Scritto da Francesco Tumbiolo • dic 2024
I livelli intollerabili raggiunti dalle sanzioni tributarie hanno spinto il Legislatore a delegare il Governo per una riforma del sistema punitivo che lo rendesse conforme al principio di proporzionalità nonché lo adeguasse agli standard esistenti in altri Stati europei. Con il D.lgs. n. 87/2024, è stato parzialmente perseguito tale scopo attraverso una generalizzata riduzione dell’entità delle sanzioni amministrative-tributarie. Tuttavia, l’applicazione della nuova disciplina più favorevole è stata limitata, attraverso una disposizione transitoria, alle sole violazioni commesse dal 1° settembre 2024, derogando quindi al principio di retroattività della legge più favorevole.
L’analisi si propone di ricostruire sommariamente le fonti del principio di retroattività della lex mitior nel diritto punitivo, indagandone l’applicabilità anche alle sanzioni amministrative nonché la relativa portata. Tale ricognizione è strumentale alla verifica della legittimità della scelta del Legislatore delegato di limitare gli effetti della riforma.
La disciplina è stata letta alla luce delle indicazioni della Corte costituzionale, secondo la quale, il principio di retroattività della legge favorevole è previsto, al di là del nomen iuris, per le sanzioni “sostanzialmente penali”. In particolare, tale principio ha due referenti normativi: uno sovranazionale, costituito principalmente dalla CEDU e dalla Carta di Nizza; e uno domestico, da individuare nell’art. 3 Cost. Proprio in ragione del riferimento al principio di uguaglianza-ragionevolezza, la Corte costituzionale ha ritenuto che la retroattività della legge favorevole non può essere considerata un principio assoluto e inderogabile al pari di quanto accade per l’irretroattività della legge sfavorevole.
Tuttavia, le giustificazioni adottate dal Legislatore delegato per la deroga non sono del tutto convincenti: il nuovo mutato contesto, caratterizzato dal rafforzamento della compliance preventiva, non può certo giustificare il permanere di un maggior rigore delle sanzioni. Inoltre, le sanzioni tributarie non possono diventare il mezzo per raggiungere l’equilibrio di bilancio, ribaltando completamente la prospettiva: l’equilibrio di bilancio dovrebbe essere l’ “oggetto di protezione” delle sanzioni tributarie.
The intolerable levels reached by tax penalties prompted lawmakers to delegate the government to reform the punitive system, which would align it with the principle of proportionality and existing standards in other European states. With Legislative Decree no. 87/2024, this aim was partially pursued through a generalised reduction in the size of administrative tax penalties. However, applying the new, more favourable rules was limited to violations committed after September 1, 2024, thus derogating from the principle of retroactivity of the more favourable law. The analysis aims to summarily reconstruct the sources of the principle of retroactivity of the lex mitior in punitive law, investigating its applicability to administrative penalties and scope. This reconnaissance is instrumental in verifying the legitimacy of the delegated legislator's choice to limit the effects of the reform. The framework was read in light of the Constitutional Court's indications, according to which the principle of retroactivity of favourable law is provided, beyond the nomen iuris, for “substantially criminal” penalties. In particular, this principle has two normative referents: a supranational one, consisting mainly of the ECHR and the Nice Charter; and a domestic one, to be in Article 3 of the Constitution. Precisely because of the reference to the principle of equality-reasonableness, the Constitutional Court has held that the retroactivity of the favourable law cannot be considered an absolute and non-derogable principle in the same way as the non-retroactivity of the unfavourable law. However, the justifications adopted by the delegated lawmakers for the exemption are not entirely identified convincing: the new changed environment, characterised by the strengthening of preventive compliance, indeed cannot justify the continuation of more stringent penalties. Moreover, tax penalties cannot become the means of achieving budget balance, completely reversing the perspective: budget balance should be the “object of protection” of tax penalties.
1.
Con la Legge n. 111/2023, è stata conferita al Governo la delega per la revisione del sistema tributario. Per quanto qui interessa, tra i principi e i criteri direttivi della riforma fiscale in materia sanzionatoria, l’art. 20, comma 1, lett. c), n. 1), della Legge delega ha individuato quello di “migliorare la proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei”.
