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Un confronto tra il sistema bancario Usa e il sistema europeo. Quale vigilanza e quale soluzione alle crisi bancarie?

Scritto da Marilena Rispoli Farina • ago 2024

Sintesi

Il lavoro trae spunto dalla presentazione del Volume di Gerard Epstein sul sistema finanziario americano, Busting the Bankers Club, per analizzare le crisi bancarie americane del 2023 e del contemporaneo crollo del Crédit Suisse in Svizzera per trarre possibili insegnamenti per l’assetto della vigilanza prudenziale e il sistema di gestione delle crisi bancarie in Europa. Occorre considerare che anche episodi di crisi di banche “non sistemiche” possono porre rischi per la stabilità finanziaria, come anche la mancata applicazione degli standard prudenziali concordati a livello internazionale. In sede europea è in corso di applicazione una complessiva proposta volta ad introdurre maggiori margini di flessibilità nel sistema di gestione delle crisi con particolare riguardo alle medie e piccole banche.

Abstract

The work is inspired by the presentation of Gerard Epstein's volume on the American financial system, Busting the Bankers Club, to analyze the American banking crises of 2023 and the simultaneous collapse of Crédit Suisse in Switzerland to draw possible lessons for the prudential supervision structure and the banking crisis management system in Europe. It must be considered that even episodes of crisis of “non-systemic” banks can pose risks to financial stability, as can the failure to apply prudential standards agreed at an international level. An overall proposal aimed at introducing greater margins of flexibility into the crisis management system with particular regard to medium and small banks is currently being implemented at the European headquarters.

Contenuto

1. Premessa

Ringrazio gli organizzatori di questo convegno, i proff. Capasso, Costabile e Commendatore di avermi invitato per questa giornata e in particolare il Prof. Carlo Panico, con il quale condivido un amicizia personale di lunga data e una attività di ricerca fin dai tempi in cui eravamo entrambi alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Napoli e poi al Dipartimento di Giurisprudenza, e con il quale mantengo un continuo rapporto di confronto sui temi dell’intervento pubblico dell’Economia, del ruolo delle Banche centrali, della soluzione delle crisi finanziarie. Lunghe chiacchierate telefoniche mantengono in piedi la nostra amicizia anche se le distanze fisiche sono notevoli!

Di recente Carlo Panico mi ha parlato in termini entusiastici del libro di Epstein, che consulta spesso e utilizza come materiale didattico per i suoi allievi, e ha suscitato in me la curiosità di leggerlo. Poi è sopraggiunta la venuta in Italia di Gerard Epstein per presentarlo in più sedi e l’invito di Pasquale Commendatore, del Dipartimento di Giurisprudenza, a partecipare all’evento. Così da aspirante lettrice sono diventata lettrice e poi ancora discussante del libro, anche se mi occuperò, come da programma di un confronto tra la soluzione delle crisi bancarie in Europa e quelle adottate in USA a seguito del recente crollo delle banche regionali del marzo 2023 h.e. Sylicon Valley Bank e non solo.

Ma prima di affrontare il mio tema devo spendere alcune considerazioni sul Volume di Epstein, che considero un esempio di ottima scrittura, di ricostruzione storica della nascita del sistema finanziario USA e della sua evoluzione, mai banale e generica, ma supportata da un apparato documentale cospicuo. Ho in particolare apprezzato la precisione nella utilizzazione delle fonti normative, circostanza non sempre presente nelle ricostruzioni degli economisti, anche se in veste strumentale a supportare il filo rosso che percorre il Volume.

La tesi di fondo di Epstein è che esista una collusione di fondo tra il mondo finanziario e la classe politica che porta al prevalere degli interessi privati su quelli pubblici, che i governi dovrebbero perseguire anche attraverso il sistema finanziario.

L’immagine del sistema finanziario che emerge allo stato attuale non corrisponde a quella di inizio secolo del ’900.

Nel 1933, racconta Epstein, Ferdinand Pecora, appena nominato capo consigliere del Comitato bancario e valutario del Senato, citò in giudizio Charles Mitchell, presidente della National City Bank (ora Citibank). Pecora, un immigrato italiano di seconda generazione fumatore di sigari, è stata una “felice scoperta” per il comitato: le sue incisive grigliate, che hanno costretto Mitchell e poi un elenco di altri magnati di Wall Street ad ammettere la litania di pratiche bancarie irresponsabili che causarono il crollo dell’economia nel 1929, fece notizia ogni giorno e gli valse il titolo di Hellhound of Wall Street. Roosevelt lo incoraggiò. I drammatici interrogatori incrociati di Pecora hanno fornito al presidente gli argomenti di cui aveva bisogno per affermare, nel suo discorso inaugurale al Congresso, che “le pratiche dei cambiavalute senza scrupoli sono imputate davanti al tribunale dell’opinione pubblica”, aprendo la strada alle radicali riforme finanziarie del New Deal.

Nel prosieguo del libro, l’autore indaga cosa è cambiato in senso negativo nei decenni successivi: “quelli che hanno sostituito il ‘sistema bancario noioso’ con il ‘sistema bancario ruggente’”. La sua breve risposta è il ‘club dei banchieri’: finanzieri, avvocati, politici e regolatori che eseguono i loro ordini. La maggior parte del libro è dedicata a esporre, nei minimi dettagli, l’anatomia di questo club e la sua stretta mortale sulla democrazia americana.

Epstein, sostenitore di lunga data della riforma finanziaria, indica gli anni ‘30 come un breve momento di libertà politica nei confronti della finanza americana. I banchieri non solo erano caduti in disgrazia: in assenza di un piano di salvataggio, erano anche rovinati economicamente e non erano in grado di reagire, nonostante gli appelli di Richard Whitney, presidente della Borsa di New York, per uno sciopero di capitali se la legislazione fosse passata (Whitney fu successivamente condannato per appropriazione indebita). Roosevelt si mosse rapidamente: nel giro di pochi mesi furono approvati il Securities Act e il Banking Act, che separavano i servizi forniti alla gente comune e alle imprese dalle attività di investimento rischiose, frenando la speculazione eccessiva, regolando la vendita di azioni e obbligazioni e creando l’Agenzia nazionale di Assicurazione dei depositi. Queste riforme hanno inaugurato un breve periodo di sistema bancario “3-6-3”. Nelle parole di Epstein: “I banchieri pagavano ai depositanti il 3%, prestavano i soldi al 6% e arrivavano al campo da golf alle tre del pomeriggio. Lavoro noioso, profitti abbastanza buoni, ma ottimo golf. Prendendo a prestito dalla giurista Mehrsa Baradaran,1 Epstein suggerisce che ciò comportasse una sorta di contratto sociale: in cambio del sostegno del governo e del sostegno al settore finanziario, le banche avrebbero svolto “missioni” pubbliche. Oggi, suggerisce Epstein, di quel contratto rimane solo la metà. Il governo e la Fed salvano le banche (e, più recentemente, i gestori patrimoniali) con poche aspettative che il settore finanziario dia priorità alle funzioni sociali di base.

Epstein delinea in modo chiaro e approfondito i canali attraverso i quali i tentacoli del club hanno potuto raggiungere l’apparato democratico, inclusa, non sorprende, la “porta girevole” tra politica e finanza e il finanziamento dei candidati politici. Sebbene Epstein limiti il suo studio agli Stati Uniti, la sua indagine rispecchia i risultati oltre Atlantico del gruppo no-profit Positive Money: quasi un terzo degli incontri del ministro del Tesoro britannico nel 2020 e nel 2021 riguardavano il settore finanziario e i suoi lobbisti, e ogni singolo ex Cancelliere dello Scacchiere ha continuato ad assumere una posizione nel settore finanziario dopo aver lasciato una carica pubblica. Più difficile da misurare, ma non per questo meno cruciale, è l’identificazione da parte di Epstein della “cattura” intellettuale sia del mondo accademico che delle istituzioni politiche, della loro infiltrazione da parte degli interessi finanziari e dei paradigmi economici che li sostengono. I giganti della finanza si sono posizionati con successo non solo come i più efficienti motori di crescita e prosperità ma anche, negli ultimi tempi, come gli unici possibili finanziatori della trasformazione sociale, compresa la transizione energetica e lo “sviluppo” del Sud del mondo.

Questo “consenso di Wall Street“, così come il mantra della crisi del 2008, secondo cui le principali banche sono “troppo grandi per fallire”, incarna la soppressione dell’immaginazione politica che pervade la disciplina economica e sostiene i seguaci acritici contemporanei dell’affermazione di Margaret Thatcher secondo cui non esiste “alcuna alternativa” al neoliberismo. Epstein sostiene in modo convincente che “la minaccia di uno sciopero dei banchieri, di una ‘uscita dei banchieri’ è “la ‘mazza’ definitiva che i banchieri tengono sopra le nostre teste”.

Sebbene Epstein affermi fin dall’inizio che “i nostri problemi finanziari non saranno risolti con un semplice ritorno al sistema finanziario guidato dalla mission del New Deal”, le sue proposte – che includono il contenimento della speculazione e la promozione del sistema bancario pubblico – sembrano ispirarsi alla linea di FDR. Pur riconoscendo che, ad esempio, il New Deal fu anche l’epoca della segregazione razziale e della segregazione razziale, sembra accettare in modo relativamente indiscutibile l’inquadramento del keynesismo postbellico come una ‘età dell’oro’ del capitalismo in cui lo Stato e i produttori “buoni” gli industriali erano protetti dagli speculatori sconsiderati.

Ma non è così semplice tracciare una linea netta tra Stato, industria e capitale finanziario. Questi sono profondamente intrecciati in quelli che Daniela Gabor ha chiamato ‘regimi macrofinanziari, in cui le istituzioni monetarie, fiscali e finanziarie si uniscono per allocare il credito verso alcune parti dell’economia. Come sottolineano alcuni autori (Steve Maher e Scott Aguanno) in un recente libro, le riforme del New Deal hanno infatti offuscato ulteriormente le distinzioni, mettendo in moto dinamiche che avrebbero consentito l’esplosione della deregolamentazione della Thatcher (o Big Bang). Ad esempio, fu il tentativo di separare finanza e industria che indusse i conglomerati militare-industriali del dopoguerra a internalizzare varie funzioni finanziarie, inclusa la capacità di raccogliere e prestare capitali, trasformando i manager aziendali in nuovi finanziatori.

È interessante notare che Epstein riflette sulla sua precedente posizione “secondo cui la corruzione era un ‘bug’ e non una ‘caratteristica’ del sistema finanziario”, ammettendo: “Ora penso che... mi sbagliavo”. Ma la questione preliminare se la finanziarizzazione stessa sia un ‘bug’ o una ‘caratteristica’ del capitalismo rimane inesplorata.

La lettura del libro di Epstein Busting the Bankers’ Club è innanzitutto estremamente piacevole così come è costellato di metafore e aneddoti pittoreschi, ma direi anche che è una banca dati preziosa non solo per gli studiosi, ma anche per attivisti, giornalisti, politici e chiunque sia interessato ai meccanismi dell’influenza di Wall Street sulle istituzioni chiave della democrazia americana.


2. Le recenti crisi bancarie. Cronaca di una morte annunciata?

La lettura che Gerard Epstein offre delle dinamiche del sistema finanziario americano può essere utilizzata per interpretare vicende più recenti? Senza anticipare troppo i risultati di una indagine si potrebbe rispondere in senso affermativo, ma si può procedere con ordine.

La storia ci riporta che Calpurnia, moglie di Giulio Cesare, vide in sogno che qualcosa di molto spiacevole stava per succedere al marito e ne fu molto turbata; la mattina seguente, si era nelle Idi di Marzo, supplicò il marito di non uscire di casa, ma Cesare si recò ugualmente in senato, dove fu vittima di una congiura a suo danno: i cesaricidi, vedendolo come una minaccia per la repubblica, lo pugnalarono a morte. Sia Svetonio sia Plutarco, descrivendo le ultime ore di vita di Cesare, riportano questo sogno premonitore di Calpurnia, verificatosi proprio la notte precedente la morte del suo sposo.2

Purtroppo, nessun indovino ha previsto che nel mese di Marzo del 2023 il settore bancario sarebbe stato al centro di un grande tempesta che ha comportato il crollo di numerose istituzioni creditizie e ha creato un clima di incertezza e volatilità che non si rilevava da alcuni anni. I riflessi apparvero imprevedibili. Le onde sono salite alte nell’Oceano Pacifico, dove i casi di Silicon Valley bank (SVB), Signature bank e poi ancora First national bank of America hanno scosso i mercati e minato la fiducia dei depositanti e degli investitori. Mentre a pochi giorni di distanza il 14 marzo le cristalline acque del lago di Zurigo si sono increspate per il rischio di insolvenza di una tra le più importanti banche elvetiche: Crédit Suisse.

Mera coincidenza temporale, come sostengono alcuni esperti3 o crisi che nata dagli States si è propagata oltreoceano? La situazione delle banche in Europa era relativamente tranquilla, come hanno affermano le Autorità europee di regolazione, merito del plesso normativo varato dopo la crisi del 2008 che ha posto importanti baluardi a tutela della stabilità e liquidità dello stesso e che dovrebbe preservarla da effetti indotti di “contagio”. Sono in corsa d’opera miglioramenti e modifiche per aggiornare, anche sulla base dell’esperienza fin qui acquisita, il Codice bancario europeo che pare abbia ben funzionato.4 Per quanto concerne la Svizzera, fa storia a sé.

Gli effetti delle due crisi in Europa si sono comunque sentiti se non altro ingenerando i timori di un ennesimo “contagio”.5

I Governi e i Regolatori statunitensi e svizzeri, sono celermente intervenuti con misure anche speciali, alcune delle quali possono essere discutibili, ma che nel complesso inducono ad una riflessione per introdurre riforme che potrebbero prevenire o attutire l’impatto delle crisi presenti per il futuro. L’eredità che quindi consegna la crisi di marzo è dei riflessi non solo nei confronti degli istituti finanziari, ma anche dei risparmiatori, degli investitori, delle Autorità di vigilanza, nonché last but not least delle Banche centrali (si veda infra).

Un tema di partenza nel dibattito che si è sviluppato in concomitanza all’incedere delle crisi è se le disavventure bancarie siano stati eventi “idiosincratici” o si sia difronte a un rischio di instabilità sistemica.6L’opinione prevalente è che si sia trattato di episodi legati a specifiche istituzioni, e quindi non di una crisi sistemica. Il che non consente, considerato il clima di timore che ha circondato le vicende bancarie in tutta Europa, di derubricare le crisi solo a circostanze occasionali, ma ha imposto di valutate le conseguenze per il sistema bancario e per l’economia in generale.7


3. Le crisi americane

Il primato temporale degli eventi rovinosi è dato dal crack della Silicon Valley Bank, sedicesima banca americana per dimensioni patrimoniali con circa 210 miliardi di asset e 175 miliardi di depositi, che fondata nel 1983 si è affermata come punto di riferimento per le startup e le aziende tecnologiche dell’intera Silicon Valley.8 Il sistema bancario americano, definito duale perché vi operano parallelamente banche vigilate dal governo federale e banche vigilate dai singoli Stati, presenta alcune peculiarità da ricollegare all’evoluzione del concetto di banca e dell’attività di vigilanza così come si è stratificato nel tempio.

