle S.r.l. con conferimento di criptovalute, in Notariato, 2018, 6, p. 668; Tribunale di Firenze, 21 gennaio 2019, n. 18, reperibile su http://www.quotidianogiuridico.it.
39 In tal senso cfr. A. Lodi, Le criptovalute, Approfondimento del 9 ottobre 2014, reperibile su www.giustiziacivile.com; G. Gasparri, op. cit., p. 429. Per il principio di tipicità che governerebbe i beni giuridici immateriali si vedano: M. Costantino, I beni in generale, in P. Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Utet, Torino, 1982, VII, 13; V. Zeno-Zencovich, Cosa, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, Utet, Torino, 1989, p. 460.
40 Tribunale di Verona, 24 gennaio 2017, n. 195, in Banca borsa, 2017, pp. 467 e ss., con nota di M. Passaretta.
41 In particolare l’art. 1, co. 2, T.U.F. rinvia all’Allegato I, Sezione C nel quale vengono menzionati ex multis: valori mobiliari (e.g. azioni e obbligazioni), strumenti del mercato monetario (e.g. BOT e cambiali finanziarie), quote di un organismo di investimento collettivo e strumenti finanziari derivati (e.g. futures, swaps, options).
42 Cfr. E. Girino, Criptovalute: un problema di legalità funzionale, in Riv. dir. banc., 2018, 10, p. 21.
43 Trattasi di requisiti costantemente affermati dalla Consob, ed in particolare cfr. Consob, Delibera n. 13423 del 22 gennaio 2002 – Divieto dell’attività di sollecitazione all’investimento avente ad oggetto certificati di associazione in partecipazione, posta in essere dalla Smallxchange.com Ltd. e dalla Smallxchange.com Italia s.r.l.; Consob, Delibera n. 14110 del 3 giugno 2003 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett b) del D.Lgs. n. 58/1998 dell’attività di sollecitazione all’investimento effettuata dalla Four Shakespeare Company ltd e dallo Studio Amministrazioni Immobiliari Dipa avente ad oggetto quote di partecipazione al capitale della medesima Four Shakespeare Company ltd; Consob, Delibera n. 14347 del 10 dicembre 2003 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 58/1998 dell’attività di sollecitazione all’investimento effettuata dalla Diamond s.p.a. ed avente ad oggetto «contratti di affidamento diamanti»; Consob, Delibera n. 14422 del 13 febbraio 2004 – Sospensione cautelare, per un periodo di novanta giorni, della sollecitazione all’investimento avente ad oggetto la moneta ‘‘Dhana’’, effettuata dalla Avatar spa. In tal senso si veda anche Cass. civ., Sez. II, 5 febbraio 2013, n. 2736, in Contr., 2013, 12, pp. 1105 e ss., con nota di F. Savasta.
44 G. Arangüena, Bitcoin: una sfida per policymakers e regolatori, in Diritto mercato tecnologia, 2014, 1, p. 30, che individua quella del documento informatico come una delle due possibili ricostruzioni del fenomeno in esame, unitamente a quella del bene giuridico ex art. 810 C.C..
45 Parla non a caso di «natura poliedrica e cangiante» delle criptovalute C. Pernice, Criptovalute e bitcoin, cit., p. 540.
46 Cfr. S. Patti, La tutela civile dell’ambiente, Cedam, Padova, 1979, pp. 147 e ss..
47 Per i relativi riferimenti si veda infra sotto la nota 34.
48 Resta salva, beninteso, l’applicazione della normativa anty-money laundering che espressamente si riferisce all’impiego di valute virtuali, ed in particolare si considerino gli obblighi gravanti sugli exchangers e sui wallet providers – di cui al Titolo II del D.Lgs. n. 231/2007 – in tema di adeguata verifica della clientela, conservazione dei dati, segnalazione di operazioni sospette ed astensione dall’instaurare, eseguire o proseguire il rapporto e/o la prestazione professionale in caso di impossibilità oggettiva di procedere all’adeguata verifica.
49 In tal senso AGCM, Provvedimento n. 26708, in Bollettino settimanale 31/2017, pp. 154 e ss., reperibile su https://www.agcm.it/dotcmsDOC/bollettini/31-17.pdf, che ha deliberato che la società One Life Network LTD – promuovendo con l’ausilio di altri professionisti l’acquisto della criptovaluta OneCoin e di pacchetti di formazione in abbinamento – ha posto in essere una pratica commerciale scorretta sotto il profilo delle informazioni fornite ai consumatori circa le caratteristiche del prodotto e del suo sistema di vendita con caratteristiche piramidali.
50 Circostanza che potrebbe verificarsi e.g. ove all’acquisto di criptovalute dietro corrispettivo in denaro sia contestuale l’assunzione di obblighi di rendimento da parte dell’alienante.
51 Sul punto cfr. P. Carrière, Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”, “valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione, in Riv. dir. banc., 2019, 2, p. 44, secondo cui le considerazioni che seguono varrebbero sia che il gestore della piattaforma sia qualificabile in termini di emittente che di mero intermediario.