Al fine di raggiungere l’obiettivo, il Legislatore delegato si è mosso lungo due direttive principali.
Da una parte, è intervenuto sulle disposizioni generali relative alle sanzioni amministrative (D.lgs. n. 472/1997); in particolare, si segnala l’aggiunta del comma 3-bis all’art. 3, D.lgs. n. 472/1997, il quale ora prevede che la disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata proprio ai principi di proporzionalità e di offensività.1
Dall’altra, ha ridotto l’entità delle sanzioni per i vari illeciti previsti dal D.lgs. n. 471/1997 e dalle altre leggi speciali,2 sempre con lo scopo di “razionalizzare il sistema sanzionatorio, rendendolo più equo e proporzionato, e […] adeguarlo a quello degli altri Paesi europei, anche al fine di attrarre capitali e imprese estere”, come si legge nella relazione governativa.
Tuttavia – ed è qui uno dei punti più critici della riforma – le nuove disposizioni risultano applicabili esclusivamente alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024: di conseguenza, il trasgressore destinatario di un provvedimento non ancora definitivo all’entrata in vigore della nuova normativa non potrebbe beneficiare delle sanzioni in misura ridotta risultanti dalla riforma; e ciò in deroga al principio di retroattività della legge favorevole3 già previsto a livello di normazione primaria nell’art. 3, comma 3, del D.lgs. n. 472/1997.4
Nonostante le critiche sollevate nei pareri delle Commissioni di Camera5 e Senato,6 la disposizione che regola gli aspetti transitori della nuova disciplina contenuta nello schema di Decreto è stata trasfusa immutata nell’art. 5 D.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, recante “Revisione del sistema sanzionatorio tributario ai sensi dell’art. 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugno 2024 ed entrato in vigore il 29 giugno 2024.
2. La giustificazione della deroga al principio di retroattività della lex mitior nella relazione governativa
Per giustificare la deroga, la relazione governativa reca una lunga apologia “che appare alla stregua di una sorta di excusatio non petita che segnala, evidentemente, la consapevolezza da parte del legislatore delegato della grande delicatezza della questione”.7
In primo luogo, la relazione governativa afferma che la riduzione dell’entità delle sanzioni dovrebbe essere ricollegata a una “rinnovata impostazione del rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, cui si correla l’introduzione di nuovi principi generali per la materia e la predisposizioni di nuovi istituti giuridici per la gestione del rapporto tributario”. Di conseguenza, estrapolare da questo contesto la rimodulazione delle sanzioni – ossia applicare retroattivamente le misure sanzionatorie ridotte – significherebbe “consentire una indiscriminata mitigazione sanzionatoria non compensata dal potenziamento degli istituti di compliance e dal rafforzamento dell’intrinseca coerenza del sistema sanzionatorio, nel rispetto del nuovo punto di equilibrio su cui riposa l’intero ordinamento di settore”. Del resto, la stessa Corte costituzionale avrebbe affermato8 che la ragionevolezza di una norma dovrebbe essere valutata all’interno del contesto generale in cui è emanata, che nel caso di specie sarebbe quello del rinnovato rapporto tra Fisco e contribuente.
In secondo luogo, viene ricordato che la Consulta9 ha escluso la copertura costituzionale del principio della retroattività della lex mitior in ambito di sanzioni amministrative, salvo che a esse possa attribuirsi una natura “sostanzialmente penale”. A conferma di ciò, l’art. 3, comma 2, D.lgs. n. 472/1997 permetterebbe al legislatore di derogare al principio di retroattività della lex mitior anche rispetto a fattispecie addirittura di abolitio criminis, in cui il disvalore della condotta sanzionata non è solo diminuito, ma del tutto scomparso.