Pochi passaggi significativi nel panorama della complessa storia bancaria degli States: nel 1782 nasce la Bank of North America a Philadelphia e fino al 1863 la nascita di una qualunque banca avveniva con una registrazione presso la Commissione bancaria dello Stato in cui operava. La normativa, tuttavia, in alcuni Stati era molto labile, non sufficiente a evitare il fallimento delle banche, le quali emettevano banconote tramite la raccolta di fondi rendendo più probabile l’ipotesi di una frode. L’obiettivo di eliminare ogni sorta di abuso da parte delle banche statali portò all’emanazione del National Banking Act del 1936 che istituì le banche c.d. nazionali, di tipo federale, vigilate dall’Office of the Comptroller of the Currency (OCC) che aveva l’obbligo di verificare che le banche nazionali sostenessero le emissioni di banconote con partecipazione di titoli di stato statunitensi. In particolare, la legge mirava ad imporre una tassa proibitiva sulle banconote emesse dalle sole banche di Stato.9 Sotto la presidenza di Woodrow Wilson, nel 1913, fu emanato il Federal Reserve Act che istituì il Federal Reserve System per garantire la stabilità economica mediante l’introduzione di una banca centrale in grado di sorvegliare la politica monetaria. Durante la Grande Depressione degli anni 1930-1933, si verificarono circa 9000 fallimenti bancari con conseguenze dannose per i depositanti. Come risposta alla crisi finanziaria del 1929, il Congresso degli Stati Uniti d’America varò il “Glass-Steagall Act”, che prende il nome dai suoi promotori, il senatore Carter Glass e il deputato Henry B. Steagall. Venne introdotta la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation), agenzia indipendente che mira a proteggere i depositi dei clienti in caso di fallimento di una banca fino a un saldo massimo di 250.000 Dollari (pay-off method) e sostiene le banche in difficoltà cercando potenziali acquirenti disposti ad accollarsene tutti i relativi rischi (purchase and assumption method). La riforma si incentrò anche sulla netta separazione tra commercial bank e investment bank ove le prime erano autorizzate a svolgere esclusivamente classiche attività bancarie e le seconde esclusivamente attività di investimento (c.d. investment and corporate activities). Pertanto, le banche commerciali erano impegnate nell’attività di raccolta di fondi e di erogazione di prestiti in quanto l’attività in titoli (con la sola eccezione dei titoli di Stato) venne riservata alle banche di investimento. La normativa in essere fu oggetto di numerosi tentativi di elusione e la Corte Suprema, nel 1988, convalidò l’operato della Federal Reserve che permise a J.P. Morgan di sottoscrivere obbligazioni e azioni, riconoscendo tale privilegio anche ad altre holding. Considerato lo scenario internazionale, era forte l’esigenza di estendere anche alle banche americane la possibilità di svolgere attività nei settori immobiliare e assicurativo. Nel 1999 fu definitivamente abrogato il “Glass-Steagall Act” per lasciare spazio al Gramm-Leach Bliley Financial Services Modernization Act” che sanciva come una banca potesse offrire servizi bancari commerciali, in titoli e in assicurazioni.

In una tendenza di maggiore liberalizzazione della regolamentazione bancaria si inquadra anche la proposizione di servizi complessi come il confezionamento dei mutui attraverso un processo di cartolarizzazione (securitization) ovvero il processo di raggruppamento e trasformazione di attività finanziarie piccole e altrimenti non liquide in titoli obbligazionari negoziabili su un mercato secondario (mortgage-baked security).

Nel 2008, un’innovazione finanziaria particolarmente significativa fu rappresentata dai mutui subprime, una nuova categoria di mutui immobiliari concessi a debitori con rating di credito inadeguato.10 In questa occasione, la Federal Reserve assunse il ruolo di lender of last resort ovvero di “prestatore di ultima istanza” per sostenere il sistema bancario.

Merita approfondimento il Disegno di Legge noto come Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act dai nomi dei suoi firmatari, il senatore Christopher Dodd e il deputato Barney Frank, approvato dal Congresso nel luglio del 2010. Contiene 15 titoli e 541 articoli. La nuova legislazione ha creato il Consumer Financial Protection Bureau, all’interno della Federal Reserve, con lo scopo di vigilare tutte le società che hanno lo scopo di erogare mutui residenziali e che possiedono attività superiori a 10 miliardi di Dollari e tutti gli emittenti di strumenti finanziari rivolti alla parte meno abbiente della popolazione. La Legge istituisce altresì un Financial Stability Oversight Council, presieduto dal segretario del Tesoro, al fine di individuare le maggiori società finanziarie a livello sistemico e attribuire ad esse la designazione ufficiale di SIFI (Systemically Important Financial Institutions). Limita altresì la speculazione delle banche con i propri titoli (c.d. Volcker Rule) e rafforza il programma di tutela dei whistleblower (cioè i dipendenti di un’impresa che segnalano illeciti), già previsto dal Sarbanes-Oxley Act dal 2002.11

In un primo momento, la norma si applicava a tutte le banche con attivi di bilancio superiori a 50 miliardi di Dollari. Nel 2018, sotto la presidenza di Donald Trump, il limite si innalzò a 250 miliardi di Dollari, esonerando alcune banche regionali da quelle regole di controllo più stringenti.12 Ne deriva che solo alle prime 14 banche americane venissero applicate le norme già vigenti in Europa come anche quelle relative ai requisiti di liquidità da tenere a disposizione e quelle inerenti la vigilanza periodica. Dal punto di vista normativo, pertanto, a differenza di quanto è avvenuto in Europa, negli Stati Uniti si è venuto affermando nel tempo una tendenza di progressiva deregolamentazione.13

L’assunzione di rischi da parte delle singole banche è inevitabile e se, da un lato, il rialzo dei tassi di interesse è stato un fattore determinante per determinare la crisi di SVB e Signature Bank, e ha rivelato la sensibilità dell’economia, va rilevato che non è presente, in America, un sistema di vigilanza periodica, dominante, invece, in Eurozona grazie agli interventi normativi seguiti a Basilea 3.14

Quanto accaduto alla Silicon Valley Bank ha risvegliato, negli investitori, i timori di una nuova crisi, quale quella che si manifestò a partire dal 2008.15 L’istituto ha improvvisamente annunciato una perdita di 1,8 miliardi di Dollari e un aumento di capitale per 2,25 miliardi per compensare le perdite, ma la conseguenza è stata una vera e propria corsa agli sportelli per prelievi pari a 42 miliardi, in data 9 marzo 2023. Ogni tentativo di salvataggio era ormai invano e la banca è diventata insolvente tanto che i primi giorni del mese di marzo la SVB ha annunciato la perdita di circa 958 milioni di Dollari. A questo sono succeduti altri due fallimenti, quello della Signature Bank e della Silvergate Bank (nota per le criptovalute).

La banca SVB ha investito 120 miliardi di Dollari in un portafoglio di titoli di Stato a lunga scadenza e in mortgage-baked security (titoli obbligazionari rinvenienti da operazioni di cartolarizzazione di prestiti ipotecari) per un importo di 91 miliardi. Come insegnano le migliori regole della gestione di una banca, se i titoli a tasso fisso vengono detenuti fino a scadenza, l’oscillazione dei tassi non incide sulla restituzione del valore nominale. Situazione diversa è la crisi di liquidità di una banca che si trova costretta a vendere e che causa la perdita di valore degli asset. Ciò è accaduto in conseguenza del costante rialzo dei tassi da parte della FED per il contesto di mercato che si è palesato a seguito delle vicende geopolitiche in Ucraina.

A margine della crisi di SVB, da parte delle Autorità di vigilanza si è dato il via a riflessioni su nuovi interventi normativi atti a impedire ripercussioni di tale portata e far emergere le falle insiste nel sistema di regolamentazione.16 Prontamente in sede di Comitato di Basilea, si è sostenuto che fosse opportuno individuare le misure idonee a contrastare fenomeni di crisi e riesaminare la regolamentazione in essere.17


4. Le crisi bancarie in Italia e l'evoluzione della disciplina nazionale alla luce della legislazione europea

Il sistema bancario italiano allo stato non pare destare particolari problemi18e si può avanzare l’ipotesi che costituisca un apprezzabile precedente di riferimento per quel che concerne il quadro normativo riservato alla soluzione delle crisi bancarie. Una speciale disciplina per regolamentare le crisi bancarie in Italia19 è stata introdotta dalla Legge bancaria del 1936-3820 e dopo più di sessanta anni di vigenza è stata riconfermata, in linea di sostanziale continuità, dal Testo Unico Bancario del 1993 (t.u.b.) la c.d. “Nuova Legge Bancaria”, che ha previsto, sulla base di determinati presupposti, l’applicazione di una procedura di “amministrazione straordinaria (il cosiddetto “commissariamento”) e di una speciale procedura di “liquidazione coatta amministrativa”.21

Il quadro così delineato è stato profondamente innovato quando, a seguito della crisi finanziaria del 2008, prese avvio un ampio processo di riforma a livello globale e si predispose un nuovo quadro normativo (single rule book) in grado di rafforzare il settore bancario per evitare shock esterni e rafforzarne la stabilità. Prese vita l’Unione bancaria europea,22 articolata nei tre Pilastri, un organismo unico di supervisione bancaria (SSM) un secondo (SRM)di gestione delle crisi, il terzo, non ancora realizzato, un sistema unico di Garanzia dei depositi (ESIS). Tassello saliente una disciplina per le crisi bancarie introdotta, a livello europeo, con la Direttiva UE 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi (meglio nota come BRRD, recepita in Italia con modifiche al t.u.b. tramite il D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180). L’impatto delle nuove discipline europee di vigilanza e di soluzione delle crisi, che sono il tessuto della c.d. Banking Union, ha comportato nel contesto italiano un notevole salto nelle modalità di gestione delle situazioni di difficoltà in cui possano trovarsi le banche italiane.

La previsione di una disciplina speciale della crisi delle banche è una costante dei principali ordinamenti giuridici, in considerazione del ruolo che le banche rivestono nei principali ordinamenti moderni, dei particolari interessi che esse coinvolgono, e per le conseguenze devastanti che una crisi bancaria può generare. In primo luogo, rileva la necessità di tutelare i risparmiatori, che affidano i loro risparmi alle banche, nonché di preservare la stabilità complessiva del sistema finanziario, che costituisce il principale canale di finanziamento dell’economia, e infine, last but non least, l’economia del territorio.

La Legge bancaria del 1936, frutto dell’intuizione di un legislatore attento agli effetti delle crisi e quindi previdente, nasce a seguito alla grande crisi degli anni ’30 che investì anche l’Italia e le banche, e realizzò una profonda riforma del sistema finanziario,23 sottoponendo a intensa regolamentazione gli intermediari finanziari, e introducendo anche due speciali procedure che sottraevano le banche alla procedura concorsuale ordinaria. Il Testo Unico Bancario, varato nel 1993,24 che ha sostituito al modello di banca specializzata il modello della c.d. “banca universale”25 ha confermato la necessità di procedure ad hoc, diverse dalla procedura fallimentare ordinaria, per le imprese bancarie.

Nella maggior parte delle crisi bancarie in Italia si è applicata la procedura di liquidazione coatta amministrativa, con cessione di attività e passività ad altra banca più solida, nella ipotesi in cui una amministrazione straordinaria (procedura come si già detto, volta al risanamento) non fosse possibile riportare la banca all’ordinaria gestione.26 L’unica soluzione alternativa, devastante per i portatori degli interessi sopra ricordati, sarebbe stata la applicazione di una liquidazione coatta in senso proprio, quindi della cessazione dell’attività, della perdita dell’avviamento e di una gestione di tipo “fallimentare”. Su un centinaio di crisi bancarie verificatisi in passato nel vigore della suddetta normativa, si ricorda che solo tre hanno seguito quest’ultima strada; negli altri casi si è riusciti a garantire la sopravvivenza dell’azienda bancaria.

Tralasciando i pochi casi italiani, relativi a banche di grandi dimensioni, in cui la soluzione della crisi è derivata da un intervento pubblico realizzato in varie forme,27 il superamento della crisi, o l’acquisizione da parte di altra banca più solida, ha dovuto confrontarsi con alcuni ricorrenti problemi, ed in particolare: a) la crisi di liquidità; b) la presenza di perdite rilevanti; c) la presenza di un consistente numero di sofferenze, o comunque di partite anomale; d) disfunzioni organizzative, della presenza di personale in eccedenza e/o poco qualificato.28

Nell’ambito di processi di risanamento e/o ristrutturazione i Fondi di garanzia dei depositanti, introdotti nel 1987, prima in forma facoltativa29 e poi resi obbligatori dal t.u.b. (ed oggi dalla normativa comunitaria e denominati SGD, sistemi di garanzia dei depositi), hanno svolto da sempre un ruolo di primo piano.

In Italia operano, come è noto, il Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) ed il Fondo di garanzia del credito cooperativo (FGD). I Fondi di garanzia, alimentati con somme provenienti dalle banche associate, sono in primo luogo deputati al rimborso dei depositanti (entro il limite massimo dei 100mila Euro) in caso di liquidazione coatta amministrativa. La disciplina dei fondi è stata di recente aggiornata, prevedendo una contribuzione, sia ex ante (indipendentemente dalle singole crisi), sia ex post, tramite richiamo di fondi, in caso di necessità. Il rimborso dei depositanti, che in astratto sarebbe la funzione primaria dei fondi, di fatto è stata utilizzata raramente, in quei pochi casi, cui si è accennato, in cui alla crisi non si è trovata soluzione e si è dovuto dare luogo ad una vera e propria liquidazione coatta. La soluzione privilegiata è stata sempre quella di un intervento preventivo “di sostegno” del fondo, tendente o ad evitare la liquidazione coatta tramite una riorganizzazione ed un ritorno in bonis della banca, o ad agevolare la cessione di attività e passività ad altra banca. L’attività di sostegno, prevista dagli statuti dei fondi, è sempre stata decisa dagli organi del fondo, con l’approvazione della Banca d’Italia, in base al criterio del “minor costo”: in sostanza, l’attività di sostegno è stata posta in essere tutte le volte che il rimborso dei depositanti avrebbe avuto per il fondo un costo maggiore (o ben maggiore, come sarebbe stato nella gran parte dei casi) rispetto all’esborso necessario per sostenere ed agevolare la cessione di attività e passività ad altra banca. L’intervento è stato anche posto in essere dal FITD, ma in casi rari e con strumenti più limitati, al fine di operazioni di riorganizzazione bancaria. Tale intervento è stato ancor più determinante dopo la cosiddetta “liberalizzazione” dell’apertura degli sportelli bancari.30

L’intervento preventivo dei fondi ha assunto, nei singoli casi concreti ed in relazione alle singole necessità, una molteplicità di forme, tra le quali possono ricordarsi le principali: a) la copertura del cosiddetto “disavanzo” di cessione, in caso di “patrimonio negativo” della cedente (o comunque di sbilancio negativo tra attività e passività cedute); b) il rilascio di garanzie in caso di prestiti subordinati; c) l’acquisizione di parte delle sofferenze della cedente, al fine di evitarne il trasferimento alla cessionaria; d) la contribuzione alle spese di cessione o di altre attività connesse alla cessione, nonché alla riorganizzazione e alla riqualificazione degli sportelli ceduti.