52 Cfr. artt. 94 e ss. T.U.F..
53 Questa conclusione trova il conforto dell’orientamento costante della Consob, che in numerose occasioni ha avuto modo di predicare l’applicabilità della normativa in tema di offerta al pubblico di prodotti finanziari con riguardo alle criptovalute e più in generale ai crypto-assets. Sul punto si vedano: Consob, Delibera n. 19866 del 1° febbraio 2017 – Sospensione, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata tramite il sito internet www.coinspace1.com relativa all’offerta al pubblico promossa dalla Coinspace Ltd. avente ad oggetto “pacchetti di estrazione di criptovalute”; Consob, Delibera n. 19968 del 20 aprile 2017 – Divieto, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. c), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata tramite il sito internet www.coinspace1.com relativa all’offerta al pubblico promossa dalla Coinspace Ltd. avente ad oggetto “pacchetti di estrazione di criptovalute”; Consob, Delibera n. 20660 del 31 ottobre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token TGA”, effettuata da Togacoin LTD anche tramite il sito internet https://togacoin.com; Consob, Delibera n. 20693 del 14 novembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto la moneta digitale denominata “Crypton”; Consob, Delibera n. 20694 del 14 novembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata dal sig. Alessandro Brizzi tramite la propria pagina facebook relativa all’offerta al pubblico correlata all’acquisto della moneta digitale denominata “Crypton”; Consob, Delibera n. 20741 del 12 dicembre 2018 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook “Bitsurge token”; Consob, Delibera n. 20786 del 22 gennaio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token TGA”, effettuata da Togacoin ltd anche tramite il sito internet https://togacoin.com; Consob, Delibera n. 20814 del 14 febbraio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria promossa dalla Cryptoforce Ltd; Consob, Delibera n. 20815 del 14 febbraio 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 101, comma 4, lett. c), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’attività pubblicitaria effettuata dal sig. Alessandro Brizzi tramite la propria pagina facebook relativa all’offerta al pubblico avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria promossa da Cryptoforce Ltd; Consob, Delibera n. 20844 del 13 marzo 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i “certificati Green Earth” promossa sulla pagina facebook “Progetto Crypto Green Earth”; Consob, Delibera n. 20845 del 13 marzo 2019 – Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook “Bitsurge token”; Consob, Delibera n. 20843 del 13 marzo 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia effettuata anche tramite il sito internet www.wachsendewerte.at/it ed avente ad oggetto investimenti di natura finanziaria; Consob, Delibera n. 20929 dell’8 maggio 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Token ECB I” e “Token ECB S”, effettuata da Forgues Gestion sas anche tramite il sito internet www.europeancryptobank.io; Consob, Delibera n. 20944 del 29 maggio 2019 – Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Liracoin”, effettuata da “Liracoin – DAMO” anche tramite i siti https://liracoin.club, www.liracoin.com e www.licex.io; Consob, Delibera n. 21023 del 31 luglio 2019 - Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico italiano avente ad oggetto “Token ECB I” e “Token ECB S”, effettuata da Forgues Gestion sas anche tramite il sito internet www.europeancryptobank.io; Consob, Delibera n. 21024 del 31 luglio 2019 - Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “Liracoin”, effettuata da “Liracoin - Damo” anche tramite i siti https://liracoin.club, www.liracoin.com e www.licex.io.
54 In tal senso si esprime anche la Consob in quattro delibere del 2 maggio 2019, e precisamente cfr.: Consob, Delibera n. 20907 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998 (“T.U.F.”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del TUF posta in essere da Elmond Enterprise LTD e Fukazawa Partnership OÜ tramite il sito internet https://cryptokartal.com/; Consob, Delibera n. 20908 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998 (“T.U.F.”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del T.U.F. posta in essere dalla “Bitcoin Revolution” tramite il sito internet https://www.bitcoin-revolution.eu/; Consob, Delibera n. 20909 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998 (“T.U.F.”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del T.U.F. posta in essere dalla “BitCoin Code” tramite il sito internet https://bitcoin-code.eu; Consob, Delibera n. 20910 del 2 maggio 2019 – Ordine, ai sensi dell’art. 7-octies, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998 (“T.U.F.”) di porre termine alla violazione dell’art. 18 del T.U.F. posta in essere dalla “The-Bitcoin Codes” tramite la pagina web http://it.thebitcoinscodes.com/?TrackingID=769&ClickID= 1024e37479bbedf8bc7def95e88c2d&SubCampaignID=1160.
55 Cfr. artt. 67-bis e ss. del D.Lgs. n. 206/2005.
56 Con riguardo agli stable coins si rinvia a A. Borroni - M. Seghesio, Bitcoin e blockchain: un’analisi comparatistica dalla nascita alla potenziale regolamentazione, in Ianus, 2019, 19, pp. 294 e ss., e ai richiami bibliografici ivi contenuti.
57 Cfr. Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali”, 30 gennaio 2015, reperibile su https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/avvertenza-valute-virtuali/AVVERTENZA_VALUTE_VIRTUALI.pdf.
58 Particolarmente emblematica è l’analisi del rapporto intercorrente fra criminalità organizzata e criptovalute effettuata da parte di due dei massimi esperti di ‘ndrangheta e contenuta in N. Gratteri - A. Nicaso, La rete degli invisibili, Mondadori, Milano, 2019, pp. 68 e ss., ove si legge, fra l’altro, che «Ormai nessuno sembra avere più dubbi sulle potenzialità criminogene delle criptovalute».
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