Ancora e in ogni caso, il principio della lex mitior non sarebbe un principio assoluto, trovando fondamento nell’art. 3 Cost. e quindi potendo essere derogato a fronte di giustificazioni oggettivamente ragionevoli. Quest’ultime andrebbero ricercate innanzitutto nel mutato contesto normativo,10 di per sé ragione sufficiente per sorreggere la deroga, nonché nell’interesse all’equilibrio del bilancio pubblico, principio consacrato dall’art. 81 Cost. e vincolo rilevante a livello europeo.11 In particolare, la relazione illustrativa precisa che le sanzioni irrogate o da irrogare per gli illeciti tributari commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto sono state contabilizzate fra le entrate previste nel bilancio dello Stato: la loro perdita, attraverso l’applicazione retroattiva della nuova normativa, comporterebbe un significativo disequilibrio di bilancio. Peraltro, il principio di equilibrio di bilancio non soccomberebbe nemmeno rispetto ai tributi armonizzati: gli interessi di finanza pubblica dovrebbero essere presi in considerazione anche nell’applicazione delle garanzie della Carta di Nizza.12
3. Il fondamento del principio di retroattività della lex mitior e criticità delle giustificazioni addotte dalla relazione governativa per la deroga a tale principio
Gli argomenti addotti nella relazione governativa non sono affatto convincenti e non possono ritenersi sufficienti per giustificare una deroga al principio di retroattività della legge più favorevole.
Per dimostrare quanto appena affermato, è necessario dapprima sgomberare il campo da eventuali equivoci che potrebbe ingenerare la relazione illustrativa al D.lgs. n. 87/2024. Infatti, sembra quasi che si metta in dubbio (o non si voglia ammettere apertamente) che il principio di retroattività della legge più favorevole sia costituzionalmente garantito anche per le sanzioni amministrative-tributarie.
Ora, l’(apparante) esclusione dell’estensione della regola della lex mitior alle sanzioni amministrative non è assoluta e deve essere valuta con riferimento a “singole e specifiche discipline sanzionatorie” 13e ciò sulla base della loro natura afflittiva-punitiva o meno.14
A questo proposito, si sottolinea che la maggior parte15 delle sanzioni amministrative-tributarie presenta i caratteri elaborati dalla giurisprudenza della CEDU per essere considerate come sostanzialmente penali e beneficiare, attraverso l’art. 117 Cost., dell’estensione delle garanzie convenzionali per la materia penale di cui all’art. 7 CEDU,16 tra le quali rientra senza ombra di dubbio pure il principio della retroattività della lex mitior. Il riferimento è ai criteri Engel,17 secondo i quali una sanzione può essere definita come “penale”, al di là del nomen iuris, quando la finalità è prevalentemente punitiva e il grado di afflittività è particolarmente elevato.18
Ancora, va rilevato che la “finalità repressiva” e l’“elevato grado di severità” hanno condotto a qualificare come “penali” alcune sanzioni formalmente amministrative, con conseguente applicazione delle garanzie previste dall’art. 49 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,19 che trova applicazione diretta20 attraverso l’art. 11 Cost., consentendo al giudice nazionale la disapplicazione della norma interna contraria al diritto dell’Unione europea.
Conferma del fatto che le sanzioni in esame raggiungono quel grado di afflittività tale da poterle attrarre nell’alveo penalistico è data dallo stesso Legislatore delegante, il quale ha addirittura ammesso che “le sanzioni amministrative attualmente previste raggiungano livelli intollerabili, che si discostano sensibilmente da quelle in vigore in altri Paesi, conducendo a una pretesa complessiva di fatto abnorme”.