Prima del noto “caso Tercas”, il quadro era quello delineato. Una situazione che per molti decenni aveva dato risultati molto soddisfacenti, risolvendo all’interno del sistema bancario stesso le crisi, ed evitando effetti negativi sui depositanti e sul mercato. Ferma restando comunque la inevitabile perdita subita dai soci della banca in crisi in base al rischio d’impresa, la cui tutela peraltro prescinde dai fini della legislazione bancaria.31 32


5. Il cambio di passo. Gli orientamenti comunitari in tema di Fondi di garanzia dei depositanti ed il problema degli aiuti di Stato

La crisi finanziaria della fine degli anni 2000, di portata devastante, ha indotto l’Unione europea a porre al centro una serie di interventi per regolamentare il fenomeno delle crisi bancarie e finanziarie.33 I massicci interventi pubblici da parte dei vari stati dell’Unione per sostenere i sistemi bancari, ed in particolare per sostenere le grandi banche in crisi (in forma più contenuta in Italia che altrove), hanno posto il problema della ammissibilità degli aiuti di Stato e della loro compatibilità con la disciplina comunitaria della concorrenza contenuta nel Trattato. Nel 2013, facendo seguito ad una serie di precedenti comunicazioni, la Commissione dell’UE, quale autorità della concorrenza, ha pubblicato la Comunicazione 2013/C216/01, ove, pur riconoscendo l’importanza del sistema bancario per il sistema economico e quindi l’ammissibilità di discipline speciali e di deroghe in caso di crisi che possano danneggiare l’economia di uno Stato membro (come ammesso dall’art. 107, par. 3, lett. b), TFUE), ha precisato che gli aiuti di Stato possono avere solo carattere residuale e limitato rispetto all’intervento dei soci e dei creditori subordinati, che devono in primo luogo sopportare i danni della crisi, ed essere inoltre condizionati ad un adeguato piano di ristrutturazione.34

Per quanto riguarda poi la posizione dei fondi di garanzia nazionali la Comunicazione (par. 64) precisa che l’intervento dei fondi non costituisce aiuto di Stato qualora sia rivolto al rimborso dei depositanti, mentre potrebbe esserlo se rivolto ad operazioni di ristrutturazione che, in quanto tali, potrebbero condurre ad una alterazione delle regole della concorrenza, e ciò anche qualora la provenienza dei fondi sia privata, ma l’intervento derivi da una decisione pubblica o sia sotto il controllo pubblico. In ordine a tali interventi la Commissione si riserva il potere di valutare caso per caso la compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato.

Questa presa di posizione, che già presentava profili problematici, è stata in parte ribadita dalla successiva Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 (2014/59/UE, meglio nota come BRRD) sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi e finanziari.

La Direttiva, che interviene in modo innovativo sulla disciplina delle crisi bancarie introducendo tra l’altro il noto bail-in, ha avuto, tra i suoi principali scopi, quello di ridurre o eliminare il costo pubblico delle crisi bancarie, limitando l’intervento pubblico solo a casi estremi (comunque sottoposti all’approvazione della Commissione), facendo invece gravare il costo delle crisi su soci, creditori ed anche sui depositanti per i depositi eccedenti l’importo di 100 mila Euro oggetto di tutela da parte dei fondi di garanzia dei depositanti.

Nel complesso quadro normativo che emerge alla luce dei più recenti provvedimenti quali siano la posizione, e le funzioni, dei fondi nazionali di garanzia va ricavato da un non facile coordinamento tra la citata Direttiva 2014/ 59/UE e la Direttiva 2014/49/UE sui sistemi di garanzia dei depositi (SGD), che prevede la sopravvivenza dei sistemi di garanzia nazionali sino al momento in cui verrà attivato, se mai ciò avverrà, ma ancora di recente si insiste sulla sua necessità, un sistema unico europeo (nell’ambito del cosiddetto “terzo pilastro”), al momento ancora in gestazione tra gli Stati, mentre sono stati già realizzati come noto il meccanismo di vigilanza unico (MVU, “primo pilastro”, Reg. n. 1024/2013/UE) ed il meccanismo di risoluzione unico (MRU, “secondo pilastro”, Reg. n. 806/2014/UE). Va peraltro ricordato che nell’ambito del “secondo pilastro” è stato istituto un Fondo di risoluzione unico fra i paesi dell’Area Euro, attualmente operante, che si affianca ai sistemi di garanzia nazionali, finanziato da tutte le banche, grandi e piccole, ma finalizzato solo alle ipotesi di risoluzione (e quindi destinato alle banche a tale tipo di procedura sottoposte). Il classico intervento obbligatorio dei fondi finalizzato al rimborso dei depositanti (oggi entro 7 giorni) rimane pur sempre lo scopo principale dei fondi, e viene esteso dalla liquidazione coatta amministrativa anche alle nuove ipotesi di risoluzione e di bail-in cui i depositanti protetti abbiano subito una perdita. La Direttiva 2014/49/UE prevede tuttavia che i fondi possano anche effettuare interventi volontari al fine del salvataggio di enti creditizi e per evitare il rimborso dei depositanti, purché nel rispetto delle norme nazionali e della disciplina degli aiuti di Stato. Un quadro normativo, quindi, alquanto non ben definito, e che comunque dà ampi spazi valutativi alla Commissione circa la compatibilità di eventuali interventi “volontari” dei fondi con la disciplina degli aiuti di Stato. Compatibilità che, deve subito sottolinearsi, è stata interpretata dalla Commissione in maniera eccessivamente rigida, e tale da compromettere una prassi che, per molti anni, aveva garantito la stabilità del sistema bancario ed il superamento delle crisi.

Nel nuovo quadro normativo della disciplina delle crisi bancarie delineato dalla Direttiva 2014/59/UE (BRRD), i fondi di garanzia dei depositanti (SGD) continuano a svolgere una funzione di particolare importanza. In primo luogo, ai fini del rimborso dei depositanti in caso di liquidazione coatta della banca, ma anche per finanziare le procedure di risoluzione previste dalla BRRD, in particolare ristorando i depositanti delle perdite subite in caso di bail-in o di altre procedure di risoluzione, pur se nell’ambito del limite di 100 mila Euro previsto dalla normativa (art. 11 della Direttiva 2014/49/UE) 14. Su questi interventi, e sulla loro ammissibilità, non sembra che le vicende del “caso TERCAS” abbiano avuto alcun riflesso, anzi è stata l’occasione per gli organi comunitari di ribadire la loro legittimità in ogni caso.

L’art. 11 della Direttiva 2014/49/UE sugli SGD prevede anche gli interventi volontari e preventivi dei fondi di garanzia (come quello del “caso TERCAS”), a condizione che la banca beneficiaria, ovviamente non sia in risoluzione, sia sottoposta ad una controllo da parte del fondo, e che le somme utilizzate rispettino il requisito del “minor costo”, cioè che risultino inferiori a quelle che il fondo dovrebbe sborsare in caso di rimborso dei depositanti, e previa consultazione dell’autorità di risoluzione e delle ulteriori autorità competenti, come la Commissione europea come autorità per la concorrenza. Interventi che sono peraltro dalla ulteriore Direttiva 2014/59/UE (BRRD) obbligati a “rispettare le disposizioni in materia di aiuti di Stato”.

In conclusione, il quadro che emerge è ricco di luci ed ombre. Da un lato la normativa comunitaria prevede la possibilità di interventi volontari e preventivi da parte degli SGD nazionali, ma dall’altro li sottopone alla disciplina degli aiuti di Stato e della concorrenza, con la necessità di individuare in concreto un difficile punto di equilibrio. Nel “caso TERCAS” la Commissione ha espresso una posizione così rigida, da rendere di fatto inutilizzabili tali interventi. Il Tribunale dell’UE, riformando la decisione della Commissione, ha mostrato invece, pur in una sentenza fondata prevalentemente sull’assenza di prova, una importante apertura, riconoscendo la natura privata dei fondi ed il carattere privatistico del loro operare. La Corte di Giustizia, investita, come si è detto, della questione ha confermato la decisione del Tribunale. Un primo importante passo.


6. La proposta di una disciplina uniforme dei DGS

Il tema di una disciplina uniforme dei DGS è da tempo35 all’attenzione del dibattito europeo e facendo seguito allo stesso va menzionata l’iniziativa dell’Eurogruppo che il 16 giugno 2022,36 ha formulato l’invito alla Commissione a stilare una proposta legislativa che includa un’armonizzazione dell’uso dei DGS nazionali per agevolare l’uscita dal mercato delle banche in crisi irreversibile preservando il valore aziendale.

Di recente si è espresso il precedente Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco37 sostenendo che l’esperienza dei Fondi italiani può offrire importanti spunti ricostruttivi ai fini dell’elaborazione di un framework comune. Un maggior coinvolgimento dei DGS nella gestione delle crisi, e più in generale di forme di utilizzo delle risorse interne al sistema bancario, consentirebbe, infatti di relegare gli aiuti di Stato al ruolo di misura di ultima istanza per la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario.

Il tema è sicuramente caldo anche se non mancano autorevoli voci esponenti di altre Autorità bancarie nazionali quali Margarita Delgado, Vice Governatrice del Banco de España e Vice Presidente del FROB,38 per la quale le diverse opzioni disponibili per il rafforzamento del quadro normativo per la gestione delle crisi bancarie non devono comunque far perdere di vista la necessità di un sistema unico di garanzia dei depositi, a logico complemento della responsabilità condivisa per la vigilanza e la risoluzione delle banche, secondo il disegno originario dell’Unione bancaria. Un sistema europeo di assicurazione dei depositi, si sostiene, consentirebbe di svincolare la protezione dei depositanti dal luogo di insediamento degli intermediari e di rafforzare la tutela in caso di crisi locali, ma non per questo meno rilevanti per la stabilità sistemica. Tale sistema assicurerebbe inoltre parità di condizioni con riferimento al trattamento degli intermediari in dissesto e al mantenimento della fiducia dei depositanti.


7. Il contesto europeo

L’attuale, critica, congiuntura economica rende particolarmente urgente il completamento e il rafforzamento del complessivo disegno dell’Unione bancaria, che allo stato, come già rilevato, si fonda sui due soli pilastri dei meccanismi unici, di vigilanza e di risoluzione. La diversità esistente tra le posizioni degli Stati membri, nell’ambito della realizzazione del terzo pilastro ha però fatto emergere con chiarezza l’impossibilità di raggiungere, al momento, un accordo sulla costituzione di un sistema unico di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme).

Le determinazioni dell’Eurogruppo sul futuro dell’Unione bancaria, hanno preso pragmaticamente atto del fatto che gli sforzi dovranno per ora concentrarsi sul rafforzamento del quadro comune già esistente per la gestione delle crisi bancarie e del ruolo dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi.

Alla luce delle carenze dimostrate dal quadro normativo attuale, e in particolare con riferimento alle crisi delle banche piccole e medie finora escluse dalla risoluzione, questo rafforzamento appare opportuno.

Deve menzionarsi il contributo alla soluzione dei problemi sul capo fornito dal progetto Unidroit39 sull’insolvenza delle banche medie e piccole che costituisce un’importante occasione per progredire verso un modello di regolamentazione condiviso a livello internazionale.

Per la Banca d’Italia, che ha partecipato alla redazione del progetto, in caso di crisi, le banche di piccole e medie dimensioni dovrebbero essere in grado di uscire dal mercato riducendo al massimo gli impatti negativi sull’economia reale e la dissipazione del valore insito nelle attività aziendali. L’esperienza italiana ha dimostrato che schemi di liquidazione gestiti da autorità amministrative possono favorire trasferimenti tempestivi delle attività e delle passività a intermediari in bonis. Facilitati da interventi dei sistemi di garanzia dei depositi, queste operazioni potrebbero aiutare a sostenere la conservazione del valore economico dell’attività e a garantire una maggiore continuità di accesso ai servizi bancari, evitando la liquidazione atomistica. A sua volta, la conservazione del valore permetterebbe una miglior tutela degli stakeholders coinvolti nel dissesto dell’intermediario, con effetti positivi sulla fiducia nell’intero sistema bancario e minori rischi di contagio: condizioni cruciali per la stabilità finanziaria e macroeconomica.

In particolare, sostiene sempre la Banca D’Italia, l’opera di revisione dell’attuale sistema dovrebbe tenere in considerazione le specificità degli intermediari, evitando soluzioni che possano poi paradossalmente determinare effetti negativi.40 È nota la difficoltà che molte banche medio-piccole si troverebbero a fronteggiare per soddisfare il requisito di un adeguato importo di passività assoggettabili a bail-in, ovvero il Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities (MREL), quando fosse determinato specularmente a quello a oggi previsto per gli operatori di maggiori dimensioni. La maggior parte delle banche piccole e medie non è infatti in grado di collocare sul mercato adeguate quantità di strumenti ammissibili.

Le banche maggiormente legate al territorio sono, del resto, il necessario completamento finanziario del tessuto imprenditoriale basato su aziende piccole e medie, che costituisce un punto di forza per molte aree dell’Europa. Ovviamente i profondi cambiamenti tecnologici in corso richiedono anche per questi intermediari adeguamenti pronti e importanti, ed è fondamentale che siano garantiti un efficace presidio dei rischi e trasparenti e solide condizioni di governo societario, in assenza dei quali non può escludersi il manifestarsi di forti criticità aziendali.

In caso di estensione dell’attuale ambito applicativo della risoluzione, sostiene ancora la Banca d’Italia, data la composizione della raccolta, l’applicazione anche alle banche di minori dimensioni del bail-in minimo dell’8 per cento delle passività totali e dei fondi propri per l’accesso al Fondo di risoluzione potrebbe comportare elevate probabilità di perdite per i depositanti. L’osservanza dei principi di uguaglianza sostanziale e di proporzionalità consiglia quindi di adottare “soluzioni adeguate e coerenti” con le caratteristiche di tali intermediari, evitando l’estensione acritica dei modelli già in uso per gli enti maggiori.