Nell’ordinamento interno, invece, il principio di retroattività della legge più favorevole trova fondamento nell’art. 3 Cost., ossia “nel principio di eguaglianza, che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l'entrata in vigore della norma che ha disposto l'abolitio criminis o la modifica mitigatrice”.21
È facile comprendere, allora, che la retroattività della legge più favorevole in ambito penale è strettamente legata al principio di offensività: “Se la valutazione del legislatore in ordine al disvalore del fatto [ossia, il giudizio sull’offensività] muta – nel senso di ritenere che quel presidio non sia più necessario od opportuno; o che sia sufficiente un presidio meno energico – tale mutamento deve quindi riverberarsi a vantaggio anche di coloro che abbiano posto in essere il fatto in un momento anteriore”;22 mentre non avrebbe senso appellarsi al principio di uguaglianza se la sanzione avesse lo scopo di punire la mera disobbedienza al precetto legale.23
E il principio di offensività, nell’ambito delle sanzioni amministrative-tributarie, ha assunto rango legislativo primario: il nuovo comma 3-bis dell’art. 3 D.lgs. n. 472/1997 prevede che “La disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata ai principi di proporzionalità e di offensività”.24 Peraltro, questa dovrebbe considerarsi non tanto una novità assoluta, ma un mero riconoscimento di un principio ampiamente noto all’ordinamento tributario già a partire dalla riforma del 1997 e, comunque, con l’approvazione dello Statuto dei diritti del contribuente ove si è esclusa la sanzionabilità delle violazioni meramente formali.25
Da tutto quanto sopra discende che le sanzioni amministrative tributarie possiedono l’attitudine punitiva richiesta dall’ordinamento sovranazionale per l’estensione delle garanzie penalistiche e sono sorrette dal principio di offensività, circostanza che consente l’applicazione della legge più favorevole sulla base del canone di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost.
Dunque, ora il tema che risulta necessario indagare è se il principio della retroattività della legge favorevole sia passibile di deroga e se quest’ultima sia giustificata o comunque ragionevole nel caso di specie.
Al primo interrogativo si può rispondere positivamente: è indubbio che il principio di retroattività in melius non sia di tipo assoluto, ma debba essere considerato in rapporto con altri principi costituzionali o sovranazionali, a differenza, ad esempio, del principio di legalità che beneficia di una copertura inderogabile in uno Stato di diritto.26
Per inquadrare meglio il tema, occorre ricordare che, sebbene i fondamenti normativi del principio di retroattività della legge favorevole siano diversi, la loro ratio è comune, ossia quella di assicurare che ciascuno venga punito in base all’attuale disvalore della condotta perpetrata dal trasgressore e non a quello della commissione del fatto.27 Alla condivisione della ratio consegue pure la condivisione degli stessi limiti: sono “possibili deroghe, purché giustificabili al metro di quel «vaglio positivo di ragionevolezza» richiesto dalla sentenza n. 393 del 2006, in relazione alla necessità di tutelare interessi di rango costituzionale prevalenti rispetto all’interesse individuale in gioco”.28
Questo è il cuore del problema: verificare se nel bilanciamento degli interessi in gioco debbano prevalere altri principi rispetto a quello della retroattività favorevole.
Ora, secondo il Legislatore delegato, la giustificazione della deroga poggerebbe sul mutato contesto normativo della riforma nonché sull’equilibrio di bilancio.
Sotto il primo profilo, non si riesce a comprendere come il nuovo mutato contesto, caratterizzato dal rafforzamento della compliance preventiva, possa giustificare il permanere di un maggior rigore (rectius sproporzione) delle sanzioni: l’offensività di un comportamento non dipende dalla possibilità che questo venga prevenuto a priori da strumenti di compliance.29 E, in generale, non si capisce come si possa rinunciare alla proporzionalità – che altro non è che la valorizzazione del principio di offensività – anche per il passato a fronte dell’esplicito riconoscimento della intollerabilità delle sanzioni amministrative previgenti.30
Peraltro, a questo punto si apre pure un profilo di illegittimità costituzionale per eccesso di delega (art. 76 Cost.): il Legislatore delegato aveva chiesto una riduzione delle sanzioni perché intollerabili e la limitazione della riduzione ai soli illeciti commessi a partire dal 1° settembre 2024 costituisce una deroga fuori dal perimetro di quanto contenuto nei principi e criteri direttivi della delega.
Anche rispetto all’art. 81 Cost. vi è il fondato sospetto che la giustificazione governativa non regga. Pur riconoscendo che l’equilibrio di bilancio abbia assunto, nella pratica, un ruolo preminente31, esso non può assurgere a principio sovraordinato e in ogni caso cedevole rispetto agli altri valori protetti dalla Costituzione. Infatti, è quantomeno necessaria una reale ponderazione di quest’ultimi con l’esigenza di pareggio di bilancio, come del resto è avvenuto – condivisibilmente o meno – nel giudizio che ha portato alla dichiarazione di incostituzionalità della c.d. Robin Hood Tax32 con efficacia solamente pro futuro.