Si è molto enfatizzato il riferimento all’esperienza statunitense della Federal Deposit Insurance Corporation,41 che tra il 1980 e il 2019 ha gestito il dissesto di oltre 3.500 banche, e che può offrire importanti spunti in questa direzione.

Nell’esperienza italiana, la procedura di liquidazione coattiva affidata ad autorità amministrative ha consentito di allocare con sufficiente rapidità le attività e passività delle banche in crisi. Di pari passo con l’uscita dal mercato degli intermediari responsabili di irregolarità o perdite di eccezionale gravità, sono state assicurate la tutela dei depositanti e la continuità dei servizi bancari e delle relazioni creditizie a beneficio della clientela.

Mentre si discute in sede europea delle modifiche da apportare alla BRRD e a introdurre una disciplina uniforme delle discipline fallimentari e/o liquidatorie, appare improcrastinabile valorizzare il ruolo dei Fondi di garanzia dei depositanti (Deposit Guarantee Schemes, DGS), e in particolare le potenzialità insite nei loro interventi preventivi e alternativi. Le risorse dei DGS nazionali, secondo le informazioni raccolte dall’Autorità bancaria europea, sono di ammontare cospicuo. Per renderne concretamente possibile un uso non limitato al mero rimborso dei depositi, occorre ripensare il ruolo dei DGS, sia in relazione ad un più ampio ricorso agli strumenti di risoluzione previsti dalla BRRD, sia nell’ipotesi di ricorso a una procedura di liquidazione armonizzata in alcuni suoi aspetti. Alcune condizioni sono però necessarie per far sì che l’intervento dei Fondi di garanzia possa efficacemente esplicarsi anche in futuro. Occorrerà rivedere l’ordine delle preferenze dei creditori e superare la cosiddetta super-priority riconosciuta dalla BRRD ai DGS, che attualmente ne condiziona fortemente la capacità di intervento. Si renderebbe così più agevole superare il criterio della valutazione del minor onere richiesto per l’ammissibilità degli interventi alternativi; tale valutazione dovrebbe, poi, prendere in considerazione anche i costi indiretti che deriverebbero invece da una liquidazione atomistica, tipicamente identificabili in estesi contraccolpi finanziari, effetti di contagio e spillover.

Quindi appare saliente l’invito dell’Eurogruppo alla Commissione all’esito della riunione del giugno 2022, a stilare una proposta legislativa che includa un’armonizzazione dell’uso dei DGS nazionali per agevolare l’uscita dal mercato delle banche in crisi irreversibile preservando il valore aziendale.42

Da parte italiana si sostiene che l’esperienza dei Fondi italiani43 potrebbe offrire importanti spunti ricostruttivi ai fini dell’elaborazione di un framework comune. Un maggior coinvolgimento dei DGS nella gestione delle crisi, e più in generale di forme di utilizzo delle risorse interne al sistema bancario, consentirebbe di relegare gli aiuti di Stato al ruolo di misura di ultima istanza per la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario.

Deve essere ben presente che le diverse opzioni disponibili per il rafforzamento del quadro normativo per la gestione delle crisi bancarie non devono comunque far perdere di vista la necessità di un sistema unico di garanzia dei depositi, a logico complemento della responsabilità condivisa per la vigilanza e la risoluzione delle banche, secondo il disegno originario dell’Unione bancaria.


8. Le crisi bancarie negli Stati Uniti e in Svizzera. Caratteri comuni e difformità

Nel mentre il discorso europeo si sviluppa ‒ e il modello statunitense di soluzione delle crisi bancarie appare un referente da considerare come si è già esposto in sommi capi44 ‒ nel corso del mese di marzo del 2023 una tempesta perfetta ha investito il settore bancario. Non solo i mercati finanziari d’oltreoceano e svizzeri sono stati investiti da violente turbolenze ma anche per Deutsche Bank, oggetto di attacchi speculativi, si sono presentati problemi che hanno scosso anche il settore bancario europeo che appariva, grazie alle operazioni di consolidamento realizzate nell’ultimo quinquennio, solido e “resiliente”.

Alla radice delle due crisi, la prima legata al fallimento di due importanti banche regionali, SVB e Signature Bank, la seconda alle difficolta di Crédit Suisse, possono identificarsi molte componenti ma sicuramente il problema fondamentale concerne i contenuti e l’esercizio dell’attività di vigilanza. Aver allentato i freni dell’attività di vigilanza su SVB, è stato sicuramente un grave errore, in quanto si è sottovalutato che la dimensione di SVB e Signature potesse avere effetti sistemici. Quanto a Crédit Suisse, è ben noto che la Banca aveva collezionato investimenti sbagliati, perdite, fughe dai depositi e dalle gestioni, bilanci poco trasparenti e infine l’ingresso di azionisti medio-orientali facoltosi ma “poco avveduti”.45 Anche in quel contesto si può dubitare che l’attività di vigilanza dell’Autorità a ciò devoluta, la FISMA, sia stata repentina ed efficace.

Identificare le ragioni del crollo delle due banche è indubbiamente utile, ma non rassicura per il futuro. I due clamorosi cedimenti, vicini temporalmente, fanno intuire che incertezze e nervosismi hanno pervaso il mondo dell’economia. A ben vedere SVB aveva investito in titoli di Stato americani, che dovrebbero essere sicuri, mentre Crédit Suisse aveva predisposto di recente un aumento di capitale rilevante. Ma imperizia nella gestione e vigilanza non adeguata hanno scatenato una reazione a catena non facilmente controllabile. Il crollo delle Borse che è seguito ai cedimenti bancari ha dimostrato che la mancanza di fiducia in uno o più istituti bancari può trasformarsi in breve in panico. La storia dimostra che ogni crisi bancaria è caratterizzata dalla corsa agli sportelli per il ritiro dei depositi e degli investimenti. Se poi il panico persiste la crisi diventa endemica: “permacrisi”!

Vi è da amaramente considerare che la lezione della crisi finanziaria del 2008 è stata dimenticata. All’epoca si iniziò con una serie di crolli, per prima la Bear Stearns, che fu sottovalutata, fino al fallimento di Lehman nel 2008, che innestò un processo che dilagò anche in Europa con le conseguenze disastrose ben note. La lezione principale che ne scaturì è che è fondamentale tutelare la stabilità finanziaria al venir meno della quale ne soffre tutto il sistema economico.46

All’origine del fallimento della SVB può individuarsi un clamoroso errore di gestione. La banca presentava un business molto concentrato: raccolta di depositi ed erogazione di prestiti ad aziende californiane del settore high-tech, molte delle quali nuove start-up. Il bilancio della SVB presentava due particolarità. Dal lato del passivo, la raccolta proveniva in larga parte dalle imprese e molti depositi eccedevano il limite dei 250 mila Dollari: non erano quindi coperti dall’assicurazione prevista per legge. Dal lato dell’attivo, la banca era molto esposta (per oltre la metà delle sue attività) in titoli a medio-lungo termine e quindi assai vulnerabile di fronte a un aumento dei tassi di interesse, poiché se questi aumentano, i prezzi dei titoli si riducono. In effetti, l’aumento dei tassi di interesse attuato dalla Fed da più tempo a questa parte, ha messo in crisi il modello di business della SVB, che sembrava basato sull’ipotesi che i tassi rimanessero fermi (a livelli molto bassi) all’infinito. Un aumento di 4,5 punti dei tassi di policy ha ridotto i prezzi dei titoli in portafoglio e ha messo in allarme i depositanti, che sapevano di non essere coperti dalla assicurazione. Ciò ha scatenato il classico bank run: la corsa al ritiro dei depositi, che ha fatto precipitare la situazione. Trova qui applicazione il modello economico che ha fruttato ai loro autori (Douglas Diamond e Philip Dybvig) il premio Nobel per l’economia nello scorso 2022. Per sua natura, l’intermediazione bancaria è esposta al rischio di corse agli sportelli, che amplificano gli effetti di un evento negativo. C’è da domandarsi come mai coloro che avevano la responsabilità di gestire la banca non si fossero resi conto che, con il ritorno dell’inflazione e l’inversione della politica monetaria, il mondo era cambiato: occorreva alleggerire l’esposizione al rischio di tasso (oltre a diversificare il modello di business).47 48

Le autorità non hanno potuto fare a meno di intervenire, e le due banche regionali, SVB e Signature Bank sono state al centro di varie misure, prima fra tutte una iniezione di liquidità a tutela dei depositi oltre i 250.000 Dollari, cifra stabilita di norma.49 Per evitare il contagio e danneggiare l’economia, il Dipartimento del tesoro e la Federal Deposit Insurance (FDCI) hanno annunciato la copertura e la protezione per tutti i depositanti, con la possibilità di accedere ai depositi. La FDCI ha operato nell’ambito della propria funzione istituzionale, avendo il compito di risolvere shock che possono diventare sistemici, e permettere agli shock idiosincratici di essere assorbiti dagli stakeholders. Contemporaneamente, la FED ha messo a disposizione una linea di credito istituzionale di emergenza per prevenire un’ondata di corse agli sportelli nell’ambito del Nuovo Bank Term Funding Program (BTFP).50 La amministrazione Biden non ha inteso salvare la SVB con le risorse dello Stato coinvolgendo le risorse dei contribuenti in quanto la FDCI, dopo aver acquisito la curatela fallimentare, procederà con lo scioglimento e la liquidazione delle attività di SVB. La controllata inglese di SVB è stata ceduta in blocco a HSBC con sede a Londra, consentendo ai clienti di continuare ad accedere ai depositi e ai servizi, per evitare impatti sulla stabilità finanziaria, avvalendosi dei poteri e strumenti conferiti alla Banca d’Inghilterra, in consultazione con il Ministero del tesoro, dal Banking Act del 2009 (Banking act, co. 1) così da facilitare una vendita privata con rapidità e in sicurezza al fine di “ridare fiducia “ai clienti di SVBUK”.

Come ha scritto Marco Onado,51 “Il problema è che stanno venendo a galla tutta una serie di rischi delle banche. La situazione è molto delicata. Si era convinti che le Banche centrali sarebbero state i salvatori di tutti sempre e comunque. Non è così e non può essere così”. Su Crédit Suisse Onado ricorda come fosse “in crisi ben prima”. Ma avverte: “Siamo come nel 2008”. Ovvero? “Quando le banche crollavano come frutti maturi”. “Le banche italiane – prosegue Onado – si erano salvate allora dalle follie dei subprime, ma i rischi vengono sempre a galla. E se la crisi si generalizza nessuno può stare tranquillo”. Ecco perché Marco Onado spera in una Bce più mite sui tassi alla prova di domani: “Sarebbe meglio un rialzo dello 0,25. Bisogna evitare che la situazione si aggravi”.

In sostanza, di fronte ai casi critici del settore bancario americano, le banche centrali si trovano di fronte a un dilemma, e devono trovare un nuovo punto di equilibrio, combattendo tra la necessità di combattere l’inflazione e quella di proteggere l’attività economica e la stabilità finanziaria. Le decisioni più recenti del Federal Open market committee (FOMC) hanno inteso rassicurare i mercati comunicando che gli aumenti futuri non sono certi e saranno in gran parte basati sui dati Macro.52


9. Il caso “Crédit suisse”

Il caso del cedimento del Crédit Suisse ha visto entrare in campo l’Autorità di controllo sulle banche e il Governo svizzero, per il pericolo di un default di una gloriosa banca quale è stata Crédit Suisse, e dei riflessi sul sistema svizzero.53

Il caso Crédit Suisse è quello che ha suscitato maggior scalpore, per il passato prestigio della banca, perché a noi più vicino, e perché ha anche allertato le Autorità europee sui rischi di un default più esteso, ma va chiarito che la situazione è stata completamente diversa dal caso SVB,54 e che si è trattato di una infausta coincidenza temporale che ha messo alla ribalta contemporaneamente le crisi delle due istituzioni finanziarie.

La storia del Crédit Suisse è contrassegnata da un decennio di episodi incresciosi e di gravi violazioni normative, segnali di una discutibile governance e si è conclusa il 14 marzo 2023, quando la banca ha comunicato alla SEC di aver riscontrato “debolezze materiali” nelle proprie relazioni finanziarie per il 2021 e 2022, dichiarazione cui ha fatto immediatamente seguito un improvviso deflusso di fondi.55

Successivamente, circostanza ancor più grave, il 15 marzo, il Presidente del principale azionista, la Saudi National Bank, ha recisamente negato una ulteriore iniezione di liquidità nella banca. In soccorso è intervenuta la Banca nazionale svizzera con apporto di liquidità fino a 50 miliardi di franchi. La pressione del mercato è aumentata e si sono rese necessarie misure ulteriori.

Nella serata del 19 marzo 2023 il Consiglio federale svizzero, l’Autorità federale svizzera di controllo dei mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale svizzera hanno approvato le misure necessarie, per consentire al gruppo Crédit Suisse di superare un momento di difficoltà dovuto a consistenti deflussi di fondi da parte dei clienti, acuitisi, sostengono le autorità, a seguito delle “turbolenze sul mercato bancario statunitense”, così che sebbene la banca fosse solvibile, era esposta al rischio di insolvenza. Pertanto, le Autorità svizzere hanno dovuto adottare provvedimenti per evitare “gravi danni per il mercato finanziario svizzero e internazionale”. In tale contesto, “al fine di tutelare i depositanti e i mercati finanziari”, la FINMA ha approvato l’offerta di acquisto presentata da UBS, una altra grande banca svizzera.56

Il Consiglio federale svizzero ha agito in virtù dei poteri previsti dagli artt. 184 cpv 3 e art. 185 cpv 3 della Costituzione federale svizzera e ha emanato una “Ordinanza sui mutui supplementari di sostegno alla liquidita e la concessione da parte della Confederazione di garanzie in caso di dissesto per mutui a sostegno della liquidità erogati dalla Banca nazionale svizzera a banche di rilevanza sistemica” derogando notevolmente al diritto federale esistente. A garanzia dell’acquisto, l’istituto di emissione ha previsto diverse misure di salvataggio, tra cui 100 miliardi di franchi di liquidità extra, per rendere le banche più capaci di far fronte a una richiesta di rimborso da parte della clientela.

La Banca centrale elvetica ha quindi coinvolto nel salvataggio UBS, la prima banca del Paese, che ha accettato di comprare la consorella in difficoltà. La trattativa è durata cinque giorni, alla fine dei quali si è raggiunto l’accordo per l’acquisizione a un prezzo stimato in circa tre miliardi di franchi. Due in più di quanto chiesto da UBS, ma quattro in meno dell’ultimo valore di capitalizzazione di Crédit Suisse.