Nel caso di specie, la relazione illustrativa non si riferisce a effettive esigenze sul piano del rischio finanziario per giustificare la prevalenza dell’equilibrio di bilancio rispetto agli altri valori in gioco:33 infatti, si limita ad affermazioni sensazionalistiche ove nella relazione illustrativa sembra paventare che la retroattività della legge più favorevole comporterebbe uno squilibrio di bilancio tale da implicare una manovra finanziaria aggiuntiva.34
Ma, al di là di ciò, si osserva che la prevalenza delle esigenze di bilancio può forse avere un senso rispetto alla permanenza di un tributo, ma non di una sanzione.35 Sul punto, si ricorda che l’equilibrio di bilancio è l’“oggetto di protezione”36 delle sanzioni tributarie, nel senso che presidiano la riscossione del giusto tributo, il cui scopo è quello di finanziare le spese pubbliche: di conseguenza, costituisce un ribaltamento della prospettiva quello di far assurgere le sanzioni a mezzo per raggiungere l’equilibrio di bilancio, se non a pena di un inammissibile loro stravolgimento ontologico. Del resto, il fatto che le sanzioni comportino un’entrata compresa nel bilancio dello Stato è un elemento del tutto accidentale:37 non si dovrebbe fare affidamento su qualcosa che non è preordinato (almeno si spera) a creare un’entrata per coprire spese pubbliche. In altri termini, “Ma da quando, esattamente, le sanzioni sono uno strumento di finanza pubblica?”.38
4.
Per concludere, la deroga alla retroattività della legge più favorevole deve ritenersi illegittima sotto i molteplici profili già evidenziati.
In una prospettiva pratica, per raggiungere l’applicazione della lex mitior, la via più immediata sembrerebbe quella di contestare la violazione dell’art. 49 Carta di Nizza o direttamente per violazione del principio della retroattività favorevole (par. 1) o per contrasto con il principio di proporzionalità (par. 3): infatti, passare attraverso la Carta di Nizza permetterebbe di ottenere la disapplicazione della norma in contrasto con quest’ultima direttamente dal giudice di merito, poiché la Carta ha lo stesso valore dei Trattati.39 Occorre però una precisazione: le disposizioni della Carta si applicano esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione europea (art. 51 Carta di Nizza). Di conseguenza, la norma sovranazionale potrebbe essere invocata solo nell’ambito delle materie interessate dal diritto unionale che prevedano sanzioni “proporzionate”; tuttavia, con esplicito riferimento al principio di proporzionalità, la giurisprudenza unionale ne ha allargato l’ambito di applicazione, in considerazione del fatto che si tratta di un principio generale del diritto unionale, rilevante anche in assenza di armonizzazione.40
Dunque, la Carta di Nizza potrebbe essere invocata, ad esempio, nell’ambito delle sanzioni in materia di IVA nonostante la Direttiva 2006/11/CE del Consiglio non contempli l’obbligo per gli Stati membri di prevedere sanzioni proporzionate. La conseguenza pratica consisterebbe nella disapplicazione della sanzione interna, ma “nei soli limiti necessari a consentire l’irrogazione di sanzioni proporzionate”.41
In subordine, non essendo possibile alcuna interpretazione adeguatrice del chiaro dettato normativo, non rimarrebbe che chiedere la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell’art. 5 D.lgs. n. 87/2024 nella parte in cui deroga al principio della retroattività della legge favorevole per contrasto con l’art. 3 Cost., 117 Cost. (con riferimento all’art. 7 CEDU), nonché con l’art. 76 Cost. per eccesso di delega.
1 A tal proposito, nella relazione governativa si legge che “La modifica recepisce la giurisprudenza di legittimità in materia (Cass. nn. 4806/2021, 18367/2021,14795/2022, 35585/2022), imponendo il principio di proporzionalità di tenere conto anche delle mutate condizioni di rilevanza sanzionatoria del fatto (ad es. l’abbassamento dei limiti alla compensazione dei crediti)”.