Le nuove disposizioni includono la concessione alla FINMA del potere (i) di aggirare la necessità di assemblee generali per l’approvazione di transazioni che coinvolgono banche di rilevanza sistemica (articolo 10a) e (ii) di richiedere la svalutazione di “capitale di base aggiuntivo” (articolo 5a). Di conseguenza, il salvataggio è stato attuato per via amministrativa, aggirando sia il Parlamento che le assemblee degli azionisti delle banche interessate.

In terzo luogo, sulla base dell’articolo 5a e delle condizioni applicabili alle obbligazioni, i detentori di 16 miliardi di franchi svizzeri di obbligazioni AT1 in CS sono stati completamente spazzati via, mentre i detentori di azioni, nonostante la diluizione sostanziale, non hanno subito alcuna perdita.

La procedura adottata in via amministrativa, presenta due caratteri di novità rispetto alle prassi dei salvataggi bancari. In primo luogo, la fusione è stata disposta senza sentire gli azionisti delle due banche, in deroga alle norme sulla fusione delle società quotate in Borsa che richiedono il voto dell’assemblea straordinaria delle società acquisite. Anche per tali profili si è legiferato in deroga (art.10 dell’ordinanza) al Merger act del 2003.

La modifica della governance della società è una novità nel diritto delle soluzioni delle crisi bancarie. Nella crisi di Bears Stearns del 2008 gli azionisti furono chiamati ad approvare l’acquisizione da parte del Jp Morgan, auspicata dal Governo USA.57

Altro elemento di specialità, è stato l’azzeramento di £16 miliardi di obbligazioni “Additional Tier” (At1) titoli che, noti come CoCo bonds, sono stati introdotti come modo di raccogliere capitale aggiuntivo in modo rapido ed efficiente soddisfacendo i requisiti normativi posti dalle Autorità di regolazione internazionale, che hanno chiesto nuove regole nell’ambito dell’international Regulary framework di Basilea III, che richiede alle banche di detenere livelli di capitale più alto per migliorare la loro resilienza e ridurre il rischio di future crisi finanziarie.

Un principio chiave delle riorganizzazioni aziendali sancito nel Chapter 11 del U.S.C, § 1129, la principale norma fallimentare degli Stati Uniti,58 è “la regola della priorità assoluta” in base alla quale i creditori devono essere pagati per intero e non possono essere costretti ad accettare tagli se non vengono azzerati gli azionisti. Il principio è stato accolto nell’art. 34 paragrafo 1 lettera a) della Direttiva BRRD del 2014, in virtù del quale: “Gli stati membri assicurano che, (...) l’azione di risoluzione sia intrapresa in conformità ai seguenti principi: a) gli azionisti degli enti soggetti a risoluzione sopportano le prime perdite.

Sulla base di principi e norme consolidate ci si sarebbe aspettati che la svalutazione delle obbligazioni Additional tier, o At1 non sarebbe avvenuta senza che venissero prima azzerati gli azionisti. Invece le obbligazioni sono state svalutate per prime e gli azionisti hanno ricevuto azioni UBS per un valore di 3,25 miliardi di Dollari nell’ambito dell’accordo di salvataggio.

Quale la ratio di tale scelta? Le Autorità svizzere hanno apparentemente ritenuto più importante placare gli azionisti di CS che gli obbligazionisti AT1. Gli azionisti avrebbero potuto avviare un’azione legale di blocco, gli investitori di riferimento sono necessari per soddisfare le future esigenze di finanziamento e gli azionisti dipendenti devono essere motivati a continuare a lavorare per la banca. Inoltre, anche l’identità degli obbligazionisti AT1 – principalmente investitori istituzionali sofisticati – potrebbe aver giocato un ruolo.

Non va sottovalutato che la conversione delle obbligazioni in azioni ̶ e l’offerta agli obbligazionisti di azioni di UBS ̶ potrebbe aver sconvolto l’attuale struttura di governance. Gli obbligazionisti hanno paventano azioni risarcitorie ma non risulta che quelle promosse siano state ancora evase, ma si può dubitare del loro successo in quanto i termini contrattuali delle obbligazioni sono piuttosto chiari e prevedono una svalutazione a zero al verificarsi di un “evento di svalutazione”. Questo può essere di due tipi: un “evento di contingenza” o un “evento di redditività”. Nel primo caso, il rapporto CET1 (Common Equity Tier 1 Capital / Risk-Weighted Assets) di CS deve scendere al di sotto al di sotto del 7% a qualsiasi data di riferimento. In base a quest’ultimo, “il regolatore” deve determinare che una svalutazione è essenziale per evitare che CS diventi insolvente o cessi di svolgere la propria attività (scenario 1); in alternativa, CS deve aver ricevuto un “impegno irrevocabile di sostegno straordinario da parte del settore pubblico” (scenario 2).

Questi fattori scatenanti, in particolare “l’evento di contingenza”, sono concepiti per intervenire prima che la banca si trovi in una situazione di insolvenza e per ripristinare il coefficiente di capitale specificato. In altre parole, la funzione delle obbligazioni AT1 è quella di assorbire le perdite prima che una crisi esistenziale spazzi via il capitale della banca. La FINMA sostiene che la svalutazione delle obbligazioni è stata effettuata sulla base del sostegno straordinario ricevuto da CS (scenario 2), e la interpretazione appare corretta. La svalutazione completa delle obbligazioni è la conseguenza automatica dell’impegno irrevocabile del sostegno pubblico. Non è nemmeno necessario che la FINMA eserciti i suoi poteri di cui all’articolo 5.

A conforto del disagio degli obbligazionisti, è necessario considerare altre condizioni connesse alle emissioni delle obbligazioni. Una sezione dedicata agli “Eventi di default” stabilisce che, tra l’altro, l’avvio di una procedura di fallimento involontario contro CS costituisce un evento di questo tipo. Le conseguenze sono descritte nella sezione “Subordinazione delle obbligazioni”. Queste ultime avranno “rango prioritario rispetto ai diritti e ai crediti di tutti i detentori di capitale junior”. Sebbene ciò sembri suggerire che gli obbligazionisti abbiano un rango superiore a quello degli azionisti in una procedura fallimentare, il paragrafo successivo precisa che tutti i crediti degli obbligazionisti saranno soggetti e sostituiti da un “evento di svalutazione (...) indipendentemente dal fatto che il relativo evento di svalutazione si sia verificato prima o dopo il verificarsi di un evento di default”.

Pertanto, se non si verifica alcun “Evento di svalutazione” (successivo), gli obbligazionisti hanno un rango superiore a quello degli azionisti della banca. Ma un “Evento di svalutazione” successivo può verificarsi anche in una procedura fallimentare. È difficile ipotizzare che questo crei una legittima aspettativa da parte degli obbligazionisti che i loro strumenti siano trattati almeno non peggio dei titoli azionari in ogni circostanza.59 Le obbligazioni AT1 erano detenute da investitori sofisticati che avevano accesso a consulenti di alto livello e agli avvertimenti delle agenzie di rating e delle banche federali che esaminavano questo tipo di strumenti, non erano quindi sprovveduti.

È innegabile che la svalutazione completa delle obbligazioni AT1 sia una sanzione insolita nelle soluzioni delle crisi, se non vengono colpiti anche gli azionisti. Per contro, le obbligazioni AT1 dell’Eurozona contengono spesso una funzione di conversione in azioni che consente agli obbligazionisti di avere un rango almeno pari a quello degli azionisti (dopo la conversione) se si verifica un evento scatenante. In alternativa, le obbligazioni possono essere del tipo a svalutazione parziale (reversibile).

Le conseguenze del salvataggio, di CS non sono indolori, sul fronte dell’occupazione: quasi 10mila gli esuberi esuberi previsti dal sindacato. A tal proposito la banca svizzera ha chiesto di aprire un tavolo politico con il governo. In ogni caso l’operazione non ha rassicurato i mercati. Infatti, i titoli di Crédit Suisse e UBS aprirono rispettivamente in calo del 60 e del 9% il giorno dopo l’annuncio.

Inoltre, a fusione completata, il sistema bancario svizzero dovrà fare i conti con una banca come UbS, diventata ancora più grande e complessa da regolamentare.

L’operazione non ha riscosso l’entusiasmo del mercato sicuramente per l’azzeramento del debito Tier 1 (at1) di Crédit Suisse, circa 16 miliardi di Euro: sono di titoli ad alto rischio per i quali, in genere, è previsto l’azzeramento in caso di calo, sotto una determinata soglia, degli indici di capitale di una banca. Nel caso in esame, come si è visto i possessori di questi titoli hanno perso tutto, mentre agli azionisti, non trattandosi ufficialmente di un salvataggio, ma di un’operazione di mercato, è stato riconosciuto un cuscinetto di uscita del valore di 3 miliardi. Ma soprattutto l’operazione ha portato al ribasso il mercato finanziario dei bond at1, il cui valore è stimato sui 275 miliardi di Dollari ponendo grandi problemi per il futuro.60

La modalità di salvataggio, alquanto anomala, rispetto alle regole stabilite in sede internazionale, e le ripercussioni sui mercati generando il timore
di una fuga generalizzata degli investitori, hanno spinto le banche centrali europee e la banca d’Inghilterra a ribadire che la regola che deve essere osservata è che gli azionisti, e solo successivamente gli obbligazionisti, sono chiamati per primi a salvare una banca. «Questo approccio è stato costantemente applicato in passato e continuerà a guidare le azioni negli interventi di crisi», conclude la nota congiunta di Bce, dell’Autorità bancaria europea (Eba) e del Governo.

Le motivazioni della scelta delle Autorità svizzere sono ancora tutte da chiarire. Si sostiene che la Svizzera abbia anche inteso tutelare due importanti partner geopolitici, azionisti di Crédit Suisse: la Banca nazionale Saudita e il fondo sovrano del Qatar. L’operazione è tuttora al centro di polemiche e si prospettano azioni giudiziarie da parte degli obbligazionisti azzerati,61 inoltre è al lavoro una Commissione d’inchiesta.62 Ma duole constatare che la decisione svizzera ha suscitato incertezza tra gli obbligazionisti di tutto il mondo.

Volevamo dirlo molto chiaramente agli investitori, per evitare di essere fraintesi: non abbiamo altra scelta che rispettare questa gerarchia”, ha riferito alla CNBC il presidente del Comitato di risoluzione unico dell’UE. Per le Autorità di regolamentazione della Zona Euro, il crollo della Silicon Valley Bank, e forse gli eventi successivi, avrebbero potuto essere evitati se fossero state in vigore regole bancarie più severe.


10. Le prese di distanza dei regolatori europei

I regolatori europei hanno quindi preso le distanze dalla decisione delle Autorità svizzera di cancellare 17 miliardi di Dollari di obbligazioni del Crédit Suisse sulla scia del salvataggio della banca, affermando che avrebbero seguito le regole consolidate, procedendo alla svalutazione degli investimenti degli azionisti in prima battuta.

Dominique Laboureix, presidente del Comitato di risoluzione unico dell’UE, ha inviato un messaggio chiaro agli investitori in un’intervista esclusiva con CNBC.63 “In una risoluzione [bancaria] qui, nel contesto europeo”, ha detto, “seguiremmo la gerarchia, e volevamo dirlo molto chiaramente agli investitori, per evitare di essere fraintesi: non abbiamo altra scelta che rispettare questa gerarchia”, dichiarazione espressa subito dopo che l’Autorità di regolamentazione svizzera FINMA ha annunciato che le obbligazioni aggiuntive di primo livello (AT1) di Crédit Suisse, ampiamente considerate investimenti relativamente rischiosi, sarebbero state svalutate a zero, mentre gli investitori azionari riceverebbero oltre 3 miliardi come parte dell’acquisizione della banca da UBS.

Successivamente, in una dichiarazione congiunta con la Vigilanza bancaria della BCE e l’Autorità bancaria europea, il 20 marzo il Comitato di risoluzione unico ha affermato che “gli strumenti di capitale comune sono i primi ad assorbire le perdite e solo dopo il loro pieno utilizzo sarà richiesto il Tier 1 aggiuntivo per essere scritto”.

Nonostante le recenti turbolenze, quindi le Autorità di regolamentazione europee sostengono che il settore è forte e resiliente, in particolare a causa del livello di controlli introdotti dopo la crisi finanziaria globale. “Se guardi agli eventi passati – intendo, Covid, Archegoes, Greensill, la crisi dei Gilt nel Regno Unito lo scorso settembre, ecc. ecc. – durante gli ultimi tre anni, la resilienza del sistema bancario europeo è stata molto forte sulla base buona solvibilità e ottima liquidità e un’ottima redditività”, ha affermato Laboureix. “Credo davvero che sì, ci sia una buona resilienza nel nostro sistema bancario. Ciò non significa che non dobbiamo essere vigili”.

ll salvataggio di Crédit Suisse non è l’unica misura introdotta dalle istituzioni finanziarie internazionali per cercare di rasserenare il mercato. La Banca centrale europea, la Federal Reserve, la Banca del Canada, la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone e la Banca nazionale Svizzera hanno allora annunciato di migliorare l’efficacia delle linee Swap per offrire maggiore liquidità, si tratta di accordi tra le banche centrali per lo scambio delle rispettive valute per ottenere liquidità.

L’accordo, in vigore da lunedì 20 marzo 2023, prevede di portare la frequenza di scambio di valuta da una cadenza settimanale a una giornaliera. Le ripercussioni sul fronte europeo non sono state irrilevanti. L’ esplodere di crisi bancarie in altri contesti normativi da un lato ha comunque suscitato incertezze sul futuro del sistema bancario, dall’altro è stata l’occasione per portare avanti alcune riforme che già erano in itinere.