2 Il riferimento è alle sanzioni in materia di tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, nonché di altri tributi indiretti (art. 4 D.lgs. n. 87/2024).
3 La retroattività della legge favorevole è una declinazione del principio del favor rei. Sul punto si rimanda a G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Milanofiori Assago, 2017, pp. 546-547: “Il quadro che ne deriva, in linea col principio generale del favor rei, importa: a) la retroattività dell’abrogazione dell’illecito; b) la retroattività della norma più favorevole; c) l’irretroattività della norma più sfavorevole”.
4 “Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”.
5 Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), seduta del 10 aprile 2024, in cui è stato approvato il parere favorevole con osservazioni allo schema di Decreto legislativo. In particolare, si legge nel parere che “La prevista formulazione risulta infatti eccessivamente gravosa e, nella maggior parte dei casi, in contrasto con il principio di proporzionalità, per cui sarebbe opportuno che le disposizioni introdotte dallo schema di decreto in esame siano applicabili retroattivamente, se più favorevoli al contribuente”.
6 Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze e tesoro), sedute del 24 e 30 aprile 2024, in cui è stato approvato il parere favorevole con osservazioni allo schema di Decreto legislativo. In particolare, il Governo è stato esortato a “prevedere, all’articolo 5, anche solo limitatamente a specifiche violazioni, l’estensione del principio del favor rei anche alle sanzioni amministrative tributarie”.
7 F. Tundo, Schema sintetico delle considerazioni formulate nel corso dell’audizione del 3 aprile 2024, reperibile sul sito www.senato.it.
8 Il riferimento sarebbe alla sentenza Corte cost. n. 288/2019 sull’addizionale sull’IRES del 2013 di 8,5 punti percentuali per gli enti creditizi e finanziari (art. 2, comma 2, del Decreto-Legge 30 novembre 2013, n. 133). Si anticipa che non sembra una citazione coerente: nel caso oggetto del giudizio il “contesto della riforma” serviva a giustificare – sotto il profilo della ragionevolezza – l’aggravio impositivo prodotto dall’addizionale nei confronti di soggetti appartenenti al mercato finanziario; a detta della Corte, la riforma nel suo complesso aveva prodotto effetti compensativi prevedendo norme più favorevoli in materia di svalutazione e deducibilità delle perdite su crediti verso la clientela.
9 Il riferimento è alla sentenza Corte cost. n. 193/2016.
10 Viene citata a tal proposito Corte cost. n. 63/2019: “la regola della retroattività in mitius della legge penale medesima ‘è suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul piano costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli’ (sentenza n. 236 del 2011)”. Ancora, è richiamata Corte cost. n. 32/2011, in particolare, i seguenti passaggi: “il principio di retroattività della lex mitior presuppone un’omogeneità tra i contesti fattuali o normativi in cui operano le disposizioni che si succedono nel tempo” e “alla diversità del contesto di fatto anche quella del contesto normativo può giustificare o addirittura imporre discipline transitorie volte a limitare gli effetti retroattivi delle modificazioni normative più vantaggiose”.
11 “La sostenibilità della finanza pubblica e la stabilità finanziaria costituiscono altresì vincoli europei a seguito del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012”, così Corte cost. n. 90/2018.
12 Il richiamo è a CGUE, sent. 5 dicembre 2017, causa C-42/17, M.A.S.
13 Corte cost., n. 193/2016, par. 3.5, con nota di M. Galdi, La Corte esclude ancora l’estensione generalizzata alle sanzioni amministrative dell’applicazione retroattiva del trattamento più favorevole, ma apre la porta a valutazioni caso per caso, in Osservatorio AIC, n. 3/2016.
14 Corte cost., n. 63/2019, par. 6.3.
15 Sono da escludere tutte quelle sanzioni meramente simboliche di importo basso e fisso: cfr. F. Montanari, La dimensione multilivello delle sanzioni tributarie e le diverse declinazioni del principio di offensività-proporzione, in Riv. dir. trib., 2017, I, p. 473-474.