In sede SRM sono stati analizzati i recenti episodi di crisi: Silicon Valley Bank e Crédit Suisse. La conclusione è che gli episodi di crisi non sono stati causati dalla cattiva gestione degli attivi ma, per SVB, da un business model peculiare (di cui non vi è esempio nel sistema bancario europeo). Vi è stata anche una “debole” applicazione dei requisiti prudenziali sulla liquidità ed i rischi di tassi di interesse. Per Crédit Suisse, la crisi è stata determinata dalla mancanza di fiducia nel business model che, in condizione di incertezza sui mercati finanziari, si è riflessa in una forte crisi di liquidità. Gli effetti di contagio diretti ed indiretti per le banche europee sono stati nel complesso limitati; tuttavia, si è registrato un aumento dei costi del funding, “Le recenti crisi hanno mostrato ancora una volta che la sostenibilità dei modelli di business, una solida gestione dei rischi e la trasparenza sono elementi fondamentali per la robustezza del sistema bancario”.64

Sul fronte europeo ancora vi è da segnalare una proposta di riformulazione delle regole delle crisi che la Commissione ha presentato65 e di cui ha dato notizia la stampa economica.66 Evitare un nuovo salvataggio in “stile” Monte dei paschi, con una stretta sull’uso di soldi pubblici per le banche in difficoltà, e rendendo più facile per i correntisti spostare il proprio conto da un istituto in crisi a un altro più sano. È quanto prevede la Proposta a cui ha lavorato la Commissione europea. Il provvedimento di Bruxelles era atteso da settimane, ma le turbolenze sul settore provocate dal crollo della Silicon Valley Bank e di Crédit Suisse potrebbero aver rallentato il lavoro della Commissione. L’obiettivo dichiarato, è rafforzare la cosiddetta Unione bancaria, ossia l’insieme delle misure elaborate dall’Europa dopo la crisi finanziaria, e volte a tutelare i contribuenti. A oggi, le norme Ue rendono più complicato usare denaro pubblico per i salvataggi delle grandi banche. Ma questo non ha impedito all’Italia, nel 2017, di ottenere il via libera di Bruxelles per utilizzare 5,6 miliardi di Euro provenienti dalle casse statali e aiutare Mps. Questa misura, secondo il Financial Times, è stata possibile grazie a una “scappatoia” trovata dalle autorità italiane: il sostegno a Mps è stato fornito sotto forma di cash in forma “precauzionale”, e dunque non è stato configurato come un aiuto di Stato contrario alle norme sulle risoluzioni bancarie. Le nuove regole a cui starebbe lavorando la Commissione dovrebbero rendere più difficile l’uso di questa “scappatoia”.

Altro punto importante della proposta di Bruxelles riguarda i correntisti: la Commissione Ue vuole rendere più facile il trasferimento del contante dei depositanti da istituti in difficoltà a quelli sani. Altro aspetto rilevante della bozza è l’estensione delle norme anti-salvataggio pubblico anche alle banche più piccole. La proposta prevede che la Banca centrale europea, che vigila sui maggiori istituti di credito dell’Eurozona, o le Autorità nazionali di regolamentazione finanziaria, che controllano le banche più piccole, siano tenute a dare tempestiva comunicazione quando un istituto di credito è “a rischio di fallimento o di probabile fallimento”. Secondo la bozza, le modifiche garantirebbero “un’applicazione coerente delle norme in tutti gli Stati membri, assicurando una maggiore parità di condizioni, proteggendo al contempo la stabilità finanziaria e i depositanti, prevenendo il contagio e riducendo il ricorso al denaro dei contribuenti”.

11. La lezione per le banche centrali e per le banche

Infine, last but non least non può sottacersi che l’influsso determinato dall’aumento dei tassi di interesse, operato dalle banche centrali: intorno al 4% negli stati Uniti67 e di circa il 3% in Europa, abbia avuto il suo ruolo come fattore determinante nelle crisi. Molte banche, compresa SVB hanno inteso continuare nella strategia degli anni passati senza cogliere i cambiamenti. Anni in cui la liquidità a tasso zero era la regola. Altri istituti finanziari hanno creduto di poter continuare a guadagnare su mutui e prestiti mantenendo la remunerazione dei depositi quasi a zero e contemporaneamente distribuendo a soci e manager dividendi e buy back. Un segnale non molto entusiasmante per imprese e famiglie. Indubbiamente68 l’inflazione è la tassa più ingiusta perché colpisce in modo non visibile ma reale gli stipendi e i salari, frena i consumi e gli investimenti. Con il rialzo dei tassi si è utilizzata lo strumento fondamentale per combatterla. Ma un canto è realizzarla, un altro è agitarla come spettro, come ha sottolineato il Governatore Visco recentemente.

Il quadro che emerge dopo gli interventi dei salvataggi è abbastanza complesso. Per quanto attiene alle banche regionali Usa, persistono ancora elementi di debolezza69 che, secondo alcune previsioni, nei prossimi anni ne ridurranno la redditività e, in alcuni casi, potranno anche mettere in discussione la stessa sopravvivenza.70

La prima criticità riguarda l’ammontare dei loro depositi, che si è fortemente ridotto durante la crisi. Secondo i dati del FDCI (Federal Deposit Insurance Corporation), per le prime trenta banche regionali americane i depositi si sono quasi dimezzati negli ultimi mesi. La gran parte di questa liquidità, che era in mano a investitori istituzionali, è ora finita nei Money Market Mutual Fund, ovvero fondi a breve che oggi offrono rendimenti attorno al 4 per cento, invece dello ‘zero virgola’ reso dai depositi bancari. Anche nell’ipotesi, per altro difficile, che le banche regionali riconquistino la fiducia di investitori che non godono della garanzia pubblica, la nuova liquidità costerà quindi loro molto cara. Più probabilmente, molte di loro saranno costrette a ridurre i loro impieghi e investimenti, che tuttavia non sono facilmente liquidabili. Poiché le banche regionali detengono una quota molto alta di impieghi, pari a circa un terzo di quanto erogato dall’intero sistema, l’effetto in termini di credit crunch sull’economia americana potrebbe risultare notevole.

Più in generale nei prossimi mesi tutte le banche potrebbero subire una certa erosione di ciò che in termini tecnici viene chiamato “deposit franchise”, ovvero la loro capacità nei momenti di restrizione monetaria di contenere la crescita dei tassi pagati sui depositi. Il processo è accelerato sia dal fatto che oggi la digitalizzazione rende più semplice muovere la liquidità, sia perché le banche centrali dei principali paesi hanno avviato un processo di Quantitative tightening (Qt). La graduale vendita di titoli pubblici e privati da parte degli istituti di emissione riduce quasi meccanicamente i depositi delle banche (e potrebbe indurle ad alzare i tassi sui depositi per frenarne la dipartita).

Il secondo fattore di debolezza delle banche regionali concerne le perdite latenti del portafoglio titoli accumulato nei periodi di tassi molto bassi. Le regole contabili e, in particolare, la possibilità di poterle registrare come held to maturity – e quindi di non contabilizzare le perdite ai valori di mercato – offrono una debole protezione, soprattutto nei momenti di crisi. Gli investitor, aspettano con ansia di conoscere nelle prossime trimestrali non solo le perdite effettive, ma anche quelle potenziali per farsi un giudizio più circostanziato sul sistema bancario. Per ora, a fronte di una certa stabilizzazione dei prezzi in borsa dei titoli delle banche regionali, si è registrato un forte aumento del volume delle opzioni a copertura delle loro quotazioni, del loro costo e della loro volatilità.71

Il terzo fattore di debolezza riguarda la regolamentazione bancaria che, almeno per le banche regionali americane, dovrebbe farsi più stringente, considerando che nell’aprile 2024 è stato necessario un altro intervento di salvataggio per Republic First Bancorp72 Se nel lungo periodo ciò ne aumenterà la stabilità, nel breve potrebbe limitarne la capacità di manovra e la redditività. Tuttavia, la recente crisi bancaria potrebbe indurre i regolatori a incrementare i presidi sulla liquidità di tutte le banche, chiedendo loro ad esempio di detenere una maggior quota di depositi vincolati o pretendere un innalzamento del valore dei depositi assicurati con un conseguente aggravio dei premi pagati.

Per quanto concerne tutto il settore bancario, la vicenda dell’azzeramento dei prestiti subordinati del Crédit Suisse può avere delle conseguenze di carattere strutturale di più ampia portata. Il mercato dei prestiti subordinati ha di fatto subito un arresto e pertanto l’equity andrà coperto in altri modi ovvero con emissione di capitale o con retained earnings, dando un duro colpo alla stagione dei super dividendi e dei buy backs.73

In secondo luogo, i comitati rischi e i comitati crediti delle banche assumeranno un atteggiamento molto più prudente che in passato e le condizioni di concessioni del credito diventeranno più restrittive. Infine, le vicende trascorse indurranno a una rivisitazione della regolamentazione prudenziale. Gli strumenti tuttora esistenti sono il frutto della grande crisi del 2008, e inadeguati ai cambiamenti, in particolare si presenta il problema di affrontare la velocità con cui le crisi si manifestano. È possibile allo stato attuale trasferire denaro con molta facilità e le notizie di una crisi si trasmettono con grande velocità da un lato all’altro dell’oceano grazie ai mass-media. La velocità di informazioni e transazioni impone la rivisitazione degli strumenti di copertura dei depositi e degli investimenti, che debbono anche essi essere facilmente liquidabili. Va rivisto il tema delle scadenze e quindi si può ipotizzare un ritorno ad una sorta di specializzazione funzionale stabilendo che la banca vada divisa in due componenti, una struttura per le operazioni a rischio, coperta con il capitale o strumenti paragonabili o depositi a termini e l’altra per le ordinarie operazioni, coperta con depositi a vista. Un ritorno alle proposte della riforma strutturale del dopo crisi del 2008, ispirate al “Chicago Plan?”.74

In questo scenario, i risk-management delle banche dovranno dimostrarsi particolarmente attivi e le banche centrali particolarmente prudenti nel governare una difficile congiuntura.

Innumerevoli sono gli spunti che vengono dalle crisi di SVB e Crédit Suisse e possiamo citare Marco Onado: “È una crisi molto grave, non una vera catastrofe, ma di sicuro un evento che dovrà cambiare il modo di funzionare delle banche e le modalità di azione delle Autorità di vigilanza”.75

Duole ricordare che il Nostro commentava la crisi finanziaria del 2008! La storia si ripete!

1 How the other half bank:exclusion exploitation and the traeat to democracy (2015).

2 Plutarco, Vite parallele, Trad. Italiana, Le monnier, Firenze, 1863, p. 354.

3 Si veda l’ampia analisi di B. Pezzulli, La caduta dei titani (bancari): storia idiosincratica o rischio sistemico? in Dialoghi di Diritto dell’Economia, maggio 2023, pp. 1 e ss. Per i primi commenti alla crisi di Silicon Valley Bank (SVB) e Signature negli Stati Uniti, ma anche alla crisi di Crédit Suisse, in Svizzera si vedano D. MANCA; Banche: le colpe sono note. Mancano vigilanza e fiducia, in Corriere della Sera, 16 marzo 2023, p. 28; M. ONADO, Perché quella di SVB non è una crisi da sottovalutare, in Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2023, a. baglioni, Crisi bancarie, ci risiamo? in www.lavoce.info, 14 marzo 2023. Lenzi, Silicon Valley Bank o dell’insostenibile leggerezza dell’essere delle minusvalenze. in Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2023, B. Bertoldi; Il lungo termine e la responsabilità del banchiere, in Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2023.

Il dibattito è proseguito dopo il salvataggio di First National Bank. Si vedano V. Massiah, Lezioni allo sportello. Dalle ultime crisi esplode il rischio reputazionale, in Corriere della Sera, 8 maggio 2023, p. 7, E. Beccalli - V. Massiah, Due crisi diverse e una lezione unica. La reputazione è tutto, in Il Sole 24 Ore, 20 maggio 2023, M. Ferrari, le banche e la crisi. Non incolpate i regolatori. La lezione americana, in Corriere della Sera, 22 maggio 2023, p. 21.

Un quadro dello sviluppo delle imprese di Silicon Valley, è in Kaplan, Un ‘avventura alle origini della Silicon Valley, Luiss University Press, Roma, 2019.

Si veda “The 2023 US banking crisis: causes, policy responses, and lessons”, in BANCA D’ITALIA, Questioni di economia e Finanza, n.870, July2024, per una analisi dei casi americani e per quali lezioni trarre per l’Europa, in tema di sistema di garanzia dei depositi, revisione delle regole prudenziali, ampliamento dei margini di flessibilità del sistema di gestione delle crisi.

4 Costituita dalla Direttiva 2013/36 UE, c.d. Crd4 (capital requirements directive) e dal Regolamento n. 575/2013, c.d. CRR (capital requirements regulatio), dalla Direttiva sul risanamento e risoluzione delle banche, Dir. 2014/59 UE, nonché dal Regolamento n. 806/2014 sul Meccanismo di risoluzione unico (Srm). Si veda, per le recenti innovazioni normative, A. BROZZETTI, La legislazione bancaria europea, Le revisioni del 2019-2020 in Collana di Diritto dell’economia, UNIVERSITÀDEGLI STUDI DI SIENA, Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A, Milano 2020.

5 Si veda a. baglioni, Crisi bancarie, ci risiamo? in www.Lavoce.info, 13 marzo 2013.

6 Per b. pezzulli, La caduta dei titani (bancari): storia idiosincratica o rischio sistemico? in Dialoghi di Diritto dell’Economia, maggio 2023, pp.1 e ss., i “I recenti fallimenti di Silicon Valley Bank e di Crédit Suisse, raccontano storie idiosincratiche”. Della stessa opinione anche m. mazzucchelli, Banche, l’eredità delle crisi di marzo, Intervista, in www.milanofinanza.it, 3 aprile 2023, per il quale in particolare la crisi di Crédit Suisse è da ricollegare a scarsa competenza dei manager, poca esperienza, sicuramente cattiva gestione dei rischi in generale, in particolare dei rischi di liquidità, e dei rischi strategici.

7 M. Mazzucchelli, in Banche, l’eredità delle crisi di marzo, cit.

8 Si veda b. pezzulli, La caduta, cit., p. 7, per un profilo storico ricostruttivo di SVB, banca che si è altamente specializzata per finanziare i settori della tecnologia e delle biotecnologie, concedendo anche prestiti più rischiosi rispetto ai concorrenti per incentivare la nascita e la crescita di imprese innovative, accompagnate da altri servizi quale la prestazione di consulenza strategica, e altre attività non finanziarie.

9 Per un quadro sintetico della strutturazione/frammentazione del sistema bancario statunitense, con particolare riguardo ai livelli statale/federale e alle rispettive origini storiche, si veda A. ROSELLI, La finanza Americana negli anni Ottanta e i Novanta, Instabilità e riforme, Cariplo -Laterza, 1995, pp. 21-36. Una ricostruzione storica della regolamentazione bancaria e finanziaria degli Usa è contenuta nel saggio di E.N. WHITE, Lessons From the History of Bank Examination and Supervision in the United States, 1863-2008, edited by A. GIGLIOBIANCO, G. TONIOLO, Financial Market Regulation in the Wake of Financial Crises: The Historical Experience, in Seminari e convegni, Workshops and Conference, Banca d’Italia, Novembre 2009, pp. 15-44.

10 Si veda P.A. McCoy, Il contagio dei subprime, in (a cura di) M. Rispoli Farina - G. Rotondo, La crisi dei mercati finanziari, in Seminari di Diritto bancario e dei Mercati Finanziari, diretti da Mario Porzio e Marilena Rispoli Farina, Giuffrè Editore, Milano 2009, pp. 25 e ss.