16 «L’attrazione di una sanzione amministrativa nella materia penale in virtù dei “criteri Engel” trascina con sé tutte e soltanto le garanzie previste dalla CEDU, come elaborate dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo», così Corte cost., n. 68/2021. Vd. anche art. 15, comma 1, Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.
17 Corte EDU, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi.
18 Si veda Cass. pen., Sez. I, 17 gennaio 2020, n. 1804.
19 Si veda, ad esempio, CGUE, sent. 20 marzo 2018, causa C-596/16, Di Puma, par. 38.
20 Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 8 marzo 2022, causa C-205/20, NE, con nota di F. Viganò, La proporzionalità della pena tra diritto costituzionale italiano e diritto dell’Unione europea: sull’effetto diretto dell’art. 49, paragrafo 3, della Carta alla luce di una recentissima sentenza della Corte di giustizia, in Sistema penale, 26 aprile 2022.
21 Corte cost. n. 394/2006. Sul punto si veda M. Scoletta, Retroattività favorevole e sanzioni amministrative punitive: la svolta, finalmente, della Corte costituzionale, in Diritto penale contemporaneo, 2 aprile 2019.
22 Corte cost. n. 394/2006.
23 M. Scoletta, op. ult. cit.
24 Sul binomio offensività-proporzionalità, si veda F. Montanari, op. cit., pp. 477 e ss.
25 Il riferimento è all’art. 6, comma 5-bis, D.lgs. n. 472/1997 e all’art. 10, comma 3, Statuto dei diritti del contribuente. Su quest’ultima norma è stato autorevolmente affermato “A tal proposito, è stato correttamente evidenziato come tale norma abbia inteso affermare una concezione sostanzialistica dell’illecito amministrativo tributario, in cui trova eco la teoria penalistica del principio di offensività e, dunque, della non punibilità del comportamento quando esso non si concretizzi in un’offesa al bene giuridico tutelato; così definitivamente avallando, nella materia tributaria, il superamento della logica punitiva della mera disobbedienza”, così G. Melis, Gli interessi tutelati, in A. Giovannini (diretto da), Trattato di diritto sanzionatorio tributario – Diritto sanzionatorio amministrativo, Milano, 2016, p. 1309.
26 Cfr. Corte cost. n. 236/2011, par. 10, ove si legge “In questi termini, il principio in parola [irretroattività della norma penale sfavorevole] si connota, altresì, come valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali”. Sul punto, si veda anche Cass. civ., Sez. II, sent. 11 gennaio 2024, n. 1154, par. 5.
27 Corte cost. n. 63/2019, par. 6.1.
28 Corte cost. n. 63/2019, ancora par. 61.
29 F. Tundo, op. cit.: “In altri termini, la riduzione dell’entità delle sanzioni conseguirebbe, nell’ottica del legislatore, al potenziamento degli istituti di compliance: la tesi non sembra convincente visto che non toglie il fatto che, a parità di offensività della condotta, vengono sottoposte a trattamenti sanzionatori differenziati violazioni identiche soltanto in base al fattore tempo, ponendosi dunque un tema di (dis)parità di trattamento”.
30 In questo senso, si veda A. Giovanardi, Prime osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio tributario, in Riv. dir. trib. - supplemento online, 20 aprile 2024: “se l’ordinamento abbisogna di riforme che lo rendano più giusto, coerente e ragionevole, non c’è alcun motivo per continuare a sottoporre a più pesanti sanzioni quei contribuenti che, in un contesto non paragonabile, in tesi, a quello che emergerà dalla riforma, abbiano commesso quegli illeciti che oggi il legislatore ha ritenuto di punire con sanzioni più lievi. Per paradosso, sarebbe più logico sostenere opposta tesi, e cioè che sia proprio chi non ha potuto contare su un ordinamento più giusto e su adeguati strumenti di compliance, a dover poter contare su sanzioni più miti o, quanto meno, sulle stesse sanzioni a cui sarà sottoposto chi ha la fortuna di operare in un contesto ordinamentale migliore”.