11 Per un’analisi approfondita della “Volcker Rule” si veda R. scalcione, Stati Uniti, in m. rispoli farina - m. porzio (a cura di), Atti del Convegno “Il tramonto della banca universale?”, tenutosi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli il 4 marzo 2016, pubblicato in Collana del Dipartimento di Giurisprudenza, Federico II, ESI, Napoli, 2017, pp. 155 e ss. La Sarbanes Oxley Act fu varata, su proposta dal Presidente Bush a seguito del “Caso Enron” ed altri scandali societari, per ridere fiducia ai mercati, ripristinando l’etica nella conduzione degli affari e nella gestione delle società. Prevedeva inasprimento delle sanzioni penali per chi falsificava i bilanci, l’incremento dei poteri e dei fondi della SEC, la possibilità di confiscare i profitti illecitamente conseguiti dai managers e amministratori, divieto di erogare prestiti ai dirigenti. Si veda ampiamente per la nascita e la ispirazione alle logiche del libero marcato della legge, s. cammarata, Interventi del Sarbanes Oxley Act del 2002 sulla Corporate responsability nelle società quotate statunitensi, archivio CERADI, LUISS, Dicembre 2002.

12 Per le misure proposte nella “riforma Trump”, si vedano m. ventoruzzo, Così Trump smonta le regole della finanza, in www.lavoce.info, 23/06/2017, e r. scalcione, Il progetto della Casa Bianca di deregulation della normativa sui servizi bancari e finanziari e l’abrogazione della Volcker Rule, Intervento al convegno di studi in onore di Gustavo Minervini, organizzato dall’Università di Napoli Federico II per la presentazione del volume dal titolo “Il tramonto della banca universale?” redatto nell’ambito del Progetto Prin 2010/2011 20107 8N8C_003, Napoli 29 gennaio 2023.

13J. Stiglitz (Silicon Valley Bank’s failure is predictable – what can it teach us? in The Guardian, 13 marzo 2023) individua la responsabilità della crisi delle banche della Silicon Valley nella politica monetaria di Powell e nella deregolamentazione operata da Trump.

14 Per i lavori del Comitato di Basilea e per le riforme regolamentari proposte negli ultimi anni (Basilea III), si veda l.f. signorini, Le banche e gli anni di Basilea III, Banca d’Italia, Roma, 4 novembre 2021.

15 Per le iniziali risposte alla crisi del 2008 si vedano M. Rispoli Farina, Crisi dei mercati finanziari e incertezze delle politiche di salvataggio.1) L’ordinamento americano, in Innovazione e Diritto, 2008, n. 6, pp. 1 e ss. M. Rispoli Farina - G. Rotondo, La crisi dei mercati finanziari tra effetti della globalizzazione e fallimento della regolamentazione, in La crisi dei mercati finanziari, cit., pp. 1 e ss., e M. Onado, Crisi finanziarie e vigilanza, ivi, pp. 137. ID., I nodi al pettine, La crisi finanziaria e le regole non scritte, Laterza, Bari, 2009. V. Santoro - E. Tonelli, La crisi dei mercati finanziari. Analisi e prospettive, Vol. II, Giuffrè, Milano, 2013.

16 Si vedano M. Mazzucchelli, Le lezioni delle crisi, cit., e R. Hamanoui, Tre problemi per le banche regionali Usa, in lavoce.info, 13 aprile 2023.

17 Il Comitato di Basilea ha sottolineato, alla luce delle vicende recenti, l’esigenza di “un sistema bancario globale solido, sostenuto da un’effettiva governance, pratiche di gestione del rischio, forte vigilanza e una cooperazione internazionale”, https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/03/23/comitato-basilea-impariamo-la-lezione-dalla-crisi-banche_8cde3ef0-786d-4b84-8655-dadd801d531f.html.

18 “Le banche italiane stanno bene, le banche europee anche, e le turbolenze che abbiamo visto sono più legate a un modello di business di alcune banche ma ci possono essere effetti di contagio per altre ragioni che per noi sono difficili da comprendere”; così ha dichiarato all’epoca il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a margine degli incontri di primavera di Fmi e Banca Mondiale. “In Italia - la posizione di capitale è solida, la liquidità è sufficiente e la redditività è buona. Allo stesso tempo le banche hanno fatto molti progressi sugli NPL, c’è stato anche uno sforzo per migliorare il mercato dei crediti deteriorati”. Si veda (Il Sole 24 Ore, Radiocor Plus) - Roma, 13 aprile 2023.

19Le condizioni del sistema bancario italiano sono complessivamente buone. La qualità degli attivi non mostra segnali di peggioramento e la redditività è migliorata, favorita dall’aumento del margine di interesse. Pur in presenza di una riduzione della raccolta e di una ricomposizione dei depositi della clientela, il profilo di liquidità si mantiene equilibrato sia sulle scadenze a breve sia in un orizzonte di medio periodo; la disponibilità di attività stanziabili per operazioni di rifinanziamento presso l’Eurosistema resta ampia”. Si veda Rapporto sulla stabilità finanziaria, BANCA D’ITALIA, Eurosistema, n. 1-2023.

20 Per la formazione della Legge bancaria del 1936 si veda M. PORZIO, (a cura di), La Legge bancaria. Note e documenti sulla sua storia segreta, il Mulino, Bologna, 1981, ID., I CONTRATTI DELLE BANCHE, UTET libreria, Torino, 2002, pp. 3 e ss.; ID., Le imprese bancarie, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 11 e ss., m. rispoli farina, L’evoluzione storica della vigilanza bancaria in Italia, in Studi per Franco Belli, Atti del Convegno di Siena 9 e 10 maggio 2013 su “Sistema creditizio e finanziario: problemi e prospettive”, Pacini, Pisa, 2014.

21 Per i profili di continuità tra i due plessi normativi, si veda G. MINERVINI, Il vino vecchio negli otri nuovi, in m. rispoli farina (a cura di), La Nuova legge bancaria, Jovene, Napoli 1995, pp. 3 e ss.

22 Si veda D. SORACE, I “pilastri” dell’Unione bancaria, in v. santoro - m.p. chiti, L’Unione bancaria europea, Pacini, Pisa, 2016, pp. 91 e ss.

23 La riforma bancaria del ‘36 non fu solo una azione di risanamento, ma bensì una vera e propria ristrutturazione del sistema bancario dell’epoca, Per tutti M. PORZIO, Le imprese bancarie, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 20 e ss.

La disciplina nazionale bancaria ha presentato notevoli peculiarità nella sua evoluzione storica. Fondamentale rilievo assumono le Leggi bancarie del 1926 e del 1936, la prima varata per far fronte alla crisi del primo dopoguerra, e del modello della banca mista, la seconda a seguito della grande crisi del 1929, cui fece seguito la “Grande Depressione” mondiale. In entrambi i casi è la crisi dell’industria a trascinare con sé le istituzioni creditizie, coinvolte, dapprima, per aver erogato credito a imprese travolte dal processo di riconversione post-bellica e, più innanzi, per aver operato quali “banche miste”, e cioè intermediari che si caratterizzavano per la rilevante presenza di rapporti anche di proprietà, a monte e a valle, con imprese industriali, entrate in seguito in difficoltà. La Legge del 1926 affida il controllo sulle banche alla vigilanza della Banca d’Italia e al Ministero delle Finanze, introducendo requisiti per il capitale e l’autorizzazione alla costituzione su aziende di credito che operano come banche miste. La Legge del 1936 segna invece la separazione tra il credito a breve e quello a medio-lungo termine e soprattutto intende evitare le partecipazioni delle banche nell’industria, definendo allo stesso tempo l’attività bancaria, costituita dalla raccolta del risparmio e dall’esercizio del credito, come funzione di interesse pubblico, sottoposta ad intenso controllo pubblico in capo a Banca d’Italia, Comitato dei ministri e Ministro del Tesoro. L’esito di questo intervento ad ampio raggio è la creazione di un sistema bancario pluralistico e segmentato, di proprietà essenzialmente pubblica e sottoposto a controllo pubblico. La Legge disciplina l’ingresso nel settore, l’attività e la fase patologica delle aziende bancarie prevedendo due importanti istituti: l’amministrazione straordinaria, volta al risanamento patrimoniale e/o gestionale e la liquidazione coatta amministrativa, finalizzata a liquidare l’azienda in presenza di gravi e irreparabili deficit patrimoniali e/o gestionali, che è alternativa alla procedura fallimentare ordinaria.

La Legge del ‘36 per le sue caratteristiche di flessibilità si è rivelata particolarmente efficace e duratura nel tempo. L’ordinamento costituzionale, all’ 47 della Costituzione repubblicana (entrata in vigore, com’è noto, nel 1948), dopo un ampio dibattito in Assemblea costituente, conferma e rafforza la “filosofia” di quella Legge. La normativa di settore consente al sistema bancario di sostenere, nel secondo dopoguerra, il peso del finanziamento della ricostruzione senza soverchie ripercussioni sulla struttura e sulla funzione degli intermediari.

Sulla valenza dell’art.47 che recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”, Si vedano F. Merusi, Sub art. 47, in Commentario alla Costituzione, Zanichelli, Bologna 1980, pp. 158 e ss., e per gli sviluppi recenti A. PISANESCHI, La regolazione bancaria multilivello e l’art. 47 della Costituzione, in (a cura di) M.P. CHITI - V. Santoro, L’Unione bancaria europea, Pacini, Firenze, 2016, p. 153.

24 Per la continuità tra la vecchia e la Nuova legge bancaria, si veda G. MINERVINI, Il vino vecchio negli otri nuovi, in m. rispoli farina (a cura di), La Nuova legge bancaria, Jovene, Napoli 1995, In merito alla riconferma delle procedure per la crisi si vedano m. rispoli farina (a cura di), La Nuova legge bancaria, cit. A. patroni griffi, La “Nuova” disciplina delle crisi delle banche. Una prima visione d’Insieme, pp. 265 ss. e L. DESIDERIO, La disciplina delle crisi, pp. 283 e ss.

25 Il modello della “banca universale” è stato il modello di gestione dell’attività bancaria prevalentemente adottato nei Paesi industrializzati a partire dagli anni ‘80, ma gli innegabili vantaggi sono stati offuscati dalle discutibili performance che si sostiene siano alla base della crisi finanziaria del 2008. Per il recepimento nell’ordinamento italiano, si veda F. Belli, Teorie creditizie e legislazione bancaria. La “banca universale” e il Testo Unico, in M. RISPOLI FARINA, La Nuova legge bancaria, cit., pp. 74 e ss.

In Europa, sulla falsariga degli Stati Uniti che ha scelto, come già sottolineato nel testo con la c.d. Volcker Rule di ritornare alla specializzazione, è stata avanzata nel 2014 dalla Commissione europea una proposta di regolamento per la ristrutturazione del settore bancario. Per un approfondimento sui lavori dell’High Level Expert group presieduto da Ekki Liikanen, del 2012, sul progetto di riforma strutturale, sul dibattito sulla riforma e sulle leggi adottate in altri ordinamenti europei, si veda (a cura di), M. Rispoli Farina - M. Porzio; Il Tramonto della Banca Universale, Atti del Convegno di studi in onore di Gustavo Minervini, 4 marzo 2016, Esi, Napoli, 2017. In particolare, si vada M.G. Mazzucchelli., A lustrum of Reform: from the Liikanen report to banking union, IVI, pp. 32-55, e anche in www.regolazionedeimercati.it/pubblicazioni. L’Autore, componente del Liikanen High level Group, (si veda anche la Relazione al convegno. Le regole europee sulle banche: novità in corso e problemi aperti in ATTI, Università di Napoli Federico II, 29 gennaio 2018) ricorda che il Parlamento europeo ha deciso di accantonare la Bank Structural Reform (BSR), cioè la riforma strutturale del sistema bancario che era stata proposta dalla Commissione sulla base della raccomandazione del Liikanen Expert Group, a causa dei veti, soprattutto francesi, e più in generale del disinteresse complessivo del Parlamento europeo post Brexit, un evento che ha determinato la semi-paralisi della legislatura europea appena conclusasi. Almeno ufficialmente, tuttavia, l’elemento che ha determinato l’affossamento della proposta di riforma è stato il cosiddetto “onere della prova”, cioè se al superamento di una certa soglia dimensionale da parte di una banca universale, la separazione funzionale (perché di ciò si deve parlare, non già di scissione dell’intero gruppo bancario) tra le due attività, commerciale e di intermediazione finanziaria, dovesse essere posta in essere in modo automatico o se dovesse essere il regolatore a dimostrare che quel soggetto bancario presentasse un rischio sistemico. Poiché questa seconda interpretazione avrebbe aperto un infinito contenzioso legale sul piano delle responsabilità, su questo punto si è trovato l’accordo al fine di accantonare la proposta Liikanen. In ogni caso i successivi provvedimenti adottati in sede europea, quantunque non sia stata approvata la “riforma strutturale”, hanno dato seguito alle raccomandazioni suggerite nel Liikanen Report.

26 F. BELLI e al. (a cura di), Banche in crisi 1960-1985, Roma-Bari, Laterza, 1987; per il quadro normativo vigente (post BRRD) S. BONFATTI, Crisi della banca e contratti bancari, in A. URBANI (a cura di) Contratti bancari, cit., pp. 637 e ss. Per un ampio quadro storico ricostruttivo G. BOCCUZZI, Le crisi bancarie in Italia (2014-2020), Insegnamenti e riflessioni per la regolamentazione, Bancaria Editrice, Roma, 2020.

27 Si veda G. BOCCUZZI, op. cit. p. 28 per l’utilizzo del Decreto Sindona, D.M 27 settembre 1974, per i salvataggi del Banco di Napoli, del Banco Ambrosiano e della Sicilcassa. Il Decreto è rimasto operativo fino agli anni 2000, quando non si poté più utilizzare la liquidità della banca centrale per fare fronte ai salvataggi bancari.

28 Con la “Nuova legge bancaria” del 1993 che confermava il regime speciale dell’insolvenza bancaria ulteriormente rafforzandolo, si predisponeva un quadro di regolamentazione e supervisione improntata a regole prudenziali. Si confermava il ruolo della Banca d’Italia nella regolamentazione dell’insolvenza e delle modalità di exit dal mercato degli intermediari “marginali”. Così G. BOCCUZZI, Le crisi bancarie, cit., p. 29.

29 Per la disciplina che introdusse il sistema di garanzia dei depositi, in attuazione della direttiva 94/19 CEE, si veda M. PORZIO, I CONTRATTI BANCARI, cit., pp. 32 e ss.; E. MONTANARO, L’assicurazione dei depositi in Italia nella prospettiva del recepimento della direttiva comunitaria, in Banca, impresa e società, 1995, pp. 375 e ss.

Per un quadro storico ricostruttivo del DGS e per le modifiche previste dopo la BRRRD, si veda A. SACCHI GINEVRI, I sistemi di garanzia dei depositi bancari, in (a cura di) A. URBANI, L’Attività delle banche, Wolter Kluwer, CEDAM, 2020, pp. 661 e ss. L’Autore precisa che il meccanismo di finanziamento dei DGS (Sistemi di garanzia dei depositi) – oggi disciplinato dagli artt. 96.1 e 96.2 TUB. – prevede l’erogazione di contribuzioni annuali fino al raggiungimento della soglia dello 0,8% dei depositi coperti di tutte le banche aderenti, nonché il versamento di contributi straordinari ove la dotazione finanziaria del DGS sia insufficiente a consentirgli di procedere al rimborso dei depositi. Tali contribuzioni sono proporzionate all’ammontare dei depositi protetti di ciascuna banca aderente, nonché al relativo profilo di rischio. A ciò si aggiunga la possibilità per i DGS di attivare «fonti di finanziamento alternative a breve termine» per fare fronte alle proprie obbligazioni (cfr. art. 96.2, co. 5, t.u.b.), nonché la possibilità di ricorrere ai prestiti erogati da altri sistemo di garanzia (anche istituiti presso un altro Stato membro dell’UE; cfr. art. 96-quater.1, co. 1, t.u.b.).

I DGS dispongono di dotazioni patrimoniali cospicue, le quali vengono gestite dagli organi dell’ente, che sono a loro volta composti dai rappresentanti delle banche consorziate. Di qui la previsione dell’obbligo, in capo ai DGS, di dotarsi di assetti di governo, di strutture organizzative e di sistemi di controllo adeguati (art. 96-bis.3, co. 1, t.u.b.), nonché la parziale estensione della disciplina recata dall’art. 26 t.u.b., in materia di esponenti aziendali «ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso i sistemi di garanzia» (art. 96-bis.3, co. 3, t.u.b.).

30 Va ricordato infatti che in passato, specie negli anni Settanta del secolo scorso, la politica restrittiva dell’Organo di vigilanza in merito all’apertura degli sportelli induceva le banche che volessero espandersi, anche territorialmente, ad acquisire gli sportelli delle banche in difficoltà, anche assumendosene parte delle passività e delle problematiche, costituendo esse in sostanza un “costo” dell’acquisizione, e venendo spesso meno la necessità di un intervento esterno. In seguito alla liberalizzazione dell’apertura degli sportelli l’interesse delle banche all’acquisizione degli sportelli di una banca in difficoltà è oggi venuta meno, anche a causa della perdita di valore degli sportelli ed ai diffusi fenomeni di inutile sovrapposizione sulle medesime piazze, per cui si è reso necessario incentivare il soccorso di una banca in bonis a favore di una banca in difficoltà, o quantomeno ad alleviare le problematiche che derivano alla banca cessionaria dall’operazione di acquisizione.

31 Si veda C. COSTA, Crisi bancarie, cit., p. 1392.

32 Il settore bancario ha vissuto in quegli anni un periodo di relativa tranquillità. Vi era la certezza che le autorità avrebbero comunque realizzato misure idonee a tenere indenni i creditori dalle conseguenze di un dissesto bancario, e l’attivazione di procedure di amministrazione straordinaria non determinava effetti indesiderati sulla raccolta e sulla liquidità, poiché vi era la consapevolezza che il regime di gestione straordinaria, affidata a commissari nominati dalla Banca d’Italia, con la funzione di accertare la situazione aziendale, rimuovere le irregolarità e promuovere la soluzione della crisi aziendale era posta nell’interesse dei depositanti .Una fase che M. PORZIO ha definito “La tranquilla vita di un club di provincia”, in Le imprese bancarie, cit., p. 27.

33 Per un quadro del complesso normativo relativo alla Unione Bancaria, M.P. CHITI - V. SANTORO (a cura di) L’unione bancaria europea, Pacini Giuridica, Pisa, 2016; G: BOCCUZZI, Le crisi bancarie, cit., pp. 29 e ss. Per il processo formativo sia consentito il rinvio a m. rispoli farina, Verso la vigilanza unica europea. Stato dell’arte., in www.innovazionediritto.it, 2012, n. 6, pp. e 1 ss., Pdf.

34 Per un quadro della problematica sugli Aiuti di Stato nel settore bancario, L. SCIPIONE, Aiuti di stato e crisi bancarie, Giappichelli, Torino, 2021. O. CAPOLINO, Risanamento e risoluzione delle banche: riparto delle funzioni, compiti e responsabilità, in (a cura di) M. MANCINI, A. PACIELLO, V. SANTORO, PAOLO VALENSISE, REGOLE E MERCATO, Tomo I, Giappichelli, Torino, 2016, pp. 664 e ss.

35 Per le posizioni ante BRRD, Si veda S. MACCARONE, I Fondi di Garanzia dei depositanti come strumento di Vigilanza, in Diritto della Banca e del mercato finanziario, 2014, pp. 429 e ss.

36 Definendo le linee guida per la revisione del Crisis Management and Deposit Insurance Framework (CMDI).

Si veda www.consilium.europa.eu/it/meetings/eurogroup/2022/06/16/.

37 Si veda I. VISCO, Intervento al Convegno “Le crisi bancarie: risoluzione, liquidazione e prospettive di riforma alla luce dell’esperienza spagnola e italiana” organizzato dalla Consulenza legale della Banca d’Italia, Roma 21 ottobre 2022, in www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2022/Visco_21102022.

38 Intervento, al Convegno “Le crisi bancarie”, cit.

39 Si veda, STUDIO LXXXIV - INSOLVENZA BANCARIA. Consultabile sul sito UNiDROIT.

40 Cosi I. VISCO, Intervento, cit.

41 La Federal Deposit Insurance Corporation (FDIS) è una Agenzia indipendente creata nel 1933 (v. ante par. 2) dal Congresso degli Stati Uniti d’America per preservare la stabilità e la fiducia del pubblico nel sistema finanziario statunitense, assicurando ogni depositante per una somma corrispondente a 250.000 Dollari. Per l’attività dell’ente, si veda FDC.GOV, Home page.

42 “Punti chiave per la revisione del CMDI: 1) definizione più chiara e armonizzata della valutazione dell’interesse pubblico; 2) ampliamento del perimetro di intermediari da sottoporre a risoluzione, incluse banche di medio piccole dimensioni, quando risulta possibile finanziare il fabbisogno (e.g. MREL); 3) armonizzazione nell’utilizzo dei fondi degli schemi di garanzia dei depositanti, da rendere flessibili per facilitare la fuoriuscita dal mercato delle banche in crisi; 4) armonizzazione di specifici aspetti delle procedure di insolvenza nazionale, per assicurare coerenza in ambito europeo”. Si veda V. SERATA, Risoluzione e liquidazione, cit., p. 14.

43 Così I. VISCO, Intervento, cit., p. 14.

44 Si veda, ante, par 1.

45 Si veda d. manca, Le colpe sono note, in Corriere della sera, 16 marzo 2023, p. 1.

46 d. manca, Le colpe, cit., p. 28.

47 Si veda l’analisi di A. BAGLIONI, Crisi bancarie ci risiamo?, in www.Lavoce.info, 13 marzo 2023.

48 A posteriori, molte critiche sono state avanzate al salvataggio, non meritato, in considerazione delle scelte del SVB. Si veda Perrella, SVB, ecco perché non meritava il salvataggio: dov’era il risk management?, in Il Sole 24 Ore,14 marzo 2023.

Per F. Giavazzi, Una scossa, tre lezioni, in Corriere della sera, 13 marzo, 2023 “Una simile crisi difficilmente avrebbe potuto prodursi nell’Unione europea per la più attenta regolamentazione cui da alcuni anni sono soggette le nostre banche”.

49 Si veda, B. Pezzulli, La caduta, cit., p.15.

50 Il Bank Term Funding Program (BTFP) è stato creato per sostenere le imprese e le famiglie americane mettendo a disposizione ulteriori finanziamenti per le istituzioni di deposito rispondenti a requisiti di legge per contribuire a garantire che le banche abbiano la capacità di soddisfare le esigenze di tutti i loro depositanti. Il BTFP offre prestiti della durata massima di un anno a banche, associazioni di risparmio, cooperative di credito e altre istituzioni di deposito idonee che impegnano qualsiasi garanzia ammissibile per l’acquisto da parte delle banche della Federal Reserve in operazioni di mercato aperto (vedi 12 CFR 201.108 (b)), come titoli del Tesoro USA, titoli di agenzie statunitensi e titoli garantiti da ipoteca di agenzie statunitensi. Queste attività saranno valutate alla pari. Il BTFP sarà un’ulteriore fonte di liquidità a fronte di titoli di alta qualità, eliminando la necessità di un istituto di vendere rapidamente tali titoli in periodi di stress. Si veda www.federalreserve.gov.

51 Il Sole 24 Ore, 15 marzo 2023.

Per quanto concerne Signature bank, è intervenuta Flagstare bank, una filiale di New Yotk Community Bancorp, ricorrendo a una cessione di prestiti, depositi e filiali, che saranno ribattezzate “Flagstar”. In seguito, anche per First repubblic bank, anche essa entrata in crisi, un sindacato di 11 banche, guidato da Jp Morgan Chase, ha iniettato $30 miliardi di liquidità per evitare una bank run.

52 Si veda Federal Reserve issues, FOMC statement, 22 marzo 2023.

53 Per gli interventi posti in essere per il salvataggio di Crédit Suisse dalla FINMA, si veda: www.finma.ch/it/finma-public/it. Per una analisi valutativa, B. Pezzulli, La caduta, cit., pp. 20 e ss.

54 Così B. Pezzulli, La caduta, cit.

55 Per un’analisi, fortemente critica della vicenda del salvataggio, si veda “C’era una volta Crédit Suisse”, in Corriere del Ticino, 13 marzo 2013. Per i profili più strettamente giuridici della soluzione adottata per il caso Crédit Suisse si veda. P. Valbuena, H. Einen Mùller, Bailout Bues: the Write – Down of the At1 Bonds in the Crédit Suisse Bailout, Law Working paper N. 705/2023, aprile 2023, in https//ecgi.global/content /working-papers.

56 Si veda E. Martino, Su Crédit Suisse le Autorità svizzere danno un buon esempio, in www.lavoce.it, 6 aprile 2023 che, in controtendenza, valuta positivamente l’intervento delle Autorità svizzere pur se caratterizzato da alcune “forzature” sul piano normativo.

57 Cosi. B. Pezzulli, La caduta, cit., p.25.

58 Si veda J. Swanson - P. Marshall, A practitioner’ s Guide to corporate Restructuring, City & Financial Publishing, 1st edition, 2008.

59 Si esprimono in tal senso P. Valbuena e H. Einen Mùller, cit.

60 Si veda M. FARINE, La caduta. Il caso CREDIT SUISSE a cura di STEFANO RIGHI, Guerini e Associati, 2024.

61 Si veda A. MESSORE e F. BONARDI, Crisi bancarie e strumenti Additional Tier 1: il caso Crédit Suisse, in www.dirittobancario.it, 14 aprile 2023, per la ricostruzione dell’operazione Crédit Suisse. Gli Autori avanzano l’ipotesi che sulla base delle Regole di Basilea, e delle condizioni contenute nei contratti di sottoscrizione delle obbligazioni debito Tier 1 (at1), sia possibile l’annullamento degli stessi nelle modalità seguite. Le modalità di soluzione della crisi di Crédit Suisse sono oggetto di contestazioni da più parti. Oltre che dagli obbligazionisti, dai managers cui è stato soppresso il bond, nonché dai soci stessi, in particolare dagli azionisti sauditi.

62 Si veda: Crédit Suisse, per crack sotto accusa Governo, Banca centrale e Authority, in Il Sole 24 Ore,15 luglio 2024.

63 EU regulators distance themselves from Credit Suisse bond writedowns,30 marzo 2023, Vedila in www.srb.europa.ue.

64 EU regulators distance themselves from Crédit Suisse bond writedowns, 30 marzo 2023, Vedila in www.srb.europa.ue.

65 Si veda m. rispoli farina, La proposta europea di riforma dell’attuale quadro normativo in materia di gestione delle crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi. Luci ed ombre della riforma, in Innovazione e Diritto, 2023; a. messore - f. bonardi, La riforma della disciplina europea sulle crisi bancarie, in DB, 13 settembre 2023.

66 Il Financial times del 12 aprile 2023 ha titolato: “Brussels prepares to strengthen regime for struggling bannks”. V Eurogroup Statement del giugno 2022 e la proposta della Commissione 18 aprile 2023.

67 Si veda J. Stiglitz, Silicon Valley Bank’s failure, cit.

68 Si veda Manca, Le colpe sono note, cit., p. 28.

69 Un recente intervento di salvataggio ha riguardato Repubblic First Bancorp, il 27 aprile 2024.

70 Si vedano M. Mazzucchelli, Le lezioni del mese di marzo, cit. e R. Hamoui, Tre problemi per le banche regionali USA in lavoceinfo, 14 aprile 2023.

71 Per R. Hamoui, Tre lezioni, cit. le stesse banche centrali, che avrebbero dovuto vigilare sulle banche, si trovano nei loro bilanci un gran numero di titoli di stato, con cedole molto basse, acquistati durante il Quantitative easing, mentre sono oggi costrette a pagare tassi d’interesse ben più alti sulle riserve/depositi lasciati dalle banche. Così anch’esse registreranno perdite importanti nei prossimi anni e non potranno distribuire dividendi ai governi. Tuttavia, non andranno in default perché possono stampare moneta e godono di una garanzia pubblica illimitata.

72 Si veda a. graziani, Banche USA, Nuovo salvataggio di emergenza per Republic First Bancorp, Il Sole 24 Ore, 27 aprile 2024.

73 M. Mazzucchelli, Le lezioni, cit.

74 Cosi M. Mazzucchelli, Le lezioni, cit. Il “Chicago Plan” è stato proposto nel 1936 da H. Simons e da I. Fishern che, analizzando la Grande Crisi del 1929, ne individuavano la causa nella commistione tra banca di investimento e banca commerciale, che aveva reso le strutture finanziarie dei gruppi bancari fragili. Il piano prevedeva la separazione strutturale tra le attività di banca commerciale e di banca d’investimento, al fine di gestire i conflitti di interesse e prevenire le crisi. Negli Usa la proposta del “Chicago Plan” venne inizialmente recepita con il “Glass-Steagall Act”, con il quale si isolavano le due attività di banca commerciale e banca d’investimento. Negli anni ’90 del secolo scorso la separazione tra le due attività bancarie venne abolita. Successivamente, con la Riforma Dodd-Frank del 2010 si è pensato di reintrodurre parzialmente la vecchia Legge “Glass-Steagall Act”, tramite la “Regola Volcker” che proibirebbe quasi completamente alle grandi banche di deposito l’attività speculativa con mezzi propri.

75 Crisi finanziarie e vigilanza, cit., p.146.