31 Si veda, ad esempio, Corte cost., sent. n. 90/2018, con nota di G. Melis - F. Montanari, Sulla responsabilità tributaria nelle operazioni di scissione parziale, in Rass. trib., n. 4/2018, pp. 699 e ss., ove la Corte ha precisato che “Da tale vincolo [pareggio di bilancio] deriva un’esigenza superiore di regolare l’adempimento delle obbligazioni tributarie, sul quale deve poter fare affidamento l’amministrazione finanziaria al fine di conseguire l’equilibrio di bilancio e rispettare i parametri europei del debito pubblico”.
32 Vd. ancora G. Melis-F. Montanari, op. cit., p. 717.
33 G. Melis-F. Montanari, op. cit., p. 718, i quali hanno efficacemente osservato: “a quanto consta, non vi sono orientamenti in cui l’equilibrio di bilancio, come nel caso che ci occupa, prevale su tutto senza che sussistano effettive esigenze connesse ad un ‘rischio finanziario’ e, soprattutto, senza che vi sia un giudizio di ponderazione con altri principi”.
34 O, almeno, così si intende dai passaggi della giurisprudenza costituzionale riportati.
35 Cfr. M. Basilavecchia, Profili costituzionali della riscossione, in Riv. dir. trib., 2015, I, p. 475, che ricostruisce così la prevalenza delle esigenze di bilancio nel ragionamento della Corte costituzionale nella sentenza n. 10/2015: “può essere consentita per un periodo l’applicazione di un tributo incostituzionale, se essa è necessaria a non compromettere equilibri di bilancio, dal pregiudizio dei quali discenderebbero manovre in grado di compromettere in modo radicale le esigenze perequative perseguite dal tributo incostituzionale (che tale è risultato non per errata individuazione dell’obiettivo perequativo, quanto per le modalità di costruzione dell’imposizione perequatrice)”.
36 Cfr. F. Montanari, op. cit., p. 484 e note.
37 Cfr. R. Cordeiro Guerra, Adeguamento delle sanzioni punitive al principio di proporzionalità e copertura finanziarie: un evidente corto circuito giuridico, in Riv. dir. trib. – supplemento online, 28 ottobre 2023.
38 A. Marcheselli, Gurdulù alle piramidi: note critiche su contraddittorio e favo rei nella riforma fiscale, in Riv. dir. trib. – supplemento online, 27 novembre 2023.
39 Art. 6, par. 1, T.U.E.: “L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. La disapplicazione da parte dei giudici comuni del diritto interno incompatibile con la disposizione del diritto dell’Unione europea direttamente applicabile si basa su CGUE, 9 marzo 1978, causa C-106/77, Simmenthal, e Corte cost. n. 170/1984 (caso Granital). Sul tentativo di “riaccentramento” da parte della Corte costituzionale tutte le volte che i diritti in questione sono garantiti anche dalla Costituzione, si veda G. Monaco, La Corte costituzionale ridisegna il proprio ruolo nella tutela dei diritti fondamentali, tra carta di Nizza, CEDU e Carta sociale europea, in Rivista AIC, n. 3/2020.
40 “Del resto, occorre rammentare che il rispetto del principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, si impone agli Stati membri nell’attuazione di tale diritto, anche in assenza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili”: in questi termini, CGUE, 8 marzo 2022, causa C-205/20, NE, par. 31. Nello stesso senso, si veda Corte cost., n. 46/2023, par. 14, con nota di R. Cordeiro Guerra, Sanzioni tributarie draconiane e principio di proporzionalità, in Corr. trib., n. 8-9/2023, pp. 749 e ss. Ancora, si veda R. Cordeiro Guerra, Sanzioni amministrative tributarie e principio di proporzionalità, in Riv. trim. dir. trib., n. 3/2023, pp. 534-535; D. Coppa, I principi di proporzionalità e di offensività nell’interpretazione (poco) costituzionalmente orientata della Consulta, in Rass. trib., n. 3/2023, pp. 614 e ss; G. Melis, Le sanzioni amministrative tributarie nella legge delega: questioni aperte e possibili soluzioni, in Rass. trib., n. 3/2023, p. 505.
41 Ancora, CGUE, 8 marzo 2022, causa C-205/20, NE, par. 34.